Correre al voto? Regalo a mafiosi e corrotti

Inaccettabile sprecare per correre al voto, un regalo a mafiosi e corrotti. Sono convinto che il senso storico di questa infausta XVII Legislatura si sia consumato il 4 di Dicembre, con un penoso fallimento che rischia di ri-precipitarci nella ‘prima repubblica’. Ma se ora corressimo a votare senza nemmeno terminare l’iter parlamentare di alcuni provvedimenti che servono a contrastare meglio mafia e corruzione, il bilancio sarebbe davvero negativo.
Faccio alcuni esempi: la riforma del processo penale, che contiene l’aumento delle pene del 416 ter, coerenti all’innalzamento di quelle per il 416 bis; la riforma del Codice Antimafia che rafforza il sistema dei sequestri patrimoniali; la riforma del sistema di protezione dei Testimoni di Giustizia, cittadini onesti che non posso più essere confusi con i collaboratori; l’innalzamento delle tutele per amministratori, magistrati e politici che subiscono violenze e intimidazioni; la ratifica del Trattato di Cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi, necessaria a sventare la beffa dei latitanti italiani che li si rifugiano, puntando ad approfittare del 172 cp (l’estinzione della pena); la riforma dello IUS SOLI, che getta le basi per una migliore inclusione sociale di chi ha origini straniere. Sono provvedimenti questi a cui mi riferisco su quali esiste un consenso diffuso. Potremmo mai spiegare in campagna elettorale che abbiamo azzerato tutto per correre alle urne?

Corruzione: il rapporto di Riparte il futuro

La scarsa digitalizzazione tra i principali fattori di corruzione, l’Italia è in grande ritardo. Questo uno degli aspetti preoccupanti che emerge dalla presentazione del primo rapporto sulla corruzione redatto da RIPARTE IL FUTURO, che lavora sull’argomento dal 2012. Mi vengono in mente i gravi limiti dell’apparato informatico nella gestione del sistema di accoglienza primario denunciati ieri dal Prefetto Pantalone, capo del Dipartimento Libertà civili, ascoltata in Commissione Antimafia o i limiti del sistema informatico nella gestione delle confische patrimoniali più volte denunciato in questi anni e ora affidati alle cure del nuovo direttore della Agenzia Nazionale, Prefetto Sodano. Insomma: la digitalizzazione favorisce la trasparenza e questa a sua volta il controllo tanto istituzionale, quanto sociale. Purtroppo l’Italia, secondo il rapporto di RIF, è nel gruppo di coda dei Paesi europei. Eppure le conseguenze della corruzione sono chiare e odiose perchè sono sempre i soggetti più vulnerabili a rimetterci. Bene ha fatto la Presidente Boldrini a ricordare alcuni importanti passi avanti fatti in questi quattro anni di Legislatura dalla riforma del voto di scambio politico-mafioso al falso in bilancio. Ma molto resta evidentemente da fare’

Nel giorno della Memoria, un’interrogazione

Nel giorno della memoria della strage di Capaci depositiamo in Commissione Esteri una interrogazione sulla vicenda della mancata ratifica del Trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione tra Italia ed Emirati e in particolare sulla latitanza del già deputato Amedeo Matacena, in coerenza con la risoluzione che venne approvata in Com Giustizia a fine Ottobre 2016. Riteniamo che la memoria di Falcone, Morvillo, Montinaro, Schifani, Dicillo si debba onorare facendo al meglio il proprio dovere: in questo caso crediamo che non sia più sopportabile il ritardo nella ratifica di questo Trattato, proprio in considerazione del moltiplicarsi di vicende giudiziarie che portano a considerare gli Emirati una sorta di ‘zona franca’ per i delinquenti italiani che vogliano sottrarsi alla giustizia del nostro a Paese. Auspichiamo che il Governo proceda senza più indugi.

Ecco il testo:

INTERROGAZIONE IN III COMMISSIONE
Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale – Per sapere – premesso che:
sono passati circa due anni dall’accordo siglato dal Ministro della Giustizia italiano con le autorità degli Emirati Arabi in materia di cooperazione giudiziaria e di estradizione, consistente in un trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti, ed un accordo di cooperazione giudiziaria in materia penale fra i due Paesi, con l’intento di migliorare e intensificare la collaborazione fra Italia ed Emirati Arabi Uniti in materia di giustizia, alla luce, da un lato, della crescita dei rapporti economici, finanziari e commerciali e dell’aumento esponenziale del numero di connazionali residenti negli EAU e, dall’altro, dell’aumento delle richieste di estradizione e di assistenza giudiziaria formulate da parte italiana;
in particolare, con il Trattato di estradizione i due Paesi si sono impegnati reciprocamente a consegnare persone ricercate che si trovano sul proprio territorio, per dare corso ad un procedimento penale o consentire l’esecuzione di una condanna definitiva, mentre l’Accordo di mutua assistenza giudiziaria impegna invece Italia ed Emirati Arabi Uniti a collaborare in materia di ricerca e identificazione di persone, notificazione di atti e documenti, citazione di soggetti coinvolti a vario titolo in procedimenti penali, acquisizione e trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova, informazioni relative a conti presso istituti bancari e finanziari, assunzione di testimonianze o di dichiarazioni (ivi inclusi gli interrogatori di indagati ed imputati), espletamento e trasmissione di perizie, esecuzione di attività di indagine, effettuazione di perquisizioni e sequestri, nonché sequestro, pignoramento e confisca dei proventi del reato e delle cose pertinenti al reato. L’accordo prevede inoltre che l’assistenza possa essere accordata anche in relazione a reati tributari e fiscali; ad oggi l’Italia non ha ancora concluso questo percorso, ratificando il trattato, percorso così positivamente intrapreso dal Governo al fine di sanare una negativa smagliatura nei rapporti tra i due Paesi, che sono per altro ottimi partner commerciali soprattutto nei settori dell’energia e della difesa. Gli Emirati, per esempio, sono i primi importatori al mondo di sistema di difesa e armamenti italiani;
il 3 marzo 2016 la ratifica dell’accordo è stata presentata in Consiglio dei ministri per ottenerne l’approvazione, passaggio che sembrava una pura formalità, essendo stato preceduto dal placet dei Ministeri interessati, interno, giustizia, economia e finanze, ma punto all’ordine del giorno venne rinviato e il trattato rimandato per ulteriori approfondimenti. Pare che il nodo fosse legato alla pena di morte, presente nell’ordinamento emiratino, che farebbe sorgere riserve circa la possibilità di ratificare un accordo di questo tipo;
il Ministro Orlando, sin da subito, aveva reso noto l’interesse del Governo italiano in merito ad una pronta operatività dei due accordi;
va considerata in questo quadro, inoltre, positivamente la grande quantità di trattati che, opportunamente, il Parlamento sta approvando in questo periodo su materie analoghe. Per fare soltanto qualche esempio tra i più recenti votati alla Camera ci sono quelli con Austria, Vietnam, Andorra, Stati Uniti Messicani, Armeni, Iraq, Filippine;
la presenza di latitanti in quei territori, purtroppo ad oggi, non è affatto diminuita, e gli ultimi clamorosi fatti di cronaca accrescono la necessità e l’urgenza di una piena e completa operatività dell’accordo: il riferimento è, in ordine di tempo, prima all’individuazione negli Emirati di Cetti Serbelloni, che deve scontare una condanna definitiva per aver evaso tasse in Italia per circa un miliardo di euro, poi al ritrovamento di due opere di Van Gogh rubate ad Amsterdam nel 2002, riconducibili ad attività di riciclaggio del narcotrafficante Imperiale, lui pure individuato negli Emirati: si tratta di fatti che si aggiungono all’ormai da tempo noto caso dell’ex parlamentare Matacena, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nella fattispecie di ’ndrangheta e delinquenti dediti al riciclaggio internazionale come messo recentemente in evidenza dalle inchieste napoletane contro la camorra;
le autorità giudiziarie italiane, che si occupano di casi legati alle richieste di estradizione da quel Paese, hanno più volte segnalato come gli Emirati rischino di diventare una sorta di porto franco per latitanti italiani e riciclatori internazionali: diverse associazioni e personalità che si battono per la legalità e gli organi di informazione più volte si sono occupati della vicenda, con prese di posizione, servizi, inchieste, reportage e campagne, come per esempio quella del giornale online Ytali,
rilevato che:
in data 26 ottobre 2016 la Commissione Giustizia della Camera ha approvato la Risoluzione n. 800210 relativa al trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e gli Emirati
arabi uniti, sottoscritto il 16 settembre 2016, in cui si impegnava il Governo a presentare con urgenza, il disegno di legge per l’autorizzazione alla ratifica dei trattati di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti, sottoscritti dalle parti il 16 settembre 2015, ricercando le soluzioni maggiormente compatibili con la tutela dei principi costituzionali e nelle more della ratifica del trattato, a agire in via diplomatica al fine di ottenere l’estradizione di Amedeo Matacena;

– Se sia stato dato corso – per quanto di competenza – a quanto previsto nella Risoluzione n. 800210 approvata il 26 ottobre 2016 in II Commissione;
– Quali siano le azioni diplomatiche messe in campo al fine di ottenere l’estradizione di Amedeo Matacena

Processo penale: sia messa la Fiducia

C’è un solo modo per essere certi di chiudere la partita sul processo penale: mettere la fiducia alla Camera come è stato fatto al Senato. Condivido le parole della Sottosegretaria alla Giustizia Chiavaroli, perché sulle intercettazioni bisogna sempre partire dalla premessa contenuta nella Costituzione che sancisce la sacralità della privacy nelle comunicazioni tra privati. Diversamente saremmo in uno Stato di Polizia e invece la nostra è una Repubblica fondata su una Costituzione antifascista. Ciò posto. le intercettazioni sono uno strumento investigativo altrettanto importante e la legge, che si perfeziona attraverso il testo di riforma del processo penale che dobbiamo votare la prossima settimana, disciplina l’equilibrio che deve esserci tra esigenze di giustizia ed libertà fondamentali. Per altro la nostra linea è in sintonia con quanto alcune delle principali Procure italiane hanno già stabilito autonomamente rispetto alla gestione di ciò che dopo essere stato intercettato risulti irrilevante ai fini della indagine per cui si procede

C’è chi non vuole dimenticare Falcone

C’è chi non vuole ‘dimenticare Falcone’, l’ho ribadito con forza, riconoscendo il rischio che pure stiamo correndo a 25 anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Onorare quelle memorie significa per esempio compiere l’iter parlamentare del nuovo Codice Antimafia, la cui importanza è stata ribadita anche dai responsabili della CGIL. Pio La torre, Chinnici e Falcone ci hanno insegnato la centralità delle confische patrimoniali di prevenzione oltre a quelli penali al fine di contrastare l’espansione dei sodalizi mafiosi. Come possiamo pretendere con autorevolezza che l’Europa faccia proprio questo modello se non riusciamo a farlo funzionare in Italia? Rischiamo di non essere credibili. Perché il problema non è tanto il sequestro quanto le fasi successive e soprattutto il reimpiego della ricchezza confiscata, prova finale del riscatto reale che lo Stato ottiene contro le mafie. Mafie che sono sempre più internazionali e finanziarie ed ecco perché abbiamo bisogno dell’Europa: non possiamo perdere altro tempo!

Codice antimafia: dobbiamo concludere l’iter!

La corruzione è già prevista dalla riforma del 2015, anche per questo dobbiamo concludere l’iter parlamentare. La riforma del Codice Antimafia nella parte relativa alle misure di prevenzione patrimoniale così come approvata dalla Camera dei Deputati l’11 Novembre del 2015 già allarga la platea dei soggetti ai quali possono essere applicate le misure della prevenzione patrimoniale, il sequestro e la confisca dei beni per intenderci, anche a chi sia indiziato di uno dei reati contro la pubblica amministrazione. In particolare abbiamo inserito il riferimento a peculato, malversazione, corruzione e concussione, nella piena consapevolezza che oggi queste condotte sono frequentemente spia di sodalizi criminali mafiosi o comunque ispirati al metodo mafioso. In queste settimane anche alcune autorevoli personalità, come il PM Nino Di Matteo, hanno ripetutamente richiamato l’esigenza della estensione della prevenzione patrimoniale ai ‘corrotti’, così come hanno fatto diversi Senatori della Commissione Giustizia che oggi hanno la responsabilità di licenziare il testo dopo oltre un anno e mezzo di stop. Insomma: un’altra buona ragione per la quale, come ha detto anche ieri il Ministro Minniti, non possiamo permetterci di far finire la Legislatura senza approvare definitivamente la riforma.

Senato: ritirare emendamenti a Codice Antimafia

(ANSA) – ROMA, 8 MAG – “Ritirare gli emendamenti in Senato è l’unica via per non far saltare la riforma del codice Antimafia: a sostenerlo è il deputato del Pd Davide Mattiello, relatore del provvedimento alla Camera. "Dopo oltre un anno e mezzo di stop, il Senato – afferma Mattiello – ha calendarizzato per il 16 Maggio l’arrivo in Aula della riforma, ma con la clausola ‘ove concluso’ dalla Commissione Giustizia. La Commissione Giustizia, qualora continuasse la discussione sul punto più problematico, quello delle competenze della Agenzia, rischierebbe di non concludere in tempo, con ciò perdendo l’appuntamento col l’Assemblea”. Mattiello evidenzia che se si volesse estendere la competenza della Agenzia anche ai sequestri, il lavoro della Agenzia aumenterebbe esponenzialmente e si dovrebbero trovare coperture impossibili per potenziarla, “facendola diventare una specie di nuova Iri. Diversamente il sistema collasserebbe.
L’equilibrio a suo tempo trovato alla Camera, d’intesa col Governo, è efficiente e tiene conto del bisogno rappresentato dalla magistratura di essere coadiuvata nella gestione dei sequestri e delle confische non definitive: infatti il testo approvato nel 2015 prevede la possibilità di farsi assistere dalla Agenzia. Con la Legislatura che volge al termine, l’atto politico più responsabile sarebbe ritirare gli emendamenti su questo punto e portare il testo in Aula il 16 maggio”

Agenzia Beni Confiscati: NO a una nuova Iri

Nel giorno dell’avvicendamento al vertice dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, rinnovo l’appello ai Ministri dell’Interno e della Giustizia: sarebbe un errore grave trasformare l’Agenzia in una nuova ‘IRI’. Immaginare, come pare stiano facendo i Senatori in Commissione Giustizia, di estendere la competenza dell’Agenzia alla gestione dei beni beni fin dalla fase del sequestro significa o far esplodere definitivamente l’Agenzia medesima o trasformarla in una super struttura come risorse paragonabili a quelle di un ministero. Davvero si vuole questo? E dove sono le coperture necessarie? Noi alla Camera abbiamo trovato un equilibrio utile, concentrando le funzioni dell’Agenzia sulla fase della destinazione e del controllo di ciò che avviene dopo la destinazione: ad oggi non si fa praticamente mai e invece non è cosa meno importante che destinare rapidamente i beni definitivamente confiscati. Intanto un pensiero di gratitudine al Prefetto Postiglione che va in pensione dopo aver guidato con energia l’Agenzia in questi anni, intensificando significativamente le destinazioni dei beni e moltiplicando i protocolli a sostegno dei progetti di riutilizzo: auguri di buon lavoro al Prefetto Sodano, che lo sostituisce

Riforma codice antimafia: rischiamo di buttare via tutto!

(ANSA) – ROMA – “Chiedo al Ministro Orlando di promuovere una riunione urgente sulla riforma del Codice Antimafia”. A dirlo è il deputato Pd Davide Mattiello. “Ho partecipato oggi – spiega – alla manifestazione nazionale convocata dai sindacati a Portella della Ginestra a 70 anni dalla strage di lavoratori, lavoratrici e bambini che segnò il debutto in epoca repubblicana della convergenza di interessi tra criminalità organizzata e pezzi di Stato: la liberazione del lavoro da ogni forma di mafia era allora ed è ancora oggi cartina di tornasole per capire la qualità democratica del nostro Paese. Lo sapeva bene Pio La Torre, padre del sistema di prevenzione patrimoniale che consente l’aggressione dei capitali illeciti e lo sa bene questo Parlamento che da quattro anni lavora al potenziamento del Codice Antimafia. Il Senato, che ha tenuto fermo il testo per oltre un anno e mezzo, adesso, con la Legislatura che volge al termine, non soltanto lo sta modificando, ma rischia di farlo stravolgendo l’impianto votato dalla Camera, che è coerente con la proposta uscita dalla Commissione Antimafia nel 2014”. “Ora – conclude il deputato che è stato relatore alla Camera del provvedimento – visto che la Commissione Antimafia è composta anche da 25 Senatori, alcuni dei quali fanno anche parte della Commissione Giustizia del Senato, vorrei proprio capire cosa è cambiato. In questo modo l’esito probabile del percorso è quello di buttare via tutto e credo che nessuno se lo possa permettere”

Su antimafia e credibilità

La lotta alle mafie e alla corruzione ha bisogno di credibilità, invece viviamo ancora troppi paradossi e i cittadini italiani si allontanano dalla politica.
Per esempi: domani ricorderemo l’assassinio di Pio La Torre e di Rosario Di Salvo, uccisi 35 anni fa, soprattutto a causa dell’impegno di La Torre sul fronte innovativo e fondamentale dell’aggressione ai patrimoni mafiosi. Ma con che faccia ne parleremo visto che la riforma del Codice Antimafia, che serve proprio a potenziare il sistema delle confische, dopo essere stata approvata dalla Camera a Novembre del 2015 è ferma in Senato? Con che faccia ne parleremo, sapendo che in Senato qualcuno prepara emendamenti per stravolgere il testo licenziato dalla Camera, con il probabile esito di lasciare tutto come è? Eppure allo scoppio del “caso Saguto” tutti a chiedere, giustamente, norme più rigorose nella gestione dei beni sequestrati e confiscati: ecco, quelle norme sono nel testo della Camera e rischiamo di buttare via tutto. Dopo domani saranno 70 anni dalla strage di Portella della Ginestra che segna simbolicamente l’inizio in epoca repubblicana della ininterrotta convivenza tra pezzi di Stato e mafia. Con che faccia ne parleremo se ad oggi, pur sapendo quanti pericolosi latitanti italiani fuggono alla giustizia rifugiandosi a Dubai, non siamo ancora riusciti ad approvare il Trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione con gli Emirati Arabi, nonostante che nel Settembre del 2015 il Ministro Orlando abbia firmato con il suo omologo emiratino l’accordo di cooperazione? Non rischia questa situazione vergognosa di suonare come una conferma della attualità e resilienza di rapporti altolocati tra mafie e pezzi di Istituzioni? Ultimo esempio: le parole del procuratore di Catania Zuccaro sulle ONG. Se la preoccupazione del procuratore è quella di segnalare il pericolo di una possibile convergenza criminale tra gli interessi degli scafisti e gli interessi di certa cooperazione non governativa, vorrei tranquillizzare il Procuratore: la sveglia è suonata per tutti, anche per i più pigri, il 2 dicembre del 2014 con gli arresti di Mafia Capitale. Da allora in tanti abbiamo fatto quello che abbiamo potuto per alzare le difese, anche con l’approvazione in Parlamento di norme più stringenti sul sistema di accoglienza. Piuttosto vorrei segnalare al procuratore Zuccaro, che ha una grande esperienza sul fronte dell’antimafia, che frasi del genere posso servire a coloro che intendono distruggere un intero sistema, esattamente come accadde con i collaboratori di giustizia.