I fratelli Luciani e i nostri ‘eretici civili’

C’è chi vuole che questo resti il Paese del ‘fatti i cazzi tuoi che campi 100 anni’. Non mi tolgo dalla testa l’assassinio dei fratelli Luciani, perché pare legarsi con un filo maledetto alla storia di Giuseppe Letizia, ucciso a 12 anni nel 1948 dai mafiosi che avevano ammazzato Placido Rizzotto, a quella di Graziella Campagna, uccisa a Villa Franca a 17 anni nel 1985 perché poteva aver riconosciuto un latitante, a quella di Umberto Mormile, educatore nel carcere di Opera, ammazzato nel 1990 perché aveva capito dei contatti in carcere tra ‘ndranghetisti e uomini dei servizi, tanto da meritare la prima rivendicazione della Falange Armata. C’è chi ci ricorda che mafie e mafiosità sono il nostro terrorismo continuo, il nostro fallimento più grande, la guerra irrisolta tra branchi e cittadini, tra assoggettamento e sovranità. C’è anche ‘chi no’ come sempre e guai a dimenticarlo perché si farebbe un torto a chi prova a cambiare le cose e si aggiungerebbe disperazione al dolore dei famigliari delle vittime. Sono i Testimoni di Giustizia che fanno nomi e cognomi, non per convenienza, ma per convinzione. Sono pochi, certo e spesso vivono male. Ma sono i nostri ‘eretici civili’ e sono il posto da cui ripartire. Ancora

Servizio centrale di protezione: servono più risorse

Piena fiducia nei confronti del Servizio Centrale di Protezione, ma servono più risorse. Abbiamo da poco concluso l’audizione del direttore del Servizio Centrale di Protezione, dott. Caridi, che ho chiesto e condotto come presidente del V Comitato della Commissione Antimafia, presenti oltre a me il Vice presidente sen. Gaetti e l’on. D’Uva. L’audizione si è resa necessaria dopo gli arresti domiciliari disposti dal GIP di Roma il 7 luglio nei confronti di tre pubblici ufficiali, Socciarelli, Fonzi e Provaroni, indagati con l’accusa di aver sottratto alle casse del Servizio 572.450 € nell’arco di anni compreso tra il 2009 e il 3 dicembre del 2015. Fatti gravissimi perché rischiano di incrinare la credibilità dello Stato proprio in uno dei suoi avamposti più sensibili: la mano tesa verso quei cittadini che decidono di affidare la propria vita e spesso la vita dei propri cari alle Istituzioni, per fare giustizia. Siano essi Testimoni di Giustizia, siano essi Collaboratori. Dall’audizione è emerso che in nessun modo la sottrazione del denaro si è tradotta in una compressione delle legittime aspettative da parte della popolazione protetta. Inoltre è risultato evidente il ruolo dei funzionari onesti del Servizio Centrale di Protezione nello smascherare attraverso una efficace azione di monitoraggio, il comportamento illecito dei colleghi, che hanno per altro già ammesso almeno in parte gli addebiti. Prova ne è che la Procura di Roma nel delegare le attività di Polizia Giudiziaria, le abbia affidate al medesimo Servizio Centrale oltre che alla Squadra Mobile di Roma. Il direttore Caridi ci ha illustrato le novità decise nella gestione contabile del Servizio che dovrebbero in futuro rendere impossibili anche le condotte illecite attuate dagli indagati e ha apprezzato le proposte che ho avanzato in materia di maggiore trasparenza nel rapporto tra Servizio e protetti, in particolare il ripristino tempestivo dello “statino” del protetto e l’adozione, per quanto possibile, della rotazione negli incarichi all’interno del Servizio. Resta un dato strutturale di cui la politica deve farsi carico: la popolazione protetta supera le 6000 unità, di cui 2.000 sono minori, a fronte di questi numeri gli addetti al Servizio Centrale sono complessivamente circa 700 unità, con un budget annuale che oscilla tra gli 80 e i 100 milioni di euro, troppo poco insomma, pur nella consapevolezza che il sistema di protezione italiano è considerato a livello mondiale una eccellenza. Ma noi italiani sappiamo che siamo diventati una eccellenza a causa di quell’altra straordinarietà negativa rappresentata dalla pervasività delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, la cui forza dipende ancora dalla capacità di intimidire per farsi ubbidire. Quando lo Stato è credibile, la paura passa e le collaborazioni di qualità aumentano. Sono soldi ben spesi quindi.

Testimoni di giustizia: in arrivo carta dei diritti e doveri

(ANSA) – ROMA, 6 GIU – E’ in arrivo una nuova carta dei diritti e dei doveri dei testimoni e dei collaboratori di giustizia in vista della approvazione della riforma del sistema di protezione dei primi, già approvata dalla Camera e all’esame del Senato. Questo il risultato più evidente della presentazione, oggi al Viminale, della Relazione al Parlamento sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia e dei collaboratori.
Dal report emerge che la popolazione protetta, al 30 giugno 2016, ammonta a 6.525 persone di cui 78 testimoni, 255 loro congiunti, 1.277 collaboratori e 4.915 congiunti dei collaboratori. La fascia dai 0 ai 18 anni è di 2.123 persone mentre sono 89 le persone di sesso femminile che collaborano con la giustizia: 26 testimoni e 63 collaboratrici. La relazione evidenzia come, nonostante lo Stato impegni grandi risorse finanziarie, umane e strumentali per sostenere testimoni e collaboratori, la qualità percepita dei servizi è spesso bassa e ci si confronta frequentemente con situazioni di disagio. La legge del 2013 che prevede l’assunzione nella Pubblica amministrazione per i testimoni di giustizia ha cominciato a produrre i primi risultati nel primo semestre del 2016 con l’assunzione di tre testimoni presso amministrazioni comunali.
La Regione siciliana, che si è dotata di una propria legge, ha assunto complessivamente 26 testimoni di giustizia.
“L’esperienza dei collaboratori e dei testimoni di giustizia è stata di successo al netto dei travagli che sono un elemento fisiologico – ha detto il ministro dell’Interno Marco Minniti – mi auguro che il Parlamento accolga tutto questo lavoro e che la carta dei diritti e dei doveri sia una sorta di bypass in attesa della nuova legge che porterebbe a compimento la terza tappa di un percorso iniziato nel 1991”. “Ci auguriamo che il Senato possa approvare il disegno di legge sui testimoni di giustizia in questa legislatura o quantomeno all’inizio della prossima”, gli ha fatto eco il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. E per Davide Mattiello, coordinatore in Antimafia del V comitato che si occupa proprio di collaboratori e testimoni, “sarebbe un peccato non approvare in questa legislatura la riforma”.

Mauro Esposito: si faccia Giustizia

Procura di Torino e Agenzia delle Entrate fanno giustizia sul caso Mauro Esposito: ora manca soltanto il pieno riconoscimento delle società di ingegneria per uscire dall’incubo. La Procura di Torino e in particolare i PM Sparagna Riccaboni Smeriglio firmano un provvedimento intelligente e coraggioso che interpreta la 44 del 99 in coerenza con i lavori preparatori: la vittima di estorsione che denuncia va tutelata per davvero e non soltanto formalmente. Questo provvedimento per altro non fa che ribadire il riconoscimento della Me Studio come soggetto degno di tutela giurisdizionale. Auspico che questo orientamento possa essere apprezzato anche in sede civile, uscendo così dalla grottesca incertezza nella quale ancora operano le società di ingegneria a causa di una dubbia interpretazione, che sarà comunque definitivamente spazzata via dalla ormai imminente approvazione del dl CONCORRENZA ora al Senato’

Testimoni di giustizia: un appello per Francesco di Palo

Un appello a Francesco Di Palo perché si metta al più presto in contatto con le forze dell’ordine: siamo molto preoccupati. Da quando la famiglia ha denunciato la scomparsa di Francesco, sabato scorso, siamo tutti mobilitati per ritrovarlo: io stesso sono quotidianamente in contatto sia col Ministero dell’Interno sia con il Comando provinciale dei Carabinieri, che assicurano il massimo sforzo. Francesco Di Palo è un testimone di giustizia che ha dato un contributo importante contro i clan della zona di Altamura, ha trascorso alcuni anni nello speciale programma di protezione, ma ne è uscito da tempo. Ciò nonostante non ha mai interrotto il rapporto con gli organismi dedicati alla protezione dei Testimoni, che, per quanto permesso dalla legge, hanno cercato di sostenere lui e la famiglia. A Francesco voglio dire che la situazione certamente difficile in cui si trova, così rischia soltanto di aggravarsi. Certo, se le nuove norme per la protezione dei Testimoni fossero già legge, avremmo più strumenti per alleviare le sofferenze che i Testimoni spesso vivono anche dopo la fuoriuscita dai programmi speciali. Purtroppo la riforma, votata all’unanimità dalla Camera, è ferma in Senato: in coda dietro alle altre norme non ancora approvate, a cominciare dal nuovo Codice Antimafia’

La Camera vota all’unanimità la riforma per i Testimoni di Giustizia: un atto dovuto a cittadini che sono “oro” per la Repubblica. Finalmente una legge dedicata esclusivamente ai Testimoni di Giustizia, per evitare ogni confusione con i collaboratori, una legge che prevede la eccezionalità del trasferimento in località segreta, perché le persone oneste devono restare a casa loro. Sono i mafiosi che se ne devono andare. Le misure a sostegno del Testimone saranno “cucite addosso” alla persona, si introduce la figura del “referente”, si introduce l’indennizzo forfettario, si amplia la possibilità di assunzione nella PA, si estendono le misure a sostegno della aziende sequestrate previste dalla riforma del Codice Antimafia anche alle aziende dei Testimoni. Si prevede la possibilità di assegnare loro beni confiscati alla mafia. Si assicura il ricorso all’incidente probatorio e alla video conferenza per ridurre al minimo l’esposizione in processo del Testimone, si garantisce la continuità dell’operatività della Commissione Centrale, grazie all’introduzione della figura del vice presidente. Un bel lavoro cominciato 3 anni fa in Commissione Antimafia e che rappresenta un doveroso riconoscimento per i sacrifici sopportati dai cittadini per bene che scelgono lo Stato e la denuncia. Ora il Senato non la metta in un cassetto"

Le cose che non so di questo 2016

Non
so perché il Governo italiano non abbia posto fine alle latitanze spudorate di
Matacena, Speziali, Nucera, Imperiale, Landi… Latitanze alla luce del sole, che
offendono il lavoro serio di investigatori e magistrati, che feriscono le
persone per bene, soprattutto quelle che si trovano a dover decidere se
affidarsi alle Istituzioni, magari denunciando ciò che hanno visto o peggio,
subito.

Non
so perché sia morto Omar Pace, ma so che ha vissuto servendo lo Stato e che il
suo lavoro prezioso non era finito.

Non
so perché la Procura di Palermo da un lato prepari il ricorso contro
l’assoluzione di Mannino, giudicando illogiche le motivazioni con le quali il
GUP ha ritenuto le dichiarzioni dei collaboratori non provanti gli addebiti e
dall’altro chieda l’archiviazione per il delitto Agostino-Castelluccio benchè a
sostegno dell’accusa ci siano molteplici e convergenti dichiarazioni di
collaboratori, ritenuti credibili almeno quanto quelli che hanno parlato di
Mannino.

Non
so perché nell’estate del 2013 qualcuno abbia fatto uscire dalle stanze della
DNA i verbali di due riunioni segrete, utili a ricapitolare anni di lavoro
sulle stragi di mafia coordinati dal dott. Donadio, su delega del PNA dott. Grasso.
Ma so che sotto procedimento disciplinare ci sta proprio il dott. Donadio e non
chi ha divulgato quelle informazioni.

Non
so perché il Tribunale di Milano all’apertura del processo BIS per l’assassinio
del giudice  Bruno Caccia, non abbia
ammesso come “testi” i colleghi e i collaboratori di allora: come se per il
delitto Chinnici, non fossero stati ascoltati Falcone, Pellegrini, Cassarà. Ma
tanto ora c’è il processo TER da ri-cominciare.

Non
so perché a Totò Cuffaro, condannato per aver passato informazioni segrete a
Cosa Nostra, nessu Tribunale tocchi l’ingente patrimonio (eppure la confisca in
questi casi dovrebbe essere obbligatoria). E non so perché sia stato criticato
più il presidente dell’ARS Ardizzone per aver negato a Cuffaro la sala
“Mattarella”, che Cuffaro per essersi auto assolto con la nefasta battuta di
aver “sbattuto” contro la mafia.

Non
so perché per arrivare negli uffici della DDA di Reggio Calabria si debba
passare per i cessi del VI piano del Ce.Dir. e il nuovo Palazzo di Giustizia
nella migliore delle ipotesi sarà inaugurato nel 2018.

Non
so perché nonostante pure in Canada faccia notizia la ferocia della ‘ndrangheta,
nessuna grande testata giornalistica apra redazioni adeguate a Reggio Calabria,
contribuendo di fatto alla vulnerabilità di certi giornalisti.

Non
so perché Governo e Regione siciliana abbiano promosso la nascita di un
monopolio nella navigazione, attraverso la Società di Navigazione Siciliana,
che sta nelle mani di poche famiglie tra le quali Matacena, Genovese, Franza.
Ma so che appartiene alla SNS la Sansovino dove il 29 novembre sono morti
asfissiati dai gas Christian
Micalizzi, Gaetano D’Ambra e Santo Parisi.

Non so se Pino Maniaci sia un
delinquente, che passerà alla storia del crimine per aver inventato le
estorisioni con IVA, o un minchione che con la sua Telejato ha avuto il
coraggio di puntare il dito contro colletti bianchi che si comportano da
mafiosi o che con i mafiosi ci hanno fatto affari. Ma so che di sequestri e
metano torneremo a parlare.

Non
so perché Matteo Messina Denaro sia ancora libero, nonostante tutta la terra
bruciata dalla quale è circondato, grazie al lavoro incessante coordinato dalla
dott.ssa Principato. Ma so che nomine, trasferimenti e assegnazioni sapienti
hanno disperso un patrimonio di memoria scomoda costruito da investigatori
mordaci e marginalizzato l’apporto di magistrati competenti.

Non
so perché Angiolo Pellegrini, generale dell’Arma e capitano a Palermo negli
anni in cui con Falcone prendeva forma il maxi-processo a Cosa Nostra, non sia
mai stato sentito in Commissione Antimafia, nemmeno per capire, secondo il
generale, chi e perché “si è tirato indietro sul più bello”.

Non
so perché a Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi, testimone di giustizia, in
Calabria non lo facciano lavorare, nemmeno quando dice di volerlo fare gratis.
Ma so che in giro per il Mondo è famoso ed apprezzato per il suo “cemento
trasparente”.

Non
so perché Bendetto Zoccola, vice Sindaco di Mondragone, che vive blindato
dall’esercito con la sua famiglia per le denunce che ha firmato, non sia ancora
stato risarcito per il danno che ha subito a causa delle botte e delle bombe.

Non
so perché a Luigi Gallo, imprenditore casertano che ha denunciato il sistema
riferito ai Cosentino, rischi oggi di fallire nonostante il riconoscimento
ottenuto dal Commissario del Governo per le vittime di racket, schiacciato
dalle pretese di ANAS.

Non
so quanto sia forte l’abbraccio osceno tra ‘ndrangheta e massoneria a Vibo
Valentia, ma so che c’è chi ancora sta pagando per aver fatto nomi che non si
dovevano fare. Ed è una buona notizia che il processo Black Money non sia stato
spostato a Salerno come chiesto dalle difese di Mancuso.

Non
so se Mimmo Lucano sarà ancora il Sindaco di Riace, ma so che l’Italia per bene
gli sarà accanto in questi giorni difficili, perché non sia col fango che venga
scritta l’ultima pagina di una storia che ha fatto germogliare dignità e
speranza dove per molti ci sono soltanto speculazione e abbandono.

So che avremo un anno nuovo di zecca per continuare a
cercare tutte le risposte.

Buon 2017!

Davide Mattiello

Berlino: deradicalizzazione e protezione testimoni

(ANSA) – ROMA, 24 DEC – Prevenzione della radicalizzazione e protezione dei testimoni sono proposte di legge utili. A sottolinearlo è il deputato del pd Davide Mattiello, componente della commissione antimafia e della commissione giustizia. “Di fronte a fatti tragici come la strage di Berlino – dice Mattiello – non bastano la repressione di polizia e la prevenzione di intelligence, serve andare più in profondità, da un lato per contenere al massimo i processi di radicalizzazione, dall’altro per offrire adeguata protezione a quanti decideranno di denunciare fatti e persone coinvolte nella rete terroristica”. “In Parlamento – ricorda – sono in gestazione due buone proposte di legge, la Dambruoso-Manciulli che riguarda proprio il lavoro da farsi per limitare la radicalizzazione, attualmente all’ esame della Commissione Affari Costituzionali della Camera e la Bindi che riguarda la protezione dei Testimoni di Giustizia, all’esame della Commissione Giustizia della Camera. Ho l’ impressione che questi due strumenti, de-radicalizzazione e protezione dei testimoni, saranno sempre più due facce della stessa battaglia. Una battaglia che ha elementi di affinità con quella che da decenni il nostro Paese porta avanti contro le organizzazioni mafiose, il più importante dei quali è la carica culturale sottesa ad entrambe le manifestazioni criminali: terrorismo e mafia presuppongono la forza del vincolo associativo, il senso di appartenenza inviolabile ad un sistema superiore all’ individuo. Entrambe queste proposte di Legge hanno come principali interlocutori il Ministro dell’ Interno e il Ministro della Giustizia, che auspico da gennaio vorranno sostenerle fino alla approvazione”, conclude il deputato.

Testimoni di Giustizia: da 20 anni si aspetta lo Statuto

Da 20 anni si aspetta lo Statuto del Testimone di Giustizia, la riforma è a portata di mano, servono azioni come quella del Presidio di Libera di Bologna perché aiutano la politica a concentrarsi su questo obiettivo. Le oltre 3200 firme raccolte da questo singolo Presidio in mesi di mobilitazione nel bolognese, riflettono una attesa condivisa e trasversale tra forze sociali e politiche: infatti la PDL 3500 è stata sottoscritta da tutti i partiti presenti in Antimafia e concertata col Governo. La Commissione Giustizia della Camera potrebbe terminare la fase emendativa la prossima settimana e il provvedimento potrebbe essere in Aula già il 19 Dicembre a coronamento di due anni e mezzo di lavoro. Lo Statuto del Testimone di Giustizia garantirà a quei cittadini per bene, che in ragione della denuncia che fanno si espongono ad un rischio tale da rendere inadeguate le misure ordinarie di tutela, forme di sostegno sociale ed economico più adeguate, in modo tale che mai più ci si debba pentire di aver denunciato e mai più il testimone possa venire confuso con i collaboratori. Le firme sono state consegnate a Davide Mattiello (relatore della legge insieme a Stefano Dambruoso), Sandra Zampa, Sergio Lo Giudice, Andrea De Maria.