La politica piemontese censuri il ricorso alla sottovalutazione ed alla ingenuità

L’arringa dell’avvocato Piazzese dovrebbe far riflettere la politica piemontese.

Almeno quella democratica. Almeno quella che avversa la mafia, i suoi voti, il suo potere di condizionamento e di intimidazione. Tanto più ora che stanno per andare ad elezione per il rinnovo di Sindaco, Giunta e Consiglio ben 93 Comuni, tra i quali tre capoluoghi come Asti, Alessandria, Cuneo e per quanto riguarda l’area metropolitana torinese, Comuni come Chivasso e Caselle. 

L’avvocato Piazzese difende Roberto Rosso dall’accusa di essersi accordato con due boss di ‘ndrangheta del calibro di Onofrio Garcea e Franco Viterbo per la campagna elettorale delle regionali del 2019. 

Ne fa una cronaca su La Stampa Giuseppe Legato, alla quale volentieri rimando (qui).

Sarà ovviamente il Tribunale a valutare sul piano penale gli argomenti adottati dall’avvocato Piazzese per salvare il suo assistito dalla condanna, ma rilevano per una più ampia riflessione perché da un lato ripropongono la solfa della “sottovalutazione”, della “ingenuità”, dall’altra aprono il vaso di pandora delle altrui condotte, in particolare quella di Bertot, ritenute, dall’avvocato, assai più gravi di quelle di Rosso eppure diversamente considerate ed in fine illuminano ancora una volta la vicenda di Domenico Garcea per il quale in verità sarebbero stati raccolti i voti dai cugini mafiosi. Povero Rosso, verrebbe da dire: cornuto e mazziato. Accusato di voto di scambio, lui che i voti li avrebbe pagati per davvero, e per di più frodato dai mafiosi (altro che “uomini d’onore”!!) che avrebbero preso i soldi, ma poi avrebbero votato e fatto votare l’attuale vice presidente vicario del Consiglio Comunale di Torino e membro della Commissione legalità, Domenico Garcea, mai indagato per questi fatti. 

La politica piemontese, a prescindere dalle valutazioni dei Tribunali, dovrebbe una volta per tutte censurare il ricorso alla “sottovalutazione” ed alla “ingenuità”. Dopo l’assassinio di Bruno Caccia nel 1983, dopo l’ondata di inchieste e condanne innescate più recentemente dall’operazione Minotauro nel 2011, non è possibile fare spallucce: la mafia c’è, fa grassi affari non soltanto nel campo dell’edilizia, cerca di condizionare le campagne elettorali ed ha agganci altolocati anche con ambienti insospettabili. Bisogna pretendere un livello altissimo di attenzione nella individuazione delle candidature e nella conduzione delle campagne elettorali. Cosa pensano di fare i partiti (movimenti inclusi) in vista delle comunali?

Infine, non so se l’arringa dell’avvocato Piazzese servirà a scagionare Roberto Rosso dalle accuse, ma mi pare che intenda porre almeno un dubbio di carattere generale: come mai condotte apparentemente analoghe, hanno ricevuto attenzioni tanto diverse? Eppure la legge dovrebbe essere uguale per tutti e l’azione penale obbligatoria. 

Domenico Garcea: facciamo chiarezza attraverso le carte

Abbiamo posto semplicemente (!) una questione di opportunità politica e di coerenza morale, abbiamo auspicato semplicemente (!) una presa di posizione netta. Abbiamo ottenuto reazioni spudoratamente mendaci. Ma c’è sempre tempo e forse una più meditata lettura di questi stralci potrà aiutare:

 

Per approfondire il caso leggi i miei precedenti articoli

 

 

Garcea: il campo che ho indicato è quello del politicamente inopportuno e del moralmente ripugnante

Sulla infausta nomina del Consigliere comunale Domenico Garcea nella Commissione speciale “Legalità” del Comune, alcuni ulteriori spunti di riflessione. E qualche domanda. 

A coloro che si sono indignati (!) per quello che ho scritto, riempiendosi la bocca di presunto “garantismo” rispondo: che c’entra! O siete ignoranti o siete in mala fede. Il “garantismo” attiene al campo del penalmente rilevante che io ho esplicitamente escluso rispetto alla vicenda, fino a prova contraria. Non è una colpa di per sè avere un parente delinquente. Il campo che ho invece indicato è quello del politicamente inopportuno e del moralmente ripugnante.

A coloro che mi hanno chiesto come mai sollevassi questa questione di opportunità ora e non quando Domenico Garcea è stato nominato vice-presidente del Consiglio comunale rispondo: l’inopportunità politica è relativa alla specifica responsabilità ricoperta. Di cosa si occuperà la Commissione speciale “Legalità” del Comune di Torino? Anche di studiare le più rilevanti inchieste giudiziarie aperte negli ultimi anni, che riguardano precisamente la presenza della ‘ndrangheta sul nostro territorio, gli affari e le collusioni con la politica, al fine di elaborare ipotesi di provvedimenti utili a prevenire e contrastare il fenomeno. Tra queste inchieste c’è sicuramente quella composta da “Carminius” e “Fenice”, nella quale si ritrovano proprio i protagonisti di questa vicenda. 

A coloro che mi hanno chiesto: ma che ti aspetti? Che Domenico Garcea venga escluso dalla Commissione? Rispondo: no, mi aspetto prima di tutto una cosa molto più semplice, presupposto di ogni altra eventuale considerazione e cioè che dica la verità, pubblicamente, come si conviene ad un politico che non voglia essere tacciato di reticenza. La verità su cosa? E così arrivo alle domande.

Domenico Garcea è cugino di Onofrio Garcea, patentato dalla Cassazione come ‘ndraghetista di primo piano?

Domenico Garcea ha uno zio che si chiama nello stesso modo del cugino, Onofrio Garcea, fratello del padre Raffaele: in almeno due post ha fatto riferimento a questo parente, come a suggerire uno “scambio di persone”?

Domenico Garcea intende dissociarsi dalle condotte criminali del cugino, condannandole apertamente?

Domenico Garcea esclude che il cugino si sia interessato alle sue campagne elettorali?

Domenico Garcea cosa pensa della ‘ndrangheta?

A cosa servirebbero risposte chiare a queste domande? A preservare la credibilità della Istituzione, in questo caso la Commissione speciale “Legalità”, perché la credibilità delle Istituzioni è fatta dalla reputazione di chi le incarna temporaneamente e la reputazione di una persona si nutre anche delle posizioni assunte pubblicamente su temi delicati.

Domenico Garcea decida se ispirarsi a Peppino Impastato o a Lucia Riina.

Inopportuno che Domenico Garcea faccia parte della Commissione Legalità del Comune di Torino

Dare conto pubblicamente delle proprie posizioni non va più di moda, a quanto pare. 

Un buco nell’acqua provare a chiedere a Salvini se ritenga di prendere le distanze dall’amico Putin, idem quando si chiede al Presidente Cirio di censurare le posizioni assunte dall’assessore Marrone a supporto dei separatisti filo russi del Donbass…Chissà se si riuscirà a cavare una parola chiara almeno dal consigliere comunale Domenico Garcea, eletto a Torino nelle fila di Forza Italia ed appena nominato componente della Commissione consigliare speciale “legalità” del Comune.

Il Consigliere Domenico Garcea, mai nemmeno indagato per i fatti a cui mi riferisco, è cugino di Onofrio Garcea, condannato in primo e secondo grado per voto di scambio politico mafioso in esito del processo celebrato con rito abbreviato, scaturito dalla indagine denominata Fenice (proprio la stessa che ha portato all’arresto dell’Assessore regionale Roberto Rosso), che ha avuto ad oggetto la campagna elettorale per le regionali del 2019, alle quali Domenico era stato candidato sempre da Forza Italia. Allora Domenico non venne eletto, piazzandosi alle spalle di Tronzano con un ragguardevole numero di preferenze: oltre 700.

È un fatto che Onofrio Garcea sia ‘ndraghetista patentato dalla Cassazione, che ha reso definitiva la condanna a 7 anni e 9 mesi in esito al processo Maglio 3 celebrato a Genova, ritenendolo capo dell’articolazione genovese della ‘ndrangheta fino al 2012.

È un fatto, chiaramente deducibile dalle motivazioni della sentenza di primo grado che Onofrio Garcea ed il suo sodale criminale Francesco Viterbo si interessarono assai alla campagna elettorale di Domenico.

È un fatto che Domenico abbia una sorella, Chiara.

È un fatto che Chiara, sorella di Domenico e cugina di Onofrio fosse anche (almeno al tempo) la fidanzata di quest’ultimo.

È un fatto che Chiara si sia data un gran da fare per la campagna elettorale del fratello e che ne abbia parlato più volte con il cugino-fidanzato.

È un fatto che Chiara fosse non soltanto consapevole della caratura criminale del cugino-fidanzato, ma che ne fosse tanto orgogliosa. Agli atti resta la più iconica dichiarazione d’amore che in materia ci si possa aspettare di leggere: “Io sono andato a prendermi un uomo con i coglioni! Un uomo che sapevo che ci aveva a che fare con chi ci aveva a che fare! Eh! Un uomo che quando entrava in un locale, sapevo che gli aprivano le porte! Non un coglione del cazzo! (…) Ascolta sei tu quello che fa lo ‘ndranghetista!” Puro amore insomma!

Non risulta alla Procura che Domenico fosse a conoscenza del sostegno realizzato dal cugino, sollecitato dalla sorella e per questo Domenico non è stato, ripeto, nemmeno indagato.

Tutto ciò posto, abbiamo imparato che il perimetro del penalmente rilevante NON coincide con quello del politicamente inopportuno e NON coincide con quello del moralmente ripugnante.

I giudici fanno il loro mestiere che non risolve il mestiere di chi fa politica.

Considerati gli stretti legami famigliari tra Onofrio, Chiara e Domenico Garcea a me pare inopportuno che proprio quest’ultimo sia stato chiamato a comporre la Commissione Legalità del Comune di Torino. 

Sarebbe quanto meno necessario che Domenico prendesse pubblicamente le distanze da questi fatti, condannandoli esplicitamente: ad un politico è legittimo chiedere la parola ed il politico ha sempre la responsabilità di scegliere tra reticenza e chiarezza.