Legge di stabilità – ReteDem: “Sul contante Renzi ci ripensi”

“L’intenzione manifestata da Matteo Renzi di proporre l’elevazione della soglia di uso del contante consentito da 1000 a 3000 euro è del tutto improvvida e costituisce un insperato regalo agli evasori fiscali, che si avvalgono dei passaggi di danaro non tracciato e potrebbero trarre enormi vantaggi dall’innalzamento della soglia”.

Lo affermano in una nota i senatori Ricchiuti e Lo Giudice e i deputati Mattiello, Tentori, Gandolfi, Guerini, Zampa, Rocchi e Viotti di ReteDem.

“Quella soglia era stata faticosamente inserita sotto il Governo Monti ed è un cospicuo fastidio per gli evasori fiscali e impone salutari obblighi di trasparenza sugli scambi di danaro. Rimuoverla rischia di vanificare gli sforzi fatti in questi anni, a partire dall’intensificazione dei controlli e alla legge sul rientro dei capitali e sull’autoriciclaggio”.

“E un regalo agli evasori è per definizione anche un dono ai riciclatori e alle mafie.

Peraltro, mentre i lavoratori dipendenti e i precari con partita IVA pagano tutte le tasse dovute, a coloro che dispongono di grosse somme si riapre questa facile strada per l’evasione. Così si pone anche un drammatico problema di equità fiscale”.

“Il riferimento alla Francia – fatto dal Presidente del Consiglio – è sbagliato giacchè la Francia ha introdotto anch’essa la soglia dei 1000 euro. Chiediamo quindi al Presidente del Consiglio di ripensarci e di schierarsi con chi le tasse le ha sempre pagate e non ha niente da nascondere: non crediamo che gli italiani sentano l’esigenza di poter circolare con 3000 euro in contanti nelle tasche”.

Roma 14 ottobre 2015

Italicum: le ragioni del mio voto di fiducia

L’ordine
degli addendi cambia il risultato, pertanto cercherò di procedere dagli
argomenti generali a quelli particolari.

1.
La sfida storica della nostra generazione è la costituzione degli Stati Uniti
d’Europa: la possibilità (!) di apparecchiare un futuro di libertà, di pace e
di giustizia sociale passa anche dalla trasformazione dell’Unione Europea in un
vero soggetto politico continentale, capace di contribuire al governo del
Mondo. Questo risultato presuppone almeno due sforzi: lo spostamento dell’oggetto
del desiderio politico dalla dimensione nazionale, alla dimensione europea, la
semplificazione dei processi decisionali a livello nazionale. Diversamente il
nostro sguardo resterà strabico e la vista miope. Basta fare un test: quanti
sanno dire cosa sta succedendo nel Parlamento italiano e quanti sanno dire cosa
sta facendo quello europeo? E’ con questo approccio che valuto le proposte di
riforma delle regole del voto e dell’organizzazione dello Stato: in linea di
massima, la direzione imboccata è questa e per questo penso che vada sostenuta.

2.
Viviamo un tempo di compressione della partecipazione democratica e della
sovranità popolare? Sì, anche. Ma non credo che questo dipenda da riforme
legislative liberticide. Credo che dipenda soprattutto dall’ordine mondiale
uscito vittorioso nell’89 e consolidatosi a partire dal 1995. Concetti come
“sovranità” e “partecipazione” sono già profondamente mutati nei fatti (non
soltanto in senso negativo!), da vent’anni di web, di multinazionali
finanziarie e dall’irrompere sulla scena di nuovi player globali (la Cina,
l’India…). La nostra libertà individuale è molto più ipotecata dai big data,
cui consegniamo volontariamente, gratuitamente e inconsapevolmente le nostre
esistenze, che dalla riforma delle istituzioni nazionali. Che fare? Non
possiamo tornare al 1970, dobbiamo immaginare il 2070: quindi vedi punto 1

3.
Il mio arrivo in Parlamento è stato traumatico: la “non vittoria” ha
aperto alla “necessità ineluttabile” delle larghe intese con
Berlusconi, la coalizione PD-SEL è durata lo spazio di una drammatica assemblea
al Capranica, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità della
legge elettorale. In quei mesi dolorosi (per me e per altri. Io allora non
votai la fiducia al Governo Letta-Alfano) una delle proposte più ragionevoli
diceva: cambiamo la legge elettorale al più presto e torniamo a votare, non
possiamo stare qui da “abusivi” a governare con Berlusconi! Ecco,
appunto: l’approvazione della legge elettorale avvera una parte di quella volontà
e prevede la sua entrata in vigore nel Luglio del 2016. Credo che questo lasso
di tempo sarà utile a fare quel che c’è di più urgente, per poi valutare se
rimettere il mandato nelle mani del popolo.

4.
Berlusconi: fino al 1° Agosto del 2013 era pienamente in sella, il PDL era ben
piazzato e il PD ci governava insieme, poi una sentenza della Cassazione l’ha
trasformato in un pregiudicato e la storia ha preso un’altra piega. Ma c’è
voluto un giudice. Ora Forza Italia rovescia il tavolo del Nazareno perché
colpita da una scelta politica (non da una sentenza), scelta di rottura
rispetto a quanto avvenne nel 2013: l’elezione del Presidente della Repubblica
nella persona di Sergio Mattarella, non ha pagato pegno all’ex Cavaliere. Per
me una bella storia, da valorizzare e tutelare dalle incursioni di Brunetta e
compagni (che probabilmente hanno masticato amaro anche per altro). Mettere la
fiducia da un lato e chiedere il voto segreto dall’altro, mi sembrano due
sequenze dello stesso film. Genere “tattica”, non “apocalittica”.

5.
Nel merito dell’Italicum: da un lato ci sono cose che convincono e diversi
punti critici che sono stati effettivamente corretti in Senato (lo sbarramento
è sceso al 3%, la soglia per il premio di maggioranza è salita al 40%, ci sono
preferenze e alternanza di genere, c’è il voto per chi è temporaneamente fuori
dall’Italia, c’è il doppio turno e ci sono collegi più piccoli), dall’altro
restano delle perplessità (i capi lista bloccati e il premio dato alla lista,
piuttosto che alla coalizione, con divieto di apparentamento tra il primo e il
secondo turno), che però potranno essere in gran parte superate dalle condotte
concrete che adotteranno i singoli partiti (sulla spinta della propria base):
ad esempio, si potranno usare le primarie anche per l’individuazione di tutti o
di parte dei capi lista; si potranno creare liste ad hoc per partecipare ad una
certa competizione elettorale che includendo più partiti, risolvano a monte la
convivenza plurale tipica di una coalizione, garantendo però un esito maggiormente
resistente (se “Italia bene comune” fosse stata una lista unitaria composta da
personale di Pd e SEL…).

6.
Grandi sfide restano sul tavolo per migliorare sostanzialmente il sistema che
porta alla selezione dei rappresentanti. Ne cito due che mi stanno
particolarmente a cuore: la regolamentazione per legge delle primarie e la
regolamentazione per legge di partiti e fondazioni. La prima questione rimanda
tra l’altro alla perseguibilità giudiziaria dello scambio elettorale
politico-mafioso (416 ter), attualmente impossibile. La seconda questione
rimanda tra l’altro alla trasparenza con la quale si attraggono finanziamenti
privati, si fanno le tessere e si distribuiscono incarichi…

Per
almeno questi 6 argomenti ho deciso di sostenere col mio voto questo passaggio,
in coerenza a quanto deciso dal gruppo parlamentare del quale faccio parte.

Per
uno come me sarebbe stato molto più facile e gratificante fare il contrario,
conformandomi al dissenso, anche perché alcune delle persone che più stimo e a
cui voglio bene hanno deciso di comportarsi altrimenti: io ne rispetto il
travaglio, spero che loro e quanti non si riconoscano nelle decisioni che ho
preso, possano fare altrettanto con me.

Davide Mattiello

Deputato

Primo Maggio 2015

#MatacenaTorna: pensa se ce lo riportasse a casa Renzi..

(ANSA) – ROMA, 8 GEN – “Auspico che nell’agenda del presidente Renzi in partenza per Abu Dhabi, ci sia anche la questione Matacena”. A sostenerlo e’ deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia, che lancia al presidente del Consiglio Matteo Renzi, in partenza per Abu Dhabi, dove ha sede l’ambasciata italiana competente per gli Emirati Arabi, questa sorta di appello. A Dubai si ritiene sia latitante dal 25 settembre del 2013 Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno. “L’ambasciatore italiano, Starace, ha seguito la vicenda fin dal suo inizio, sollecitando nel febbraio del 2014 un piu’ intenso rapporto tra autorita’ italiane e di Dubai, finalizzato alla soluzione della vicenda, sempre piu’ grave e imbarazzante”, conclude Mattiello.

Sulla corruzione un buon segnale dal Governo, ma..

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(ANSA) – ROMA, 13 DIC – “Contro la corruzione e’ arrivato dal governo un segnale atteso da venti anni ma ho alcune preoccupazioni”. Lo afferma il deputato Pd, Davide Mattiello, componente delle commissioni Giustizia e Antimafia. Il segnale piu’ positivo, secondo il deputato dem, e’ quello della confisca allargata per i patrimoni dei corrotti, sul modello di cio’ che avviene per i mafiosi: era la richiesta che anche Libera aveva fatto fin dal 1995, quando, raccogliendo un milione di firme, proposi il riutilizzo sociale per i beni confiscati ai mafiosi e ai corrotti. Questa seconda parte cadde quando venne approvata la legge 109 nel 1996. Secondo Mattiello, tuttavia, “bisogna incentivare la collaborazione del corruttore: diversamente, il sodalizio tra corrotto e corruttore resta difficilmente spezzabile e il reato difficile da provare”. Bisogna poi approvare definitivamente il reato di depistaggio e inquinamento processuale, gia’ votato alla Camera, “che della corruzione rappresenta una declinazione particolarmente odiosa”. Bisogna infine approvare la riforma del trattamento dei testimoni di giustizia, “che rappresentano quella parte, ancora esigua, di cittadini che si ribellano alla criminalita’, facendo nomi e cognomi, a rischio della vita”. “Come ha detto il presidente del Consiglio Matteo Renzi – ha concluso il deputato – la lotta alla corruzione dipende da un impegno culturale vasto e impegnativo che passa anche dalla capacita’ dello Stato di sostenere adeguatamente chi denuncia, anziche’ farsi i fatti propri. Sono tutte cose possibili, la politica non avra’ scuse”

Mafia Capitale e latitanza di Matacena: l’interrogazione.

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

Al Ministro della Giustizia e al Ministro degli Esteri

Premesso che:
 
Amedeo Matacena nel luglio del  2012 viene condannato a cinque anni di reclusione più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione mafiosa dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, sentenza confermata dalla Corte di Cassazione il 6 giugno 2013;
 
nel 2012, inoltre, Matacena è stato condannato a 4 anni di reclusione dai giudici del Tribunale di Reggio Calabria nell’ambito di un’inchiesta su un caso di corruzione: l’imprenditore avrebbe infatti promesso 200mila euro all’ex presidente della sezione di Reggio Calabria del Tar Luigi Passanisi per vincere un ricorso davanti al Tar e ottenere le autorizzazioni per gli scivoli agli imbarchi del porto di Reggio Calabria. 

Matacena, nel 2013, è tuttavia sfuggito all’arresto non facendosi trovare nella sua abitazione ed è stato quindi arrestato a Dubai il 28 agosto di quell’anno dopo circa un mese di latitanza;

 
rilasciato poco dopo, secondo quanto emerso dall’inchiesta che ha portato all’arresto di Claudio Scajola, l’ex ministro avrebbe favorito la sua “fuga" all’estero e si sarebbe ora adoperato per fargli raggiungere il Libano (come Marcello Dell’Utri), altro paese in cui la tipologia di reato per la quale è condannato non prevede l’estradizione;
 
gli Emirati arabi hanno rigettato la richiesta presentata dalla Dda di Reggio Calabria perché l’ex deputato di Forza Italia fosse estradato in Italia;
 
Matacena risulta condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e per corruzione ed è attualmente latitante a Dubai.
 
Per sapere:
 
Quale sia, attualmente, lo stato della richiesta di estradizione del latitante Amedeo Matacena, inoltrata dalle Autorità italiane a quelle di Dubai fin dal 25 Settembre 2013.

Se alle autorità italiane risulti che il Matacena di trovi ad oggi ancora a Dubai,e quali siano le misure che le autorità italiane intendano adottare al fine di assicurare il Matacena alla giustizia italiana.
 
Davide Mattiello

Emendamento edilizia scolastica: il mio appello al Ministro Boschi

(ANSA) – ROMA, 9 DIC – Il deputato Pd Davide Mattiello fa appello al ministro delle Riforme, Maria Elena Elena Boschi, perche’ il Governo sostenga l’emendamento alla legge di Stabilita’ che permetterebbe alle Province e alle Citta’ Metropolitane di intervenire con urgenza in deroga al patto di stabilita’ interno, per mettere in sicurezza le scuole di competenza. “L’emendamento proposto da me e sostenuto, tra gli altri, dagli onorevoli Coscia e Marchi – ricorda Mattiello – era stato ritirato prima di essere votato in commissione bilancio alla Camera, con l’impegno, condiviso dal Governo, di ripresentarlo al Senato. L’emendamento alla Legge di Stabilita’ e’ stato infatti ripresentato al Senato, grazie al lavoro fatto, tra gli altri, dalle senatrici Puglisi e Ferrara. Auspico che la ministra Boschi si faccia garante del buon esito del percorso”. L’emendamento, sottolinea il deputato, “prevede un meccanismo ragionevole con un tetto massimo di spesa, ed e’ necessario: parliamo di 5000 edifici che coinvolgono oltre 2 milioni e mezzo di giovani. Alcuni pubblici amministratori provinciali, come il Presidente della Provincia di Torino, Avetta, hanno rotto gli indugi impegnando il denaro a bilancio per aprire i cantieri piu’ urgenti: non possiamo lasciarli soli”. “L’approvazione di questo emendamento – concludeMattiello – non soltanto sarebbe in coerenza con l’impegno straordinario del Governo Renzi in materia di scuola, ma sarebbe anche un segnale atteso dalle famiglie che hanno perso i propri figli a causa di scuole mal fatte e non mantenute adeguatamente”

(ANSA) – ROMA, 21 SET – “Nel Jobs Act inseriamo il reato di "licenziamento disumano”. Potrebbe recitare cosi’: “Il datore di lavoro che risolva il contratto di lavoro di cui agli articoli precedenti, al fine di evitare il consolidamento delle tutele previste, e’ punito con la multa da 10.000 a 50.000 euro. Il lavoratore avra’ diritto all’indennizzo e al reintegro nel posto di lavoro. Il nuovo contratto si dovra’ considerare a tempo indeterminato”. Lo afferma Davide Mattiello, esponente del Pd. “Una fattispecie necessaria – sottolinea Mattiello – per evitare che la riforma diventi la pietra tombale della dignita’ di lavoratori e lavoratrici. Se sara’ possibile sbarazzarsi del lavoratore un attimo prima che le tutele diventino stringenti, pagando soltanto un indennizzo, avranno vinto i Caporali: quelli che sfruttano nelle nostre campagne migliaia di esseri umani, spesso a beneficio delle organizzazioni mafiose locali. Anche i caporali quando devono sbarazzarsi dei lavoratori sono disposti a dare qualche euro in piu’ e tanti saluti. Ha ragione Renzi quando dice che essere di sinistra significa combattere le ingiustizie e ha ragione quando dice che l’ingiustizia piu’ grande e’ la mancanza di lavoro. Ma l’altra grande ingiustizia che chi e’ di sinistra sente scottare addosso e’ quella dello sfruttamento, la violenza del piu’ forte sul piu’ debole. Si chiama prepotenza ed e’ parente stretta di quella di certi maschi sulle donne. Coraggio: cambiare, tagliando le unghie agli arroganti e’ possibile!”, conclude Mattiello.

Su 8×1000 all’edilizia scolastica il Governo chiarisca

(ANSA) ROMA, 11 SET – Con l’ultima legge di stabilita’ e’ diventata legge la possibilita’ di adoperare una quota dell’8 per 1000 destinata dal contribuente allo Stato, per interventi urgenti di edilizia scolastica. Una proposta che ha preso le mosse dalla tragedia del Darwin di Rivoli, dove perse la vita lo studente Vito Scafidi per il collasso della contro-soffittatura della sua classe. “Ma per far funzionare le nuove norme – spiega Davide Mattiello, deputato Pd componente della Commissione Antimafia – occorreva intervenire sul regolamento previsto dal dpr 76 del ‘98. Il Governo ha provveduto, presentando alla Camera il nuovo schema di regolamento il 1 settembre. Oggi la commissione bilancio della Camera deve esprimere il parere. All’articolo 1 si legge: per l’assistenza ai rifugiati, per la conservazione dei beni culturali e per la ristrutturazione, il miglioramento, la messa in sicurezza, l’adeguamento antisismico e l’efficientamento energetico degli immobili adibiti all’istruzione scolastica di proprieta’ pubblica dello Stato, degli enti locali territoriali e del Fondo edifici di culto di cui all’articolo 56 della legge 20 maggio 1985, n.222”. “Cosa c’entra il "Fondo edifici di culto”? Questo Fondo gestisce immobili adibiti ad uso scolastico?“, si chiede l’esponente del Pd. "Il Governo chiarisca”, conclude.

JP Morgan o pinguini? La mia riflessione dopo l’intervista di Gustavo Zagrebelsky

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Di seguito, la lettera mandata a Gustavo Zagrebelsky dopo la sua intervista a Il Fatto Quotidiano.

Potete leggere l’intervista CLICCANDO QUI

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Caro prof. Zagrebelsky,

temo che il problema non sia JP Morgan, ma il “Pinguino”.

Ho letto e meditato l’intervista rilasciata a Marco Travaglio, su Il Fatto del 22 Agosto.

Condivido il ragionamento: questa è la premessa. 

Lei ricorda che da neo-deputato ero pronto a dimettermi dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 4 Dicembre 2013: mi sembrava insopportabile andare avanti a svolgere la funzione di parlamentare, essendo diventato oggetto di una sentenza di condanna da parte della Corte Costituzionale. Lei invece non può sapere che fui, nel mio piccolo, tra quelli che reagirono al dossier della JP Morgan, quando venne divulgato, avvertendone la gravità.

Pure assumendo il ragionamento, temo che il punto di partenza sia, ahimè, insufficiente e di conseguenza, la reazione prospettata impraticabile. 

Al netto degli incidenti di percorso che possono far saltare il disegno del Governo a prescindere e in qualunque momento.

Io non credo che la finanza internazionale “dia ordini” alla politica. 

Credo piuttosto che finanza globale e classe dirigente occidentale vivano una convergenza di interessi e che questa convergenza di interessi non sia più messa in discussione, se non da una minoranza di persone in tutto il Mondo, sempre più residuale.

Perché negli ultimi 30 anni è profondamente mutato il piano del “desiderio collettivo”: da New York a Kiev, passando per Pechino e Delhi, ha vinto la Coca Cola. 

Nel 1989 è finita la terza guerra mondiale, il capitalismo occidentale ha vinto e come ogni vincitore ha preteso il palio. Dopo quarant’anni passati a mordere il freno per lo spauracchio sovietico, ha mollato ogni pudore e ha preteso una maggiore remunerazione del capitale di rischio: è cominciata da quel giorno l’erosione dell’esigibilità dei diritti, l’aggressione alla social democrazia, l’agonia delle democrazie parlamentari. In cambio però il capitalismo e poi il capitalismo finanziario globale hanno iniettato nell’immaginario collettivo mondiale la ricetta della felicità, senza più avere avversari realmente competitivi. Nel 1995, anno della riorganizzazione del Mondo dopo il terremoto globale innescato nel 1989, girava in TV la pubblicità del “Pinguino, De Longhi”: si ricorda lo slogan? “Tutti volere Pinguino De Longhi”, messo in bocca, per altro, ad un nativo americano, con tanto di pelli, piume e segnali di fumo.

Ecco la ricetta della felicità: l’accesso al consumo. Il “pinguino” ha vinto nella testa della maggior parte della popolazione mondiale. Parafrasando Augusto Boal, che parlava di “Flic dans la tete”, col “Pinguino dans la tete” il nuovo ordine mondiale si è avviato in marcia trionfale.

Lei sa quanto il desiderio sia decisivo per edificare consorzi umani di un tipo piuttosto che di una altro.

E qui arrivo al cuore della riflessione: la vittoria del “Pinguino” ha prodotto una rivoluzione anche nell’oggetto particolare del desiderio politico. Non esito a definirla involuzione. Gli individui, per lo più, non aspirano ad avere parte nel processo decisionale, ma aspirano ad essere rassicurati nell’accesso al consumo da chi si guadagni il ruolo di decidere.

Se nel secondo dopo guerra e fino agli anni ‘80 essere individui liberi ha significato, almeno da noi, essere individui che partecipano su un piano di uguaglianza formale e sostanziale al processo decisionale (ovvero alla gestione del potere pubblico) oggi e ormai da un bel po’ di anni, l’individuo si percepisce “libero” quando ha accesso ai consumi ed è rassicurato dal potere pubblico (ma anche dai surrogati privati) nel perdurare di questo accesso. 

Partecipare in prima persona al processo decisionale, cioè alla gestione del potere pubblico, è diventato troppo faticoso, noioso, pericoloso, soprattutto se questa partecipazione è gestita attraverso la tecnologia della democrazia rappresentativa, lontanissima ormai dalla istantaneità e dall’individualizzazione esasperata cui ci stanno abituando i nuovi media. Piuttosto che “partecipare su un piano di uguaglianza al processo decisionale”, si preferisce affidarsi a chi pare garantire il più tranquillo accesso al consumo. 

Involuzione, certo, perché è un modello che riporta alla centralità dei “giri giusti”, dei clan di appartenenza, delle clientele. E’ una involuzione purtroppo tutta funzionale al modo mafioso di stare al Mondo. Ma è una involuzione culturale, dilagata, non dilagante.

Come si ri-accende il desiderio di “partecipare su un piano di uguaglianza formale e sostanziale al processo decisionale”, senza aspettare un prossimo trauma collettivo (che normalmente prende la forma della guerra) per recuperare alla coscienza il rapporto tra sicurezza personale e partecipazione democratica?

Questo è il problema che più mi assilla.

Perché senza intervenire efficacemente sul piano del “desiderio collettivo” (e al netto di quegli inciampi che possono sempre accadere) io credo che tutto andrà come è stato programmato che vada. La liquidazione della democrazia parlamentare e la radicale semplificazione del processo di partecipazione-decisione, per altro fatta guidare alla “sinistra” (come nei migliori copioni), sarà irrefrenabile.

Molto in realtà si sta muovendo in tal senso, ma è la forza che difetta.

Io credo che il lavoro sul “desiderio collettivo” abbia migliori possibilità quando riesca a definire sfide che abbiano a che fare con il “non ancora”, con il futuro da scrivere. Questo tipo di sfida ha un grande merito, quello di attivare le energie dei giovani, di chi cioè ha il massimo interesse a scrivere il “non ancora”, a conquistare il futuro, impastando di realtà i propri sogni.

Io credo che questo grande e appassionante lavoro possa avere almeno due inneschi:

– la battaglia per la pubblicizzazione globale delle risorse fondamentali. L’Europa l’abbiamo edificata mettendo in comune l’acciaio e il carbone, con ciò disinnescando la ragione del contendere tra Germania e Francia. Dobbiamo costruire un Mondo capace di mettere in comune l’acqua, l’aria, le energie, la sicurezza. In questo saranno decisive l’autorevolezza e la forza che sapremo dare all’ONU.

– la costruzione degli Stati Uniti d’Europa, come soggetto politico, democratico, continentale, capace di lavorare alla cooperazione globale e capace di dare un senso accettabile alla relativizzazione delle architetture democratiche nazionali. 

con gratitudine e stima

Davide Mattiello