Ora cambiamo l’agenda di Governo

Ora cambiamo l’agenda di Governo, anche ri-piantando un paletto nel discorso pubblico e nell’agire politico: mafie e corruzione sono il primo fattore di diseguaglianza sociale in Italia, vanno sconfitte.

Alcune priorità dalle quali ripartire.

  • La gestione delle carceri: Pasquale Zagaria torna in carcere ad Opera dopo il pasticcio della gestione Covid, che lascia sul tavolo altre questioni aperte e complesse come la valorizzazione del personale che il carcere fa funzionare, la sicurezza di tutti, la possibilità reale di riscatto sociale per chi sconta una pena.

 

  • L’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati: sta per scadere il bando con il quale vengono messi a disposizione direttamente del Terzo Settore oltre 1000 immobili confiscati, ma mancano i soldi per sostenerne la gestione e poi mancano ancora alcuni fondamentali decreti attuativi. Che senso ha portare via le ricchezze ai mafiosi se poi diventano monumenti all’assenza dello Stato?

 

  • Sono sempre meno i cittadini italiani che denunciano ciò che subiscono o che vedono commettere, non si sentono abbastanza tutelati dallo Stato. Eppure abbiamo ricordato con commozione il sacrificio del giudice Livatino: senza “ULISSE” il primo Testimone di Giustizia italiano che immediatamente chiamò i carabinieri perchè testimone oculare dell’omicidio del Giudice, forse giustizia non l’avremmo nemmeno oggi. La riforma del sistema di protezione giace, sospesa, senza alcuni decreti attuativi. Intanto, ancora oggi, chi denuncia la corruzione dentro la Pubblica Amministrazione è condannato a “cambiare aria” anzichè godere dell’apprezzamento dei superiori.

 

  • Mentre nel Mondo le donne reclamano libertà ed uguaglianza, in Italia non riusciamo a fare una norma che tuteli quelle donne straordinarie che decidono, spesso avendo figli piccoli, di rompere il legame con la propria famiglia di appartenenza perchè mafiosa, cercando nello Stato un appiglio per rinascere.

 

  • Le mafie, liquide o trasparenti che dir si voglia, lasciano sempre e comunque una lunga fila di “mollichine di pane” seguendo le quali si possono ricomporre a livello internazionale le mappe del potere criminale: sono sempre i soldi. Ma serve un deciso salto di paradigma rispetto agli strumenti materiali ed immateriali a disposizione degli investigatori per dare la caccia a queste “mollichine”.

 

  • Il Procuratore Nazionale Cafiero de Raho, ricordando Giancarlo Siani sulle pagine di Repubblica, ha denunciato l’afasia della politica nel tenere presente sempre la priorità del contrasto a mafie e corruzione: ha ragione, perchè è la politica che ha la responsabilità di animare il discorso pubblico, contribuendo con ciò a fare cultura, ad orientare i punti di vista. Se, per esempio, nel discorso pubblico prevalesse la tesi: contro la crisi bisogna fare soldi presto e tanti, cancellando le prudenze del Codice degli Appalti, delle interdittive prefettizie, della prevenzione amministrativa, sarebbe un enorme regalo alla cultura della illegalità.

 

  • La memoria di Livatino, di Siani, di Rostagno può essere una grottesca occasione di retorica narcisistica, per strappare qualche like, oppure può diventare maestra di vita: dipende dalla politica, dalle scelte che fa, dalle persone che decide di mettere in campo. Quanto siano attuali la vicenda di Giancarlo Siani e di Mauro Rostagno, assassinati perchè giornalisti caparbi e liberi lo dimostrano altri due nomi: Jan Kuciak e Daphne Caruana Galizia. E se a qualcuno sembrassero nomi di gente straniera, ricordo: sono nostri concittadini, perchè cittadini della Unione Europea, che sarà bene trasformare in una Repubblica federale, prima che la febbre dei nazionalisti, serva alle mafie internazionali anche questa maledetta vittoria.

Relazioni internazionali del crimine mafioso

Venti anni fa l’ONU a Palermo dichiarava guerra a mafia e corruzione con una conferenza mondiale impegnativa. Oggi cosa resta di quello sforzo?

Chi vuole salvare la democrazia e la credibilità della politica tenga a mente che “anti-mafia” vuol dire libertà: libertà dalla paura (perché NON è vero che le mafie sparano di meno e corrompono di più. Sparano come prima, per regolare i conti interni e fanno tanta paura), vuol dire lavoro libero e dignitoso VS caporalato e tratta di esseri umani, vuol dire imprese libere dalla concorrenza sleale di chi fa i soldi con la droga e poi apre ristoranti e autosaloni, vuol dire politica libera dai voti offerti a pacchetti da chi poi soffoca l’interesse pubblico, vuol dire lavori pubblici fatti come si deve e non come conviene a chi deve farci la cresta, vuol dire informazione libera dalla intimidazioni temerarie di chi ha i soldi per permettersi anche un killer, vuol dire ambiente salvo dai veleni di chi sa soltanto fottersene, vuol dire meno gioco d’azzardo legale e più scuole sicure.

L’Italia purtroppo e per fortuna ha una missione: condividere con il Mondo l’immenso patrimonio di saperi ed eseprienza accumulato in decenni di sacrificio ed impegno, perché anche questo è un modo per essere “costruttori di pace”. Cosa hanno in comune Miroslav Marcek, l’assassino di Jan Kuciak e Martina Kusnirova, Amedeo Matacena, Ciccio Pakistan, Nicola Assisi, Rocco Morabito?

Le relazioni internazionali del crimine mafioso. Soldi, politica, violenza si muovono veloci e a livello planetario, lo Stato-nazione riesce a fare sempre meno. Serve l’Italia migliore al governo del Paese, serve che l’Unione Europea diventi un Repubblica federale, serve una nuova CONFERENZA ONU a Palermo 20 anni dopo (perché anche lì’ONU va salvata dalla furia nazionalista, che fa il gioco delle mafie)

Sulla corruzione nel Codice Antimafia

Ma davvero con la riforma dell’art 1 del Codice Antimafia che allarga agli indiziati di corruzione la possibilità di applicare la prevenzione patrimoniale stiamo facendo una sciocchezza?

E’ stato detto che chi sia indiziato di vivere abitualmente di proventi illeciti già oggi è sottoponibile alla prevenzione patrimoniale, vero.

E’ stato detto che i mafiosi indiziati di usare la corruzione già oggi sono sottoponibili alla prevenzione patrimoniale, vero.

E’ stato detto che chi sia condannato per corruzione già oggi subisce la confisca penale e anche la confisca penale per sproporzione, vero.

Esiste allora uno “spazio” tra queste tre fattispecie che possa giustificare la necessità della nostra riforma dell’art.1?

Credo di si, e faccio l’esempio che a me sta più a cuore.

Sono convinto che il nostro tempo sia segnato dalla formazione di una criminalità organizzata che si caratterizza per segretezza, capacità di dirottare il processo di formazione della volontà pubblica, transnazionalità, digitalizzazione funzionale al controllo, al ricatto e al riciclaggio.

Questa convinzione nasce dalla osservazione di fatti soltanto apparentemente scollegati: dal disastro provocato dal virus “Wannacry” alla inchiesta “Occhionero” passando per la P4, i Panama Papers, fino ai più recenti attacchi hacker alla banca dati del Ministero degli Esteri.

Fenomeni che hanno una potenzialità eversiva per l’ordine democratico paragonabile alle organizzazioni terroristiche. Forse è per questo che proprio il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Franco Roberti, sia stato tra i primi a cogliere l’importanza di questa estensione normativa.

E’ sicuramente questo il motivo che mi ha spinto a depositare una proposta di legge modificativa della, così detta “Legge Anselmi”.

Queste organizzazioni sono qualificabili come mafiose alla luce del 416 bis? Inizialmente credo di no, anche se è probabile che evolvendo possano maturare quella “forza intimidatrice del vincolo associativo” che genera omertà e assoggettamento, che le farebbe rientrare nel 416 bis, con o senza la presenza di mafiosi appartenenti alle tradizionali organizzazioni.

Dobbiamo aspettare che diventino mafie a tutti gli effetti per contrastarle? Se lo Stato avesse contrastato la prepotenza dei campieri e debellato le coperture borghesi, sostenendo il movimento dei braccianti agricoli siciliani, forse non avremmo avuto la Cosa Nostra delle stragi.

Quindi perché aspettare?

Questo tipo di organizzazione rappresenta un pericolo per la democrazia sufficiente a giustificare l’utilizzo di quell’arma non convenzionale che sono le misure di prevenzione patrimoniale? Credo proprio di si, per le stesse ragioni che spinsero Pio La Torre ad immaginarle per le mafie tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Il patrimonio così accumulato e riconducibile a queste organizzazioni è di per se’ stesso pericoloso tanto per la democrazia quanto per il mercato e va eliminato dalla disponibilità delle organizzazioni medesime a prescindere dall’esito di processi penali che sanzionino le condotte personali più o meno associate.

Ecco che imbattersi in un soggetto seriamente indiziato di un reato contro la PA (non indiziato quindi di appartenere ad organizzazione mafiosa e nemmeno di vivere abitualmente di proventi illeciti), può significare imbattersi in una articolazione di questo tipo di sistema criminale. Può questa circostanza essere condizione sufficiente per avviare una indagine patrimoniale? Credo proprio di si. E qualora questa indagine patrimoniale mettesse in evidenza la disponibilità di beni di un valore incompatibile con il reddito dichiarato o l’attività economica svolta, sarebbe ragionevole procedere ad un sequestro di prevenzione? Credo proprio di si.

La prevenzione patrimoniale punta ad eliminare quel pericolo oggettivo rappresentato dalla ricchezza velenosa prodotta da condotte illecite, per sanzionare le quali c’è il processo penale: finalità e percorsi sono, o dovrebbero essere, chiaramente distinti.

Credo di non sbagliare dicendo che Pio La Torre, immaginando le misure di prevenzione patrimoniali in quel periodo storico, abbia voluto creare uno strumento di aggressione economica che prescindesse da quello penale, per arrivare prima della giustizia penale, se non sul piano della limitazione della libertà personale attraverso la detenzione (cosa che sarebbe stata e sarebbe intollerabile), almeno sul piano della ablazione della ricchezza. Forse fu anche una strategia per battere quella maledetta e mitica impunità che allora (Pio La Torre non vedrà mai funzionare il 416 bis) i mafiosi vantavano in maggioranza quando sottoposti al processo penale. Mutatis mutandis: oggi dovremmo parlare della impunità penale di cui troppo spesso godono i così detti “colletti bianchi” funzionali al tipo di operazioni cui mi riferisco sopra.

Credo che sarebbe stupido rifare da capo gli stessi “errori” che per 40 anni di storia repubblicana abbiamo fatto, perseguendo le singole condotte penalmente rilevanti, senza aggredire il sistema nel suo complesso, come poi avremmo fatto dall’82 in avanti, con ottimi risultati.

L’Europa, e non soltanto, dovrà imparare a fare i conti con questo tipo di organizzazione criminale, alzando gli scudi anche attraverso la prevenzione patrimoniale e sono convinto che ci metterà di meno a comprendere la portata di questa sfida rispetto a quanto ci abbia messo a comprendere la specificità della minaccia mafiosa. Per tanto non credo che ci sia il rischio che l’estensione dell’art. 1 provochi il rigetto di tutto il sistema della prevenzione patrimoniale, anzi scommetto che proprio per questo tramite se ne capiranno legittimità ed efficacia.

PS

E’ stato detto che il semplice indizio di colpevolezza fa scattare il sequestro patrimoniale, è falso. L’indizio di colpevolezza è soltanto l’innesco, a questo segue l’indagine patrimoniale che deve verificare la oggettiva disponibilità di una ricchezza non spiegabile col reddito dichiarato o con l’attività economica del soggetto indiziato.

E’ stato detto che il soggetto che subisce il sequestro patrimoniale è vittima di un provvedimento barbaro ed incivile, è falso. Il sequestro è soltanto il primo atto di un procedimento che ormai è sempre più paragonabile ad un processo penale sul piano delle garanzie della difesa e dei terzi coinvolti. La metà della riforma del Codice Antimafia ha ad oggetto proprio il miglioramento del procedimento, l’abbreviazione dei tempi, la maggiore trasparenza.

E’ stato detto che questo ampliamento metterà in ginocchio le imprese, è falso. Proprio la nostra riforma prevede l’introduzione dell’istituto del “controllo giudiziario” per le imprese (art. 34 bis. In aggiunta all’istituto dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34), che non conduce ne’ all’ablazione, ne’ allo spossessamento, ma ad un rigoroso e temporaneo controllo da parte dello Stato.

E’ stato detto che il sistema della prevenzione patrimoniale riguarda soltanto la mafia, è falso. Già oggi riguarda pure indiziati di altri delitti che non sono il 416 bis (per esempio tutti quelli cui si fa riferimento con l’art. 51 come 3 bis del cpp), e, senza che ci fossero levate di scudi, con questa riforma abbiamo ulteriormente allargato la platea agli indiziati di terrorismo. Dal che ancora di più si stenta a capire il motivo della rivolta per la corruzione.

E’ stato detto che la corruzione nel nostro Paese è un falso problema, strumentalmente enfatizzato… (cfr Papa Francesco)

 

Davide Mattiello

Roma, 7 Luglio 2017

Correre al voto? Regalo a mafiosi e corrotti

Inaccettabile sprecare per correre al voto, un regalo a mafiosi e corrotti. Sono convinto che il senso storico di questa infausta XVII Legislatura si sia consumato il 4 di Dicembre, con un penoso fallimento che rischia di ri-precipitarci nella ‘prima repubblica’. Ma se ora corressimo a votare senza nemmeno terminare l’iter parlamentare di alcuni provvedimenti che servono a contrastare meglio mafia e corruzione, il bilancio sarebbe davvero negativo.
Faccio alcuni esempi: la riforma del processo penale, che contiene l’aumento delle pene del 416 ter, coerenti all’innalzamento di quelle per il 416 bis; la riforma del Codice Antimafia che rafforza il sistema dei sequestri patrimoniali; la riforma del sistema di protezione dei Testimoni di Giustizia, cittadini onesti che non posso più essere confusi con i collaboratori; l’innalzamento delle tutele per amministratori, magistrati e politici che subiscono violenze e intimidazioni; la ratifica del Trattato di Cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi, necessaria a sventare la beffa dei latitanti italiani che li si rifugiano, puntando ad approfittare del 172 cp (l’estinzione della pena); la riforma dello IUS SOLI, che getta le basi per una migliore inclusione sociale di chi ha origini straniere. Sono provvedimenti questi a cui mi riferisco su quali esiste un consenso diffuso. Potremmo mai spiegare in campagna elettorale che abbiamo azzerato tutto per correre alle urne?

Corruzione: il rapporto di Riparte il futuro

La scarsa digitalizzazione tra i principali fattori di corruzione, l’Italia è in grande ritardo. Questo uno degli aspetti preoccupanti che emerge dalla presentazione del primo rapporto sulla corruzione redatto da RIPARTE IL FUTURO, che lavora sull’argomento dal 2012. Mi vengono in mente i gravi limiti dell’apparato informatico nella gestione del sistema di accoglienza primario denunciati ieri dal Prefetto Pantalone, capo del Dipartimento Libertà civili, ascoltata in Commissione Antimafia o i limiti del sistema informatico nella gestione delle confische patrimoniali più volte denunciato in questi anni e ora affidati alle cure del nuovo direttore della Agenzia Nazionale, Prefetto Sodano. Insomma: la digitalizzazione favorisce la trasparenza e questa a sua volta il controllo tanto istituzionale, quanto sociale. Purtroppo l’Italia, secondo il rapporto di RIF, è nel gruppo di coda dei Paesi europei. Eppure le conseguenze della corruzione sono chiare e odiose perchè sono sempre i soggetti più vulnerabili a rimetterci. Bene ha fatto la Presidente Boldrini a ricordare alcuni importanti passi avanti fatti in questi quattro anni di Legislatura dalla riforma del voto di scambio politico-mafioso al falso in bilancio. Ma molto resta evidentemente da fare’

Codice antimafia: dobbiamo concludere l’iter!

La corruzione è già prevista dalla riforma del 2015, anche per questo dobbiamo concludere l’iter parlamentare. La riforma del Codice Antimafia nella parte relativa alle misure di prevenzione patrimoniale così come approvata dalla Camera dei Deputati l’11 Novembre del 2015 già allarga la platea dei soggetti ai quali possono essere applicate le misure della prevenzione patrimoniale, il sequestro e la confisca dei beni per intenderci, anche a chi sia indiziato di uno dei reati contro la pubblica amministrazione. In particolare abbiamo inserito il riferimento a peculato, malversazione, corruzione e concussione, nella piena consapevolezza che oggi queste condotte sono frequentemente spia di sodalizi criminali mafiosi o comunque ispirati al metodo mafioso. In queste settimane anche alcune autorevoli personalità, come il PM Nino Di Matteo, hanno ripetutamente richiamato l’esigenza della estensione della prevenzione patrimoniale ai ‘corrotti’, così come hanno fatto diversi Senatori della Commissione Giustizia che oggi hanno la responsabilità di licenziare il testo dopo oltre un anno e mezzo di stop. Insomma: un’altra buona ragione per la quale, come ha detto anche ieri il Ministro Minniti, non possiamo permetterci di far finire la Legislatura senza approvare definitivamente la riforma.

Corruzione: OCSE conferma il buon lavoro fatto

l’OCSE conferma la bontà del lavoro che abbiamo fatto sulla base del  ddl Orlando, abbiamo il dovere di concludere quanto prima l’iter parlamentare. Il giudizio dell’OCSE è particolarmente significativo proprio perché mette in relazione le nuove norme sulla prescrizione con l’efficacia del contrasto alla corruzione. La corruzione si è dimostrata in questi anni non soltanto diffusa e spesso spia di consorterie criminali di stampo mafioso, ma anche molto difficile da sanzionare sul piano giuridico anche a causa delle norme attualmente vigenti sulla prescrizione che sono gravemente inadeguate. Ecco: quando dico che Orlando ha dimostrato in questi anni consapevolezza e sensibilità sulla questione della legalità, penso proprio a norme come queste. Tanto meglio se pure l’OCSE è d’accordo

Corruzione: inchiesta ‘amalgama’ ennesimo campanello d’allarme

inchiesta ‘amalgama’ ennesimo campanello d’allarme, dopo Dama Nera e Labirinto, sul mare marcio della corruzione. Lo Stato ha una risorsa straordinaria per prevenire e comprendere questo crimine, non la mortifichi. Penso a quei cittadini che con professionalità diverse hanno negli anni denunciato il malaffare corruttivo e mafioso che riguarda il mondo del calcestruzzo, degli appalti e delle grandi opere. Cittadini diventati testimoni in processi delicati e per questo sottoposti a protezione o comunque seriamente provati dalla situazione che si è creata: penso a Gennaro Ciliberto e Luigi Gallo che con le loro denunce hanno contribuito ad arginare il malaffare che gira attorno ad ANAS, oppure a Gaetano Saffioti che si è opposto alla ‘ndrangheta, ma che non riesce più a lavorare in Italia, benché il suo calcestruzzo sia apprezzato in tutto il Mondo. Questi cittadini sono un tesoro repubblicano e il fatto che siano pochi di numero non deve essere un argomento per non mettere a loro servizio i migliori strumenti a disposizione dello Stato. Anche per questo è fondamentale che venga approvata al più presto la PDL 3500 in discussione in Com Giustizia alla Camera’

Camorra: Mattiello (Pd), giusta proposta Gratteri su agenti

(ANSA) – ROMA, 28 APR – “Un pubblico funzionario che ruba e fa accordi con i mafiosi va perseguito con gli stessi strumenti investigativi con cui si perseguono mafiosi e terroristi: sono pericolosi nello stesso modo. Sono d’accordo con Gratteri  sull’utilizzo di agenti sotto copertura e spero che si aprano gli spazi per una riflessione tra Governo e Parlamento”. Cosi’ il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia, sull’ipotesi di estendere ai reati economici contro la pubblica amministrazione la disciplina degli agenti sotto copertura rilanciata nella proposta della Commissione presieduta da Nicola Gratteri,neo procuratore della Repubblica di Catanzaro. “Il punto – osserva il deputato – e’ la proporzionalita’ tra il danno provocato da certe condotte e i mezzi con i quali la Repubblica si tutela, prevenendone la realizzazione, reprimendola e punendone gli autori. Gli agenti sotto copertura, che sono autorizzati a commettere certi reati insieme ai soggetti che si presume siano dei delinquenti, per accertarne la responsabilita’, vengono abitualmente adoperati per stroncare il traffico internazionale di droga o di armi. Il traffico di mazzette o di promesse, che avvelena la vita pubblica subordinandola agli interessi del crimine organizzato o comunque all’interesse privato, e’ meno grave? Quanto costa all’Italia la cattiva politica, in termini di decisioni non prese o di decisioni prese nel senso e nel modo sbagliato? E’ un costo enorme, molto piu’ grande del mero prezzo della corruzione”, conclude Mattiello.