Intervista a Luciano Silvestri responsabile nazionale Legalità e Sicurezza CGIL

Durante questa legislatura il governo si è naturalmente occupato di diversi temi, tra cui quello della legalità e del contrasto alle mafie. Le chiediamo un commento su questo:

Io in particolare come responsabile Nazionale della CGIL per quanto riguarda i temi della legalità e della sicurezza sono stato molto coinvolto in alcune delle vicende importanti che hanno caratterizzato questa legislatura.

In primis la riforma del codice antimafia, che ha avuto una lunghissima gestazione iniziata nel 2012, ha origine proprio da una legge di iniziativa popolare che la CGIL nel 2012 ebbe modo di lanciare raccogliendo le firme per poter presentare questa proposta di legge insieme a un ampio schieramento di soggetti che vanno da LIBERA all’ARCI alle ACLI ad Avviso Pubblico e tanti altri ancora. Sentivamo allora la necessità di avere strumenti per poter affrontare il grande tema del riutilizzo dei beni confiscati. Fu allora che per la prima volta incrociai Davide Mattiello. Ci ricordiamo ogni tanto i primi caffè presi davanti al bar dell’ingresso della Camera dei Deputati quando iniziavamo a cercar di capire come sostenere questo obiettivo che anche Davide riteneva essere molto importante. Poi c’è stato tutto un lungo lavoro compiuto con le elaborazioni, con gli ordini del giorno che la Commissione Antimafia presentò all’epoca al Senato e alla Camera. Questo è un primo grande risultato, molto travagliato, che si poteva fare sicuramente meglio. Tutto si può fare sempre meglio, però alla fine ce l’abbiamo fatta e questo è un risultato importante di questa legislatura che nasce proprio da questa combinazione fra rapporto virtuoso tra la società civile e le istituzioni. Con Davide in modo particolare abbiamo trovato tante occasioni di sostegno reciproco affinché questa idea potesse arrivare in porto. Questo è un primo elemento che ci ha impegnato moltissimo, è un risultato straordinario perché effettivamente c’era bisogno di realizzare questa operazione di riforma.

Devo dire che, siccome son passati tanti anni, nel corso del tempo anche i processi reali sono andati mutando. C’è stata l’accortezza nella discussione parlamentare di introdurre anche elementi che originariamente non erano presenti nelle discussioni sulla proposta di riforma, come ad esempio estendere le misure di prevenzione previste per quanto riguarda l’associazione di stampo mafioso anche a coloro che si macchiano del reato di corruzione e sappiamo bene quanto difficile è stata questa discussione tra Senato e Camera. Questo è un elemento che non era previsto all’inizio, ma che è stato inserito in corso d’opera e che ritengo un passaggio anche questo altrettanto importante, perché sia i fatti giudiziari e anche quelli che la cronaca quotidiana registra, ci parlano di un asse pericolosissimo che rinsalda il rapporto tra corruzione e mafia. C’era bisogno anche di una norma importante che affrontasse anche dal punto di vista legislativo questa idea di mafia, di combattere contro questo elemento di novità negativo che purtroppo registriamo, sia nei fatti giudiziari che in quelli di cronaca. Adesso siamo al rush finale, ma proprio finale perché si parla che a giorni, dopo l’approvazione della legge di bilancio le camere si scioglieranno e c’è poco tempo ed io mi auguro davvero che anche un’altra norma per la quale ci siamo impegnati tantissimo, anche nel rapporto con Davide Mattiello, quella dei testimoni di giustizia, riesca finalmente ad arrivare all’approvazione definitiva (la legge è stata approvata il 21/12/2017, NdR).

C’è un aspetto che va evidenziato: sia per il codice antimafia che le norme di sostegno ai testimoni di giustizia c’è stata una discussione alla Camera molto impegnativa, con votazione addirittura unanime per alcuni aspetti e poi una volta al Senato o c’è una negazione di quello che la Camera ha fatto, oppure non si accelera una votazione come quella sui testimoni di giustizia. Quello che alla Camera ha avuto un voto unanime, non si capisce perché il Senato non faccia rapidamente altrettanto. Io mi auguro davvero che ce la possiamo fare, perché queste persone meritano un’attenzione particolare da parte dello Stato. Sono persone che si mettono in gioco, persone coraggiose, persone che subiscono per queste scelte fatte un trauma dal punto di vista personale, ma anche di uno svuotamento talvolta della loro personalità, diventano figure anonime. Lo Stato ha interesse, non solo ha la necessità di sostenerle, ma ha interesse perché questo aspetto dei testimoni di giustizia acquisti in maniera più diffusa possibile fiducia nello Stato e nella possibilità di denunciare e dichiarare ciò che si vede perché questo è uno strumento potente di lotta contro le mafie, contro la corruzione e noi sappiamo bene che questi fenomeni rappresentano nel nostro Paese un vero e proprio cappio al collo. Se non ci liberiamo di questo io trovo difficile pensare ad un futuro che affronti positivamente i temi dello sviluppo e del lavoro.

Qual è il provvedimento che affidiamo alla prossima legislatura?

Io vedrei da parte di chi assumerà l’incarico di Governo, un impegno ad implementare la riforma del codice antimafia. Non ci dobbiamo accontentare, la politica non deve accontentarsi del fatto che è approvata una norma: come sempre le norme approvate hanno bisogno di avere gambe per camminare. Già queste norme del codice antimafia delega il governo ad assumere una serie di atti e mi auguro prima che si vada al voto questi atti siano compiuti, ma c’è tutto un aspetto gestionale che riguarda gli strumenti della norma che vanno oltre questa legislatura e sui quali siamo assolutamente in ritardo. Penso al potenziamento dell’agenzia nazionale per i beni confiscati: la norma è stata approvata, ma non si intravede in che modo questa agenzia possa riorganizzare se stessa passando dagli 80, 90 dipendenti ai 200 previsti dalla norma, qui il Ministero dell’Interno in particolare, ma anche il Governo dovrebbe costruire un sistema di norme, di regole, il più velocemente possibile, perché quella norma che prevede quell’obiettivo nel giro di breve tempo possa essere realizzata. Quindi io l’impegno della prossima legislatura, il primo giorno in cui si insedia il governo penso che la prima preoccupazione è di rendere immediatamente operativa quella che è stata una bella riforma, perché altrimenti rischiamo di vanificare un obiettivo che abbiamo raggiunto.

 

Ci sono anche altre leggi, sempre nell’ambito della legalità e contrasto alle mafie, che la CGIL ha apprezzato in questo quinquennio?

Quella sul caporalato guarda caso è una norma che ha un’origine: ci si dimentica sempre che le categorie sindacali dell’industria e degli edili, 5 o 6 anni fa si misero in cammino per raccogliere le firme ed introdurre il reato di caporalato che all’epoca non era nemmeno previsto nel nostro ordinamento e fu introdotto grazie a questa pressione dal Parlamento, però si fermò il reato soltanto al caporale e poi successivamente, il ministro Martina ha raccolto questo ulteriore grido di allarme che veniva dalle organizzazioni sindacali e dalla società civile perché era assurdo colpire il caporale e non il mandante del caporale, cioè l’imprenditore che si avvale dell’opera del caporale e così è stata la legge recente sul caporalato di cui si cominciano a vedere gli effetti perché le azioni condotte dalla Guardia di Finanza piuttosto che dai carabinieri e dalla magistratura mettono in luce questo legame pericolosissimo tra un’impresa che poi guarda caso è sempre collaterale al sistema mafioso. Un’impresa cattiva che poi finisce col cacciare l’impresa sana e impedisce al Paese quello sviluppo sano di cui invece abbiamo bisogno per essere competitivi con il resto del mondo e con l’Europa in particolare. Quindi questa è senz’altro un’altra un’operazione che noi abbiamo potuto apprezzare, però si sa che ci sono anche lacune o errori che a nostro modo di vedere sono stati commessi nel corso di questa legislatura, tutto il tema delle norme sul lavoro, il Jobs act, questo invece non lo apprezziamo: mi sembrano norme che contraddicono quest’altro passo. C’è un passo che va avanti nella direzione giusta e c’è un passo che si illude che abbassando il costo del lavoro e rendendolo precario si possa essere competitivi, ma in realtà non realizziamo questo obiettivo e rendiamo le persone, soprattutto i giovani, molto più deboli.

Le parole di Marco Omizzolo, Presidente di In Migrazione e di Tempi Moderni

Sui temi di cui lei si occupa, come reputa il mandato del Parlamento degli ultimi cinque anni?

In generale il Parlamento italiano ha saputo, sebbene sulla fondamentale spinta di organizzazioni sociali (associazioni, sindacati, organizzazioni di base), affrontare alcuni dei temi sociali e lavorativi di cui mi occupo. In primis ciò riguarda il tema del contrasto allo sfruttamento lavorativo, al caporalato e alla tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo. Una nuova impostazione, evidente con la promulgazione della nuova legge contro il caporalato (lex 199/2016), sebbene prevalentemente securitaria, ha consentito una vera svolta in alcuni dei territori in cui il fenomeno è più organizzato, rodato, diffuso. Tra questi si citano in particolare il Sud Pontino e l’area garganica. Il Parlamento ha dimostrato anche un’apertura nei confronti di quanti si occupano da anni del tema accogliendo loro spunti di riflessione, esperienze di ricerca, analisi e suggerimenti anche normativi. Restano ancora molti temi, intimamente legati a quelli sopra menzionati, gravemente sottovalutati o per nulla affrontati. Una riforma, ad esempio, degli strumenti di welfare locale costituisce un elemento cardine per il contrasto alle varie forme di sfruttamento lavorativo. Si tratta di un impegno disatteso, sottovalutato e che richiederebbe, invece, uno sforzo di elaborazione concettuale e normativo urgente. Le stesse politiche del lavoro sono state spesso contraddittorie e, in alcuni casi, volte a cancellare, rimodulare in negativo, indebolire diritti affermati e riconosciuti soprattutto in capo ai lavoratori e lavoratrici. Il mancato impegno nella riforma e cancellazione invece di leggi evidentemente inefficienti e profondamente problematiche come la Bossi-Fini e la legge sulla cittadinanza, costituiscono un vulnus politico straordinario nell’azione parlamentare che ne mortifica lo slancio e l’impegno. Lo stesso Jobs Act è in sé una grave breccia nel complesso dei diritti formalmente riconosciuti a tutti i lavoratori, esponendoli, drammaticamente, ad ulteriori e, in alcuni casi, anche nuove forme di sfruttamento lavorativo, con riferimento in particolare ai lavoratori migranti impiegati in attività particolarmente difficili, poco prestigiose dal punto di vista sociale e poco retribuite (braccianti, lavoratori e lavoratrici di cura, autotrasportatori, lavoratori della logistica e dei servizi…). In definitiva si è trattato di un mandato in chiaro-scuro e a volte contraddittorio, senza alcun dubbio sensibile ai temi trattati ma incline ad un compromesso legato in primis al mantenimento degli equilibri di governo e poco in sintonia con le esigenze sociali e dunque reali del Paese. Restano però punti di indubbio valore, insieme alla norma sul caporalato, la riforma del codice antimafia, della legislazione sui testimoni di giustizia, l’impegno, in particolare della Commissione Antimafia, sul fronte di una lettura più aggiornata, anche in termini politici, del concetto stesso di mafia e della sua intima relazione con la corruzione, insieme a nuove declinazioni della stessa a partire dall’eccellente lavoro condotto sulle masso-mafie. Le politiche estere del Governi italiano, avallate direttamente o indirettamente dal parlamento, soprattutto in materia di migrazioni, costituiscono, a mio parere, una delle ragioni di maggiore criticità della legislatura appena trascorsa e di più grave compromissione del quadro normativo internazionale a partire dalla Convenzione di Ginevra del 1953. Si configura una sorta di deriva securitaria che rischia di riformulare gli elementi di base dello Stato di diritto, peraltro negando la storia del Paese e dell’Unione europea. In definitiva mi pare di poter affermare che il mandato parlamentare ha espresso volontà contraddittorie, messo in evidenza limiti impliciti legati alle forze partitiche rappresentative, ottenuto in alcuni ambiti risultati di grande prestigio invece contraddetti da altre azioni parlamentari che in altri ambiti hanno agito in direzione contraria evidenziando approcci machisti e securitari.

Quale pensa che sia la norma più importante approvata in questi anni?

In chiave positiva penso ad almeno tre grandi risultati: la riforma del codice antimafia, la nuova legge sul caporalato e la riforma sui testimoni di giustizia. Queste norme sono tra loro intimamente legate e attese da molti anni dal Paese. Esse vanno nella direzione di una riforma del sistema riconoscendo la centralità del principio di giustizia sociale. Sebbene con alcuni impliciti limiti, esse sono l’eredità migliore dell’azione dell’ultima legislatura.

A questi aggiungerei la riforma, anch’essa attesa da anni, dei delitti ambientali, il voto di scambio e l’autoriciclaggio. Tutte norme che derivano dall’azione non solo parlamentare ma anche dalla spinta fondamentale, peraltro ascoltata dal parlamento, di associazioni, sindacati, organizzazioni del Terzo Settore, parenti di vittime di mafie e testimoni di giustizia. In questo caso si tratta di risultati importanti che contribuiranno a riformare il Paese nel prossimo futuro.

Quale la norma da approvare nei prossimi cinque?

Penso alla riformulazione della legge sulla cittadinanza che riconosca la legittima e piena rappresentanza ai migranti (e loro figli nati in territorio nazionale) residenti nel Paese, espressione centrale di modernità dell’Italia. A questo si deve aggiungere una riforma dei servizi sociali volti ad intercettare il disagio sociale insieme alle vittime di sfruttamento lavorativo, garantendolo loro percorsi di formazione volti all’emancipazione e autonomia individuale e collettiva. A questa aggiungerei una riforma del sistema giudiziario italiano con particolare riferimento ai tribunali del lavoro e penali, gravemente compromessi per l’esiguo numero di magistrati presenti e impegnati, di mezzi e strumenti a loro disposizione e per i tempi e le procedure necessarie per l’ottenimento di una giustizia riparativa.

Davide Mattiello per la prima volta è stato eletto alla Camera dei Deputati. Come valuta il suo operato?

Considero il contributo fornito da Davide Mattiello di grande valore. Molti degli obiettivi raggiunti e sopra descritti si devono alla sua tenacia, competenza e metodologia politica la quale ha sempre considerato la relazione con il territorio, come fondamentale per qualificare la proposta politica e spingerla nella direzione dell’approvazione. Ricordo per esempio la mia convocazione in Commissione Antimafia e le molte iniziative condotte insieme (la marcia contro il caporalato nel giorno di Pasquetta del 2017, dibattiti e convegni pubblici, incontri istituzionali, …), importanti passi verso azioni politiche in grado di condizionare il dibattito e migliorarlo ove possibile.

Per questa ragione, sebbene all’interno di uno schieramento governativo che, come specificato, presenta, dal mio punto di vista, profonde contraddizioni, il saldo finale della sua legislatura è assolutamente positivo. Ricordo il suo impegno, testato personalmente passo dopo posso, in favore della nuova legge sul caporalato, che ha avuto un’accelerazione politica e nei contenuti in seguito al suo impegno e relazione coi diversi territori. Davide Mattiello ha rappresentato un punto di riferimento per chi ha condotto queste battaglie ed esempio di un politico attento, in costante relazione, desideroso di portare nelle sedi opportune le migliori esperienze di analisi e lotta nei territori. Mai percepito come soggetto istituzionale pur non avendo mai abdicato a questo ruolo, ha saputo per mio conto interpretare la figura del politico impegnato, attento e determinato. A lui devo riconoscenza e stima, due doti che fanno di un politico un uomo vero.

L’intervista a Gian Carlo Caselli

Sui temi di cui lei si occupa, come reputa il mandato del Parlamento degli ultimi cinque anni?

L’attività del Parlamento nel corso della Legislatura appena conclusa mi sembra a macchia di leopardo: cose buone, cose mediocri, cose sbagliate, occasioni mancate. Francamente difficile, almeno per me, dire quali prevalgano. Il bilancio complessivo, alla fine, mi sembra di sostanziale equilibrio fra luci e ombre

Quale pensa che sia la norma più importante approvata in questi anni?

Sul versante dei diritti in generale, cito la legge sulle unioni civili e quella sul biotestamento;- per quanto riguarda i settori maggiormente interessati dalla mia attività professionale di ieri (magistrato) e di oggi (Osservatorio sulle agromafie), cito il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, la legge sul caporalato e la legge sui reati ambientali.

Quale la norma da approvare nei prossimi cinque?

 Sul piano generale io vorrei che fossero approvate una riforma della Costituzione condivisa – non divisiva – e una legge elettorale che garantisca al cittadino una maggiore, effettiva partecipazione. Nello specifico, occorrono norme davvero incisive contro la corruzione e l’evasione fiscale. Infine, mi aspetto una riforma dei reati in materia agroalimentare che tuteli la sicurezza dei cittadini e il regolare funzionamento dell’economia. Sono poche ma fondamentali cose, lasciando il libro dei sogni o delle illusioni agli imbonitori di professione (se ne trovano in abbondanza dappertutto) che ne hanno l’esclusiva.

Davide Mattiello per la prima volta è stato eletto alla Camera dei Deputati. Come valuta il suo operato?

 Da sempre (l’esperienza parlamentare rappresenta uno sviluppo e al tempo stesso una conferma del percorso precedente) di Davide Mattiello apprezzo la passione sincera che mette nelle cose che fa, la coerenza con cui si muove, il coraggio che dimostra nel sostenere anche battaglie tutt’altro che facili, la costante capacità di impegnarsi per mettere nel motore della Costituzione la benzina necessaria perché i valori scritti nella Carta diventino realtà viva. E poi l’intelligenza e la tenacia con cui persegue i suoi obiettivi che collimano perfettamente con gli interessi generali. Non è un caso che alcune delle leggi che rientrano nel bilancio positivo delle Legislatura ( in particolare Codice antimafia e caporalato) lo ha hanno visto fra i principali protagonisti.

La lettera di Don Luigi Ciotti

A Davide non dico grazie.

Tutto ciò che di buono ha fatto in questi cinque anni di attività parlamentare – di cui queste pagine offrono ampio resoconto – non è nient’altro che il suo dovere di persona e di cittadino.

Chi viene dal “sociale” – e Davide da lì viene – lo sa.

Sa che la politica, prima che una professione, è un servizio, uno dei più complessi e coinvolgenti. Paolo VI lo definì «la più alta e esigente forma di carità».

Parole quanto mai appropriate: politica è vivere per gli altri e negli altri, mettersi nei loro panni, assumerne i bisogni e condividerne le speranze. Occorrono conoscenza e competenza, certamente. Ma prima ancora sensibilità e generosità.

Il percorso di Davide Mattiello muove da questi presupposti. Ci conosciamo da molti anni. Abbiamo condiviso iniziative e progetti, avuto confronti e discussioni, a volte anche divergenze. Ma di lui ho sempre apprezzato la passione e l’integrità, qualità che hanno caratterizzato anche la sua attività di parlamentare.

Non è scontato. La politica, se non si è formati moralmente e culturalmente, rischia di diventare un addestramento al cinismo e all’opportunismo. È la malattia del potere, malattia subdola e contagiosa che non riguarda solo la politica e che spiega il persistere nel nostro Paese di mafie e corruzione.

Davide ne è stato immune. Ha saputo navigare in questo difficile mare senza tradire i suoi riferimenti etici e spirituali. Ha servito la politica, invece di servirsene. Ha dato prova di affidabilità e di serietà. Ha praticato la difficile arte dell’ascolto e della mediazione. È stato umile: dote rara in un’epoca in cui prevalgono l’egocentrismo, l’esibizionismo, l’autopromozione, la ricerca spasmodica di consenso.

Queste pagine, come detto, ne sono la prova. Dal codice antimafia al contrasto al caporalato, dall’edilizia scolastica alla normativa sui testimoni di giustizia – solo per citare alcuni temi – ha lavorato sodo per innalzare il grado di democrazia e di giustizia sociale. Ha fatto quello che dovrebbe fare ogni politico che abbia a cuore il bene comune, a prescindere dal partito.

Con le imminenti elezioni questa stagione difficile ma proficua volge al termine. Non so cosa Davide intenda fare. Ma so che qualsiasi cosa farà, lo farà con lo spirito di servizio e con il senso di responsabilità che nobilita non solo la politica ma l’esistenza intera di una persona.

Don Luigi Ciotti

(Per scaricare il bilancio di mandato puoi cliccare QUI)

Adesso alzare le pene del 416 ter

ROMA, 1 APR – “Ora dobbiamo alzare le pene del 416 ter”, il reato di voto di scambio politico mafioso. Lo afferma il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia e relatore per la maggioranza della riforma del 416 ter. “Il testo approvato dal Senato – spiega l’esponente dem – contiene anche pene piu’ severe per il 416 bis, associazione mafiosa, questa novita’ ci consente di proporre l’aumento delle pene previste per il 416 ter, mantenendo una proporzionale differenziazione tra le due condotte, entrambe gravissime, ma oggettivamente diverse”. “Un impegno – conclude Mattiello – che personalmente mi sono assunto da tempo, raccogliendo le perplessita’ espresse in particolare da Libera, promotrice dellaavanti sia stato fatto e altri ce ne attendono”. Lo dice il senatore Giuseppe Lumia, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia, commentando l’approvazione al Senato del ddl anticorruzione. (ANSA)

Le parole di Franco Roberti sul 416 ter

Elezioni: Roberti, rischio infiltrazioni mafia c’e’ sempreNuova legge su voto scambio coniuga efficienza e garanzie (ANSA) – ROMA, 9 APR – “Il rischio di infiltrazioni delle cosche nelle liste c’e’ sempre. E si tratta di infiltrazioni senza confini, perche’ le mafie hanno colonizzato il centro – nord, e’ difficile individuare le aree non a rischio”. Lo ha detto a Radio Capital il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, che ha aggiunto:“tra poco il Parlamento approvera’ in via definitiva la nuova legge sul voto di scambio e sara’ pienamente utilizzabile mentre la vecchia norma, del ‘92, non e’ mai stata utilizzata pienamente”. “Con la nuova legge – ha aggiunto – si trova un punto di equilibrio tra efficienza e garanzie. L’abbassamento delle pene e’ dovuto a una scelta del legislatore che ha voluto distinguere la condotta del voto di scambio da quella della partecipazione all’associazione mafiosa. Si tratta di una scelta politica, a noi interessava che la norma fosse pienamente utilizzabile e cosi’ e’”. Roberti inoltre ha commentato il fatto che Renzi non ha finora posto l’accento sulla lotta alla criminalita’ organizzata: “il Presidente del Consiglio fa bene a dire che di lotta alla mafia si e’ parlato troppo e fatto poco. Ora servono i fatti”. “La forza delle mafie resta sempre nei rapporti con la politica, le istituzioni e l’economia. Questi legami vanno recisi”, ha concluso. (ANSA).