Il Sindaco “spegne” la cantante che ha nel cuore i latitanti

 

Il Sindaco “spegne” la cantante che ha nel cuore i latitanti, ma la brace è tanta sotto la cenere: non va sottovalutata.
Ciò che ha fatto il Sindaco di Nardodipace, Demasi, non è scontato e non è facile: con una ordinanza ha annullato l’esibizione di Teresa Merante prevista per Sabato 13 Agosto a margine di una festa religiosa. La motivazione è chiara: “consiste nell’esibizione di tale Teresa Merante, nota per avere durante vari concerti cantato brani inneggianti la sottocultura mafiosa”.

Si legge che il provvedimento era stato caldeggiato anche dal Coordinamento di Libera di Vibo Valentia. Annullare questa esibizione significa ribadire in maniera formale e pubblica da che parte si sta e per un politico significa anche ribadire chi si vuole rappresentare e chi no, da chi si vogliono prendere i voti e da chi no. E’ una scelta conflittuale, di quel tipo di conflitto di cui vive la democrazia, perché la democrazia non è promessa di tranquillità, ma promessa di gestione “ordinata” del conflitto tra diversi modi di intendere la società, con un limite, non valicabile: quei modi di intendere la società che sono criminali e che in quanto tali non possono entrare nella concorrenza normale tra ipotesi, ma devono semplicemente e sempre essere censurati ed espulsi dal dibattito. Perché non sono modi tra gli altri, sono reati. Il modo mafioso di organizzare la società non è uno tra i modi possibili che in nome della libertà di pensiero può trovare cittadinanza nella pubblica conversazione: è un crimine. Così come lo è il fascismo, con buona pace dei nostalgici. In questi anni si sono però moltiplicate le situazioni che manifestano il continuo, rinnovato e talvolta spudorato, tentativo di legittimare la cultura mafiosa (così come quella fascista): pizzerie e ristoranti, cantanti neomelodici e non, profili social, gang giovanili, serie TV…hanno invaso l’immaginario collettivo, surclassando ed attualizzando il più antico e rituale dei modi di legittimare la mafia e cioè il così detto “inchino” durante le processioni religiose.

Sono tanti i motivi del successo di questa così detta sottocultura mafiosa, non è questo lo spazio adatto per approfondirli, ma tra questi uno è senz’altro la perdita di credibilità delle Istituzioni e della politica, che concorre con i ritardi, la corruzione, la inadeguatezza, l’assenza di risposte, l’esibita lotta di potere fine a se stessa, fino alla vera e propria collusione, ad alimentare la ricerca di altri “ordini” sociali, che riescono a farsi percepire come più affidabili ed efficaci, fondati sull’onore, sulla lealtà, sulla identità, sulla forza dell’appartenenza: roba da clan, roba da razza superiore. Mai come in questa campagna elettorale per le politiche del 25 Settembre, le parole saranno pietre: recuperare alla democrazia costituzionale almeno una parte dei fan fascio-mafiosi, sarà una bella impresa ed avrà a che fare con la credibilità delle persone che saranno in campo, più che con gli slogan da manifesto. Perché a parole sono più o meno tutti bravi e a dire che la “mafia fa schifo” non ci vuole molto: abbiamo avuto in questi anni fulgidi esempi in tal senso! La credibilità delle persone ha a che fare invece con le condotte tenute in una vita intera: non si trucca, non si improvvisa.

La Calabria è uno scrigno di queste storie credibili, ne o conosciute tante in questi anni di militanza sociale e politica, sono uomini e donne che non hanno mai ceduto allo sconforto anche quando ne avrebbero avuto più di un motivo, non hanno mai girato le spalle alla Repubblica, anche quando la legalità dello Stato sembrava più un groviglio soffocante che uno strumento di libertà. Per rispetto non ne cito nessuno di quelli viventi: ne tralascerei troppi. Ma almeno un “indirizzo” alla riflessione di chi sarà arrivato fino qui a leggere lo voglio dare: cercate la storia di Giuseppe Valarioti e troverete due tesori. La vita di un politico appassionato e con la schiena diritta, assassinato nel 1980 a Nicotera e un collettivo di giovani calabresi che nel suo nome si è organizzato per fare migliore la Calabria.

Mafia: Giornata Memoria per non dimenticare

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L’istituzione della Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno e’ un promemoria ortopedico, non un atto di pacificazione. Non puo’ esserci pace senza verita’ e quando parliamo delle vittime delle mafie, parliamo di oltre il 70% di delitti senza colpevoli. Questa legge e’ un atto dovuto alla memoria di chi ha perso la vita a causa della violenza delle mafie, tanto che si tratti di magistrati in prima linea, quanto si tratti di bambini impegnati semplicemente a vivere e crescere. Scegliere attraverso una legge cosa valga la pena ricordare e’ un atto di alta politica che contribuisce ad edificare la coscienza di un popolo, l’identita’ di un Paese: il Parlamento oggi prende un impegno con se’ stesso. Questa memoria che e’ diventata legge sara’ di sprone ad andare fino in fondo nella ricerca di quella verita’, costi quel che costi 

Mafia: da gennaio Antimafia a lavoro su vittime

(ANSA) – ROMA, 27 DEC – “Le parole della Presidente Maggiani Chelli meritano un approfondimento: a Gennaio proporrò di riaprire il V Comitato della Commissione Antimafia”. Lo dice il deputato Pd Davide Mattiello, che in commissione antimafia guida il V comitato sulle vittime di mafia, a proposito delle parole della presidente dell’ associazione delle vittime della strage di vira dei Gerorgofili che ieri ha detto che lo stato è “complessato verso la famiglia Riina” mentre i parenti delle vittime restano senza vitalizi. “Il nostro Paese – spiega Mattiello- si è dotato negli anni di diverse normative a sostegno delle vittime della violenza mafiosa, che dovrebbero offrire un’ampia tutela: dalla possibilità che sia lo Stato a risarcire il danno stabilito in sede civile in vece del mafioso condannato, alla possibilità di ricevere speciali elargizioni, vitalizi o l’assunzione nella PA qualora si abbia subito una invalidità permanente. Benefici che riguardano a certe condizioni la vittima sopravvissuta o i suoi più stretti famigliari. Le condizioni di accesso devono essere chiare e rigorosamente accertate per evitare abusi e danni erariali, ma questo non deve diventare un ostacolo a riconoscere situazioni sostanzialmente meritevoli e non può tradursi in attese che durano anni. Il V Comitato che coordino, si è fin qui occupato soprattutto di testimoni di giustizia, arrivando a proporre una riforma organica del sistema tutorio, sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari, attualmente all’attenzione della Commissione Giustizia della Camera; ora potremmo dedicare tempo ed energie alla questione delle vittime di mafia. Ha ragione la presidente Maggiani: la legge è uguale per tutti e se è doverosa l’attenzione per chi sconta una condanna, non certo minore – conclude – deve essere quella rivolta a chi il crimine l’ha subito”

21 marzo

Il 21 marzo sia ufficialmente la giornata dedicata alla memoria delle vittime innocenti di mafia: raccogliere l’appello di don Ciotti e’ possibile. Un anno fa, a sottolineare la universalita’ del significato civico della memoria delle vittime, e’ stata ripresentata con le firme di tutto il gruppo PD alla Camera la proposta di legge relativa alla istituzionalizzazione della giornata della Memoria e dell’Impegno, arrivata ormai alla XIX edizione". Lo afferma in una nota Davide Mattiello, deputato del Pd in Commissione Antimafia. “Ogni anno centinaia di familiari delle vittime innocenti si danno appuntamento per la giornata e decine di migliaia i cittadini si stringono attorno a loro in un grande abbraccio. Anche la Presidente Boldrini, nel suo discorso di insediamento alla Camera, rivolse esplicitamente alla manifestazione in corso a Firenze un saluto accorato – aggiunge -. Quest’anno la localita’ scelta per la Giornata della Memoria e’ Latina, sarebbe bello arrivasse in tempo la notizia della calendarizzazione in Aula. La proposta di legge e’ stata assegnata alla I Commissione”

Solidarieta’ a Giacalone per querela

Mi unisco ai familiari delle vittime di mafia che hanno firmato una lettera aperta di sostegno al giornalista Rino Giacalone, recentemente querelato dalla signora Rosa Pace vedova del boss Mariano Agate. Giacalone e le famiglie vittime della violenza mafiosa hanno il coraggio della denuncia e questo e’ un bene prezioso per la collettivita’. Prima di rivendicare l’onorabilita’ di boss defunti, bisognerebbe almeno spendere una parola di comprensione e di condanna per le conseguenze della efferata brutalita’ dei comportamenti mafia. La giustizia ha bisogno di discernimento.