Sull’omicidio Mattarella

E’ facilissimo recuperare in rete questo articolo dell’agosto del 1989 per rendersi conto non soltanto di quanto si fosse già capito allora, ma soprattutto di chi c’era e che ruoli ricopriva. Tra l’altro non sfugge che questo intreccio rimanda ancora una volta al delitto di Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio (5 Agosto 1989). E’ sacrosanto continuare a dire che non bisogna mai smettere di cercare la verità su quei fatti, che sono stati soltanto brutali atti criminali. Ma proprio per questo bisognerebbe intanto fare piena luce sul corto circuito dell’estate del 2013, il passaggio di consegne tra Grasso e Roberti al vertice della Procura nazionale Antimafia. Chi e perchè fece uscire dagli uffici della DNA i verbali delle due riunioni segrete in cui si fece il punto su anni di indagini relative ai legami tra mafia, politica e apparati? Cosa accadde veramente tra il Dicembre 2012 e l’estate del 2013 al collaboratore Nino Lo Giudice, detto il “nano”? Davvero passò seri guai quando qualcuno seppe che stava parlando anche di Giovanni Aiello (alias “Faccia di mostro”), nel frattempo certamente morto il 21 Agosto del 2017 a Montauro? Come è possibile che il CSM continui a procrastinare la decisione sulla incolpazione del dott. Donadio, mossa dai procuratori Lari e Salvi, nonostante esista da tempo una formale richiesta di archiviazione da parte della Procura generale della Cassazione? Quanto sono ancora forti gli interessi legati ai protagonisti di quelle vicende se non è possibile ancora oggi avere delle risposte? Io so che ci sono uomini delle Istituzioni ancora vivi, vegeti e con ruoli di grande responsabilità che sanno molto, se non tutto: sarebbe giusto che si facessero avanti, scegliendo di dire anche ciò che non viene loro chiesto. Io so che il processo “ndragheta stragista” che si celebra a Reggio Calabria, così come quello “Trattativa” che si celebra a Palermo stanno caparbiamente “carotando” quel grumo di interessi e meritano rispetto e attenzione. Io so che alcune latitanze diversamente irrisolvibili (Matacena e Messina Denaro) sono la misura della vitalità di quel grumo di interessi, che si è trascinato fino ad oggi, perchè di “amici” in giro per il Mondo ce ne sono ancora tanti. A quelli che sanno perchè c’erano e hanno avuto parte nei fatti, vorrei chidere se non sentano di essere stati, in gran parte, usati, con la messa in scena della guerra tra Mondi, che richiedeva l’eroismo tragico del “male”, per far vincere il “bene”, che è costato così tanto a tutti (a chi il male l’ha subito, ma anche a chi lo ha agito). Chissà che non abbia proprio pensato questo quel magistrato, titolare di importanti inchieste su mafia, politica e massoneria, che nell’agosto dell’89 prende un volo Roma Palermo, per incarico dell’Alto commissario anti mafia, Sica, per fare il punto con Giammanco, Falcone, Sciacchitano, Pignatone e tutti gli altri. Quel magistrato che, diventato consigliere del Presidente della Repubblica, morirà improvvisamente di infarto nel Luglio del 2012, poco dopo aver scritto una drammatica lettera proprio al Presidente della Repubblica, nella quale manifestava il timore di essere stato usato per coprire indicibili accordi e il desiderio di tornare in prima linea a fare indagini: Loris D’Ambrosio.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/08/17/si-rafforza-la-pista-nera-nell-inchiesta.html

Omicidio Daphne Caruana Galizia: atto eversivo

Uccidere una persona è un crimine, uccidere una giornalista che sta facendo luce sulla organizzazione del potere è un atto eversivo. Ucciderla in quel modo è terrorismo: evidente la volontà di intimidire tutti coloro che si impegnano sullo stesso fronte”. Così il deputato Pd Davide Mattiello dopo l’uccisione, con una bomba messa nell’auto, della giornalista anti-corruzione Daphne Caruana Galizia, assassinata ieri a Malta.
“Qual è il fronte? Quello che coniuga la grande evasione fiscale, il riciclaggio, la corruzione sistemica, il potere politico, in un pezzo di Europa che con le sue caratteristiche fa comodo a molti. Potranno anche non centrare nulla le mafie tradizionali, ma è evidentemente di tipo mafioso il modo di fare. Non è mafia che si fa corruzione, è corruzione che si fa mafia. L’Europa – prosegue il deputato componente delle commissioni Giustizia e Antimafia – che proprio la scorsa settimana ha fatto un passo avanti nell’organizzazione della Procura europea e ha espresso apprezzamento per la riforma italiana delle misure di prevenzione patrimoniali, abbia coraggio nel procedere senz’altro sulla strada della individuazione e aggressione dei patrimoni illeciti, che sono il motore e il motivo più profondo di questi crimini. Non possono esserci in Europa zone franche

Mafia: Cassazione, no archiviazione omicidio Vecchio-Rovetta

(ANSA) – ROMA, 13 GIU – Il duplice omicidio di Francesco Vecchio e Alessandro Rovetta, avvenuto 27 anni fa a Catania, deve essere riconsiderato dalla procura: lo ha stabilito la Cassazione. La sentenza è della Prima Sezione Penale, presidente Maria Stefania Di Tomassi, relatore Stefano Aprile, e riconosce le ragioni dei ricorrenti, la moglie di Francesco Vecchio, Elvira Chiarenza, e il figlio Salvatore, annullando il decreto di archiviazione emesso dal gip di Catania il 30 Giugno 2016, sulla base della richiesta della procura. La Cassazione ha pertanto deciso di trasmettere gli atti alla procura di Catania. Francesco Vecchio era un imprenditore originario di Acireale che, con Alessandro Rovetta, venne crivellato di colpi di arma da fuoco il 31 ottobre 1990 nella zona industriale di Catania, a poca distanza dalle Acciaierie Megara dove entrambi lavoravano, un omicidio la cui mano è ancora sconosciuta ma la cui matrice è ritenuta di origine mafiosa. “E’ una decisione che alimenta la speranza. Anche La Commissione Antimafia e in particolare il V Comitato, da me presieduto – afferma il deputato pd Davide Mattiello – ha recentemente ascoltato Salvatore Vecchio volendo raccogliere in atti parlamentari la memoria di una vicenda che merita attenzione e che speriamo possa ancora essere illuminata dalla verità giudiziaria. Il duplice omicidio di Vecchio e Rovetta, entrambi con responsabilità aziendali apicali, commesso a Catania il 31 Ottobre del ‘90, cioè in una città che viveva nella morsa del potere mafioso dei Santapaola, ricorda altri omicidi di persone perbene, che hanno pagato con la vita la propria normale coerenza ai doveri professionali. Non persone impegnate contro le mafie, ma persone che hanno rivendicato semplicemente il diritto di fare il proprio dovere. Mi viene in mente l’avvocato Serafino Famà, ucciso anche lui a Catania nel 1995. In Italia questo tipo di normalità è spesso rivoluzionario e si paga a caro prezzo, per questo ogni sforzo che possa essere ancora fatto per scoprire la verità è benedetto. La pena dei familiari sopravvissuti non si prescrive mai, non esiste il conforto dell’oblio. Può esistere soltanto il conforto della verità, che per lo Stato non dovrebbe mai avere un prezzo troppo alto”

Ladro ucciso: da Squeri strumentalizzazione

(ANSA) – ROMA, 13 MAR – “La sistematica strumentalizzazione di vicende drammatiche come quella del ristoratore di Lodi fanno pena e paura. Al collega Squeri ricordo che nel testo di riforma del processo penale fortemente voluto dal Ministro Orlando, votato alla Camera e fermo in Senato da troppo tempo, ci sono misure di maggior rigore proprio contro i reati che creano più allarme sociale”. A sottolinearlo è il deputato del Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia.
“La linea tenuta dal Governo e da Orlando in particolare va nella direzione giusta: più strumenti allo Stato perché non debba essere il singolo cittadino a fronteggiare da solo la violenza criminale. L’ultimo esempio? Il voto unanime della Camera di giovedì sulla riforma del sistema di protezione dei testimoni di giustizia”, conclude Mattiello.

Omar Pace: si indaga per capire o si aspetta per archiviare??

(ANSA) – ROMA, 11 DIC – “Sono trascorsi otto mesi dalla morte del colonnello Omar Pace: dalla Procura di Roma ancora nessuna notizia; si indaga per capire o si aspetta per archiviare?”. A scriverlo è il deputato Pd Davide Mattiello, della Commissione parlamentare Antimafia. “Era l’11 aprile, quando Pace si è sparato nel suo ufficio alla Dia di Roma. Da lì a due giorni – ricorda Mattiello – sarebbe dovuto essere a Reggio Calabria per testimoniare al processo che vede imputati tra gli altri l’ex ministro dell’Interno Scajola e i latitanti Matacena e Speziali. Dicono che fosse depresso. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo. Mi rivolgo al Procuratore Pignatone: abbiamo bisogno di sapere. Anche per poter fare la nostra parte, che per ora si risolve nel continuare a chiedere e nel tenere il conto dei mesi”. “Ringrazio l’ onorevole Davide Mattiello per la sua attenzione alla tragica e oscura morte del colonnello Pace. In qualità di difensore della vedova Pace e dei figli, darò il mio contributo per sollecitare la Procura di Roma affinché non faccia passare altro tempo per dare una risposta concreta ai dubbi che il caso impone” risponde l’avvocato della famiglia, Pablo De Luca

La Verita’ sull’ omicidio Agostino riguarda tutti

(ANSA) – ROMA, 4 AGO – “La verita’ sull’omicidio di Nino Agostino e di sua moglie Ida riguarda tutti noi e riguarda il futuro dell’Italia. Poche vicende come questo duplice omicidio (avvenuto il 5 agosto 1989) seguito da quello di Emanuele Piazza nel Marzo del 1990, hanno a che fare con l’epicentro di quel conflitto di poteri e per il potere, che passando per le stragi del ‘92 e del ’93, arrivera’ a condizionare il nostro presente, facendo della cosi’ detta Seconda Repubblica, una Repubblica dimezzata non meno della prima”. Lo afferma in una nota il deputato Pd e componente delle commissioni Giustizia e Antimafia Davide Mattiello. “Sara’ piu’ libera la ‘terza’? Dipende anche dalle risposte giudiziarie e politiche che sapremo dare a quei fatti – osserva Mattiello – forse arrivando a distinguere una volta per tutte tra chi fece il male, pensando di fare il bene e chi fece il male semplicemente per soddisfare la propria avidita’. Il tempo per le nuove indagini e’ quasi scaduto e a settembre la DDA di Palermo dovra’ decidere se chiedere il rinvio a giudizio oppure no. Intanto sono successi alcuni fatti: Vincenzo Agostino, il padre di Nino, ha riconosciuto durante l’incidente probatorio svoltosi nell’aula bunker di Palermo in Giovanni Aiello il collega di Nino che lo ando’ a cercare a casa qualche giorno prima dell’assassinio. Giovanni Aiello e’ formalmente indagato per concorso in omicidio. Poi ci sono i collaboratori di giustizia che tra Caltanisetta e Reggio Calabria stanno confermando informazioni importanti: c’e’ Di Giacomo, che ebbe in quegli anni un ruolo di spicco nel clan Laudani di Catania, che parla di un gruppo di fuoco riservato, di cui faceva parte anche un uomo legato ai servizi e ci sono Villani e Lo Giudice ‘ndranghetisti che a loro volta fanno affermazioni importanti”. “Basterebbe soffermarsi sulla vicenda travagliata di Lo Giudice – afferma ancora Mattiello – per comprendere quanto vivi e vitali siano ancora oggi gli interessi che si muovono a coprire quelle responsabilita’. Lo Giudice infatti e’ stato presumibilmente usato negli ultimi anni per colpire la credibilita’ di alcuni magistrati, in particolare del dott. Donadio, tanto che per questo Lo Giudice risponde oggi di calunnia, ma cio’ nonostante – conclude Mattiello – la magistratura reggina lo considera credibile per il resto e sta continuando a riscontrare le sue affermazioni”

Omicidio Caccia: processo è occasione irripetibile

Il processo che si apre a Milano per l’omicidio Caccia è una occasione forse irripetibile per guardare attraverso il buco stretto della serratura, l’arresto di uno dei presunti killer, una camera vasta e finora inviolata. Molto dipenderà da come sarà praticato il processo, da quali linee di azione si terranno e tutti avranno una parte di responsabilità: procura, corte e parti civili. E’ utile guardare all’omicidio Caccia attraverso la categoria della “convergenza” proposta dal prof Dalla Chiesa, che mai come in questo caso si fonde opportunamente con le parole di Falcone “si resta uccisi quando si entra in un gioco troppo grande”: l’omicidio del Procuratore Caccia infatti fa pensare alla saldatura di diversi interessi, quelli della ‘ndrangheta operante a Torino e desiderosa di accreditarsi come organizzazione egemone, quelli di un ambiente opaco e meschino forse abituato a rendite di posizione, fondate sulla corruzione e sulla connivenza e quelli grandi di chi già allora, come prima e come poi, trovava dell’utilità nel mantenere aperti rapporti di agibilità con la criminalità mafiosa, perché tornassero utili all’occorrenza. Siamo pur sempre nel 1983: da meno di un anno il Parlamento aveva approvato il 416 bis, dopo gli omicidi La Torre e Dalla Chiesa, che sarebbe servito al pool di Palermo e in particolare a Falcone per raccogliere le confessioni di Buscetta, collocandole finalmente nell’alveo giuridico del reato associativo. Quante “contro misure” a tutela del famigerato rapporto tra mafie e pezzi di Stato si attivarono fin dagli albori di quello che sarebbe diventato il maxi processo? Uccidere un magistrato a Torino e fare in modo che la responsabilità ricadesse sulle BR, poteva essere una di queste? La strage del rapido 904 è del dicembre 1984.

Omicidio Agostino: chi sa parli

(ANSA) – ROMA, 20 GEN – “In questi ultimi anni e’ stato prodotto uno sforzo eccezionale da parte di chi non ha mai rinunciato a cercare la verita’ su questi fatti: tra il 1989 e il 1994 e’ stata riscritta la mappa del potere nel nostro Paese. Una mappa in gran parte ancora vitale. Ecco perche’ vale la pena continuare, ognuno per la propria parte, evitando che vengano avvelenati i pozzi o minimizzati collegamenti piu’ ampi. Resta una speranza: chi sa, parli. Nell’anno del Giubileo della Misericordia, sarebbe un scelta bella e lungimirante”. Cosi’ il deputato Pd Davide Mattiello sugli ultimi sviluppi che riguardano l’inchiesta sull’uccisione nel 1989 del poliziotto Nino Agostino.

Omicidio Agostino: le gravissime dichiarazioni di Lo Forte vanno riscontrate con urgenza

(ANSA) – ROMA, 26 NOV – “E’ urgente riscontrare le dichiarazioni gravissime di Lo Forte, che collegano l’ex poliziotto Giovanni Aiello al cosi’ detto ‘faccia di mostro’ e al duplice omicidio di Nino Agostino e sua moglie Ida. E’ un segnale importante la richiesta fatta dalla Procura al GIP di Palermo di ulteriori tre mesi per approfondire”. Cosi’ il deputato Pd Davide Mattiello, componente della Commissione parlamentare Antimafia. “Il percorso di collaborazione di Lo Forte – prosegue Mattiello- e’ lungo e complicato, ma sulle sue parole si sono gia’ basate altre sentenze di condanna: legittimo pensare che sia credibile. Auspico ancora una volta che venga sentito come persona informata dei fatti l’attuale Questore di Palermo dott. Longo, che all’epoca dei fatti raccolse riscontri di prima mano subito dopo il duplice omicidio. Sui fatti capitati tra il 1989 e il 1994 dobbiamo pretendere tutta la verita’, una verita’ che non si puo’ esaurire nelle risultanze dell’attivita’ giudiziaria”.

Riaprire le indagini sull’omicidio di Don Boschin

(ANSA) – ROMA, 12 DIC – Riaprire le indagini sull’omicidio di don Cesare Boschin: l’occasione per fare il punto anche su questa drammatica vicenda e’ stata la visita odierna della Commissione Antimafia a Latina. “L’omicidio di don Cesare – spiega il deputato Pd Davide Mattiello, componente della Commissione Antimafia – risale al 30 marzo ‘95 e matura in un contesto che parla di gestione dei rifiuti e di mafia. Le dichiarazioni di Schiavone del ’97, e poi le successive attivita’ di indagine che conducono fino al boss Bidognetti, fanno ritenere che l’omicidio di don Cesare sia stato la punizione decisa dalla criminalita’ per la tenace attivita’ di sensibilizzazione e denuncia che don Cesare portava avanti sul territorio”. “Le autorita’ di polizia, il Prefetto, il Questore si sono dimostrati sensibili e consapevoli. Gli interessi e la forza delle organizzazioni criminali nel territorio pontino – conclude Mattiello – sono grandi e lo dimostra anche la recente e gravissima intimidazione subita dalla dott.ssa Aielli, giudice del tribunale di Latina, che abbiamo pure incontrato per testimoniarle la nostra vicinanza e il nostro rispetto”