I Sindaci ‘sotto tiro’ sono tutti Testimoni di Giustizia: in Parlamento possiamo migliorarne la protezione. Un Sindaco che non si pieghi ai condizionamenti criminali e che denunci è davvero ‘primo cittadino’ ed è spesso la prima linea con la quale lo Stato affronta il corpo a corpo quotidiano con le mafie: il Senato ha già approvato la proposta di legge frutto della Commissione d’inchiesta presieduta dalla Sen. Lo Moro, dobbiamo fare altrettanto alla Camera. Al più presto. Oggi alla manifestazione voluta da Avviso Pubblico c’erano anche amministratori pubblici che hanno subito gravi attentati a causa dei quali non soltanto vivono scortati, ma devono fare i conti con danni seri alla loro salute: dobbiamo fare in modo che la burocrazia non diventi una causa ulteriore di mortificazione e incertezza.

(ANSA) – ROMA, 3 GIU – “La mia solidarieta’ a Luigi Gallo, l’imprenditore coraggio che fece arrestare Cosentino. Ora pero’ il presidente di Anas, dottor Armani, intervenga sulla vicenda Gallo prima che sia troppo tardi. Dopo aver appreso della situazione di Luigi Gallo mi sono attivato per verificarla e per capire cosa si possa fare”. Lo afferma in una nota il componente della Commissione Antimafia Davide MATTIELLO (Pd). “E’ vero che Gallo e’ stato riconosciuto meritevole di risarcimento come vittima di racket, tanto sul piano del danno emergente quanto del mancato guadagno, e ha ricevuto il dovuto nei primi mesi del 2015”, prosegue MATTIELLO. “Ma e’ altrettanto vero che il Comitato che si occupa di queste procedure presso il Viminale ha iniziato la pratica per farsi ridare indietro la somma perche’ ad un anno di distanza risulterebbe non spesa per cio’ per cui era stata chiesta e concessa. Allora la questione di sposta su Anas che non avrebbe messo Gallo nelle condizioni di aprire l’esercizio e quindi di spendere quei soldi. Abbiamo conosciuto il nuovo presidente Anas in Commissione Antimafia, Armani, qualche settimana fa: lo abbiamo ascoltato per capire cosa Anas stesse facendo per alzare le proprie difese interne contro gli abusi criminali illuminati dall’inchiesta ‘Dama nera’ e ho apprezzato la sensibilita’ che Armani ha rappresentato sulla questione e anche le risposte concrete che ci ha fornito. Questa premessa – osserva ancora il parlamentare dem – mi fa sperare che Armani comprenda quale sia il valore della vicenda Gallo e quanto sia importante, nel rispetto delle norme, fare quel che si puo’ perche’ sia una vicenda di successo e non un tragico fallimento. Succede ancora troppo spesso in questo Paese che chi scommette sulla legalita’ e addirittura arriva a denunciare, poi se ne penta amaramente. Basta – conclude MATTIELLO – bisogna cambiare verso anche in questo”

Beni confiscati: é urgente una nuova Legge

(ANSA) – ROMA, 28 MAG – E’ urgente una nuova legge sui beni sequestrati e confiscati, non bisogna perdere altro tempo: il rischio, altrimenti, è favorire le mafie. A sollecitare il Parlamento a fare presto è Ernesto Morici. Magistrato messinese, in pensione da cinque anni, Morici nel corso della sua carriera tra la Sicilia, la Calabria e la Toscana, si è a lungo occupato di criminalità organizzata, di reati contro la Pubblica amministrazione, di due maxiprocessi alla ‘ndrangheta (ai clan Piromalli e Pesce) ed è stato il primo in Italia ad applicare la legge sul sequestro dei beni ad imputati per mafia, la Rognoni-La Torre, che nel 1982 introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all’accumulazione illecita di capitali. “Ero a Palmi ed era il 1983 – ricorda Morici – mettemmo sotto sequestro terreni, appartamenti, e camion appartenenti ad una famiglia mafiosa. Eravamo pionieri della nuova normativa e subito si posero una serie di problemi concreti: per gestire questo patrimonio si dovevano nominare custodi e amministratori. Oggi la mole dei beni sequestrati e confiscati da gestire è enorme: serve assolutamente un testo unico. Paradossalmente, infatti, sequestro e confisca sono facilmente realizzabili, il problema è restituire ad un circuito virtuoso, alla collettività degli onesti, i beni confiscati. Soprattutto la parte complicata è quella che concerne le grandi imprese, per le quali a volte la gestione e’ difficile. Ci vuole una costruzione che sia a 360 gradi e che i giudici non sono in grado di fare da soli, servono manager che aiutino a capire se le imprese sono salvabili o da far fallire. Altrimenti continuiamo ad assistere ad una situazione di stallo”. Per Morici, “il testo licenziato alla Camera nel novembre del 2015 è un buon testo, contiene novità importanti”. L’ex magistrato non critica neppure la parte oggetto di forti critiche da parte dei parlamentari Cinque Stelle che prevede che i giudici dei tribunali di prevenzione possano nominare come amministratori giudiziari anche i dipendenti di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, una Spa partecipata al 100% dal ministero dell’Economia. “Le critiche dei Cinque Stelle possono avere una loro giustezza – osserva il magistrato – tuttavia bisogna trovare manager che si assumano la responsabilità di dire in breve tempo se una impresa può o no andare avanti. Gli stessi amministratori giudiziari non sempre sono manager e non lo è certamente il giudice: quanto più è complessa l’impresa tanto più è importante lo schieramento che lo stato deve mettere in campo. A Invitalia dovrebbe avere personale a conoscenza del mondo delle imprese, inoltre c’è sempre il controllo dell’autorità giudiziaria”. “La necessità di un contrasto alle mafie – conclude il magistrato – e’ attuale e non affatto superata”. Sono circa 27 mila gli immobili e le aziende sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata al 31 dicembre scorso ma ad oggi oltre l’85% delle imprese sottratte alla criminalità finisce per fallire, lasciando una scia di disoccupazione e di costi per le casse pubbliche.

Colpo di scena (o quasi): spingi e tira la relazione è stata resa pubblica (formalmente ieri alle 16:30!). Con 10 mesi di ritardo rispetto alla scadenza del 30 giugno 2015, infatti i dati si fermano al Dicembre 2014, quindi sono vecchi. L’allegato A mappa la prima accoglienza “provvisoria”, ma i dati si riferiscono alle presenze, provincia per provincia, non alle strutture destinatarie dei finanziamenti. Insomma: un punto di partenza, ma resta molto da fare per rispettare lo spirito della norma che abbiamo fortenemente voluto nell’Ottobre del 2014!

Ritiro la firma dall’AC 2212 perché l’acqua è un “salva con nome”

Viviamo in un Mondo unificato dalla globalizzazione del mercato, dalla globalizzazione del terrore, che fatica a globalizzare libertà e diritti, tanto è vero che le diseguaglianze si acuiscono. In questo modo di fare Mondo però non c’è nulla di ineluttabile, basta avere la forza sufficiente e le cose cambiano. Per ora è molto più forte chi crede che il mercato debba regolare ogni aspetto della convivenza umana: il mercato ha vinto, c’è chi opera per farlo stravincere.

La Campagna referendaria del 2011 per me come per tanti è stata l’occasione per dire che non tutto può essere mercificato, che la vita non deve essere mercato, che l’acqua, che della vita è l’essenza, deve stare fuori dal mercato. Come profezia e scelta politica capace di rivendicare il valore del limite anche nel mercato, che soltanto così può essere una opportunità di libertà.

L’acqua deve stare fuori dal mercato, almeno l’acqua, perché diventi un “salva con nome”: qualcosa che ricordi a noi stessi che il denaro non può essere l’unico modo per ordinare la convivenza tra umani. La vita viene prima del mercato e non si risolve nel mercato.

Temo che la prospettiva verso la quale rischiamo di andare, considerando insieme la proposta di legge sulla gestione dell’acqua così come uscita dal voto in Commissione e il Testo Unico sui servizi pubblici locali, decreto attuativo della Legge Madia n. 124/2015, sia una prospettiva che, assimilando il servizio di gestione dell’acqua agli altri servizi analoghi, acceleri la costituzione di grandi società multiservizi che competano nel mercato globale della gestione delle risorse primarie, imboccando un piano inclinato che non sfuggirà alla logica “comprare/farsi comprare”.

L’acqua e la sua gestione andrebbero preservate da questa prospettiva: certi simboli servono a lasciare aperta la porta del possibile, proprio quando il reale sembra imporsi con l’evidenza del necessario.

(ANSA) – ROMA, 26 FEB – “Vincenzo Agostino la sua parte l’ha fatta, ora ognuno faccia la propria. Le parole di Vincenzo Agostino ‘Io la mia parte l’ho fatta’ sono un impegno per tutti”: lo afferma in una nota Davide Mattiello(Pd), componente della Commissione parlamentare antimafia. “Ho condiviso con la famiglia Agostino un momento atteso da 27 anni: questa mattina nell’aula bunker dell’Ucciardone si e’ svolto l’incidente probatorio che ha messo a confronto Agostino con Aiello, indagato dalla Dda di Palermo, insieme a Scotto e Madonia, per il duplice omicidio di Nino Agostino e sua moglie Ida Castelluccio. Dopo l’udienza piu’ volte Vincenzo ha ripetuto questa frase, vera per lui, che per 27 anni ha custodito la memoria vivida di ‘Faccia di mostro’, vera per tutti noi: ‘se ognuno fa la propria parte, le mafie non hanno scampo’” afferma. “Impossibile allora non pensare alla situazione dei Testimoni di Giustizia di origine siciliana assunti dalla PA, che non possono rientrare in Sicilia per motivi di sicurezza e che attendono con ansia crescente che la Regione Sicilia, approvando la legge di assestamento di bilancio, risolva definitivamente la questione che li riguarda. Impossibile non pensare al Consiglio dei ministri che si riunira’ tra poco a Roma, che potrebbe avere all’ordine del giorno l’approvazione del pre-trattato di cooperazione giudiziaria tra Italia ed Emirati, dal quale dipende la possibilita’ di arrestare ed estradare latitanti come Matacena e riciclatori che invece ad oggi sanno di poter usare un Paese amico dell’Italia come porto franco. Spero che la forza d’animo di Vincenzo Agostino e di sua moglie Augusta servano da sprone a tutti noi che abbiamo responsabilita’ pubbliche” conclude Mattiello.