Caro Presidente Mattarella

Caro Presidente Mattarella,
così alla fine sarà lei a rappresentare gli italiani il 23 Maggio e poi il 19 Luglio, durante le commemorazioni che si terranno per i trent’anni dalle stragi del 1992: grazie (anche per questo)!
La rabbia, lo smarrimento, la paura che pervasero l’Italia dopo quei terribili attentati, segnano anche questo tempo, pur avendo oggi motivi differenti. Motivi che a Lei sono ben chiari, tanto da essere stati determinanti nel farle accettare la rielezione, come lei stesso ha voluto sottolineare con le sue prime parole.
A pagare il prezzo più alto di questa congiuntura sono i giovani ed i giovanissimi.
I bambini che quasi non ricordano più come era stare senza mascherina, gli adolescenti che soffrono di forme di ansia sempre più preoccupanti, i giovani che cercano di affacciarsi al presente, sperimentando con fatica il proprio protagonismo.
Sono certo che un posto nelle sue riflessioni in vista del discorso che terrà per il suo insediamento ce lo ha Lorenzo Parelli, il diciottenne morto in fabbrica nel suo ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro e probabilmente ce lo hanno anche i tantissimi ragazzi e le tantissime ragazze che nei giorni successivi sono scesi in piazza con lo slogan “Potevo essere io”, o che hanno occupato le scuole, per chiedere un maggior rispetto delle loro vite e delle loro legittime aspirazioni.
Manifestazioni segnate in diversi casi da tensioni con le Forze dell’Ordine che hanno reagito con modalità parse a molti sproporzionate e dunque incomprensibili.
Sono situazioni che richiedono il massimo dell’attenzione perché ne va della qualità della democrazia presente e futura, come la storia della nostra giovane Repubblica ci dovrebbe avere già insegnato. Esiste un equilibro delicato tra il rispetto delle regole e l’obiezione, tra il far rispettare le regole e l’abuso di potere, tra la libertà di ciascuno e la prepotenza di qualcuno. Un equilibrio che va rifondato ad ogni passaggio di testimone generazionale e che comunque non è mai dato una volta per tutte, perché sempre mutano le circostanze e gli “ecostitemi” culturali. Per chi oggi è giovane in gioco c’è il rapporto con le Istituzioni, il rapporto con il principio di legalità, la capacità di stare in un modo o in un altro dentro il conflitto per la gestione del potere pubblico, insomma: il modo con il quale si diventa cittadini.
La democrazia emancipante fondata dalla nostra Costituzione richiede a tutti lo sforzo di tenere insieme il valore delle regole con la capacità di innovarne significato e forma, senza tabù. In questo senso tanto sono preziose le regole, quanto lo sono le “eccezioni”, cioè le manifestazioni di dissenso, financo di disobbedienza civile, se con senso di responsabilità cercano di traghettare il “già” verso il “non ancora”. Senza questa tensione non sarebbe stato possibile nemmeno organizzare il pool antimafia di Palermo, in un momento storico nel quale l’ordinamento non consentiva in alcun modo che magistrati titolari di inchieste differenti potessero condividere informazioni riservate. Ma la necessità di organizzare pool di magistrati era ineludibile a causa della violenza con la quale si manifestavano fenomeni criminali come il terrorismo brigatista e la mafia, almeno se ne avessero ammazzato uno, gli altri avrebbero potuto andare avanti. E così si fece, fino a quando la regola non cambiò. Fu anche grazie a questa “disobbedienza civile” che si riuscì ad istruire il maxi processo contro Cosa Nostra, che proprio il 30 Gennaio del 1992 vide la sua consacrazione da parte della sentenza definitiva della Cassazione, che accolse in toto la validità dell’impianto accusatorio e consentì di perfezionare la prima grande vittoria dello Stato sulla mafia.
Lei Presidente è anche per questo la persona giusta al posto giusto: saprà senz’altro trovare le parole più adatte ed ha l’autorevolezza per farle ascoltare. Con lei si può riannodare il filo del discorso democratico con una intera generazione che ha fame di punti di riferimento credibili.

Abbiamo bisogno di più scuola per battere le mafie

Assieme al contrasto delle infiltrazioni mafiose nell’economia, è la scuola il fronte più urgente. Non mi riferisco alle lezioni in presenza o a distanza, ma ai contenuti. Ritengo che i giovani debbano essere formati ad una società democratica e solidale, capace di svilupparsi rispettando la dignità di tutti secondo i valori della Costituzione. La pandemia sta lasciando indietro i ragazzi e le loro famiglie: stanno perdendo di pari passo potere di acquisto ed educativo. Se non si torna alla centralità educativa prevista dalla Carta, il rischio di regalare le giovani generazioni alle mafie è altissimo e questo dobbiamo impedirlo”.

Con queste parole si conclude una lunga intervista rilasciata da Cafiero del Raho a Massimiliano Coccia e pubblicata su L’Espresso di domenica 24 Gennaio.

Sono parole che dovrebbero ispirare l’azione di Governo molto di più di quanto non stia accadendo: sarebbe stato importante ascoltare un passaggio simile nei discorsi del presidente Conte alla Camera ed al Senato la scorsa settimana.

Sono parole illuminanti perché colgono il punto dirimente nell’irrisolto conflitto tra mafie e Repubblica: la forza delle mafie sta in un certo modo di stare al Mondo che purtroppo fa scuola, è di moda e rappresenta un serbatoio culturale velenoso ma seducente. Le mafie si sconfiggono facendo prevalere definitivamente un altro modo di stare al Mondo, quello effettivamente descritto dalla nostra Costituzione.

Una Costituzione che essendo anti-fascista è anti-mafiosa e questa non è una forzatura retorica perché fascismo e mafia hanno la stessa matrice culturale, quella suprematista e discriminatoria. Per fascisti e mafiosi gli esseri umani non sono tutti uguali in dignità, perché ci sono umani di serie A a cui tutto è dovuto e umani di serie B che devono ubbidire o morire.

La nostra Carta essendo antifascista si premura di rompere con il suprematismo discriminatorio proprio attraverso i primi quattro articoli ed in particolare con il secondo comma del terzo articolo che ordina alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che di fatto generano disuguaglianze ingiuste.

Quelle di Cafiero de Raho sono parole che provocano tanto quanto quelle celebri del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che disse a Bocca “Lo Stato assicuri ai cittadini quei diritti che altrimenti verranno dati dalla mafia in forma di favori”, proprio perché pronunciate da persone ai vertici degli apparati repressivi dello Stato, persone da cui si sarebbero potute sentire ben altre conclusioni, persone che invece di chiedere la militarizzazione del territorio o affini, chiedono, parafrasando Falcone “Un esercito di insegnanti”.

Abbiamo bisogno di più scuola, di scuola sicura, di scuola aperta ed alternativa all’altrove e alla strada, ma anche di scuola in strada, di scuola bella al punto da diventare attrazione turistica. Che rivoluzione sarebbe, girando per città, non restare meravigliati di fronte alle vestigia del potere, ma di fronte ad una scuola pubblica!

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L’8×1000 mandalo a scuola!

Il 22 novembre 2008 alle 10 del mattino crolla una parte del controsoffitto del liceo Darwin di Rivoli (TO). Nel crollo muore Vito Scafidi e molti suoi compagni di scuola restano feriti, tra cui uno in maniera gravemente invalidante.

Da allora l’associazione Acmos e la rete piemontese di Libera hanno tenuto accesa la luce sulla vicenda, stando accanto alla famiglia, presidiando le aule del Tribunale e enucleando proposte politiche. Nel 2010, con la nascita della Fondazione Benvenuti in Italia, il tema viene incardinato tra le priorità della stessa e di conseguenza, con l’ingresso in Parlamento di Davide Mattiello, viene portata all’interno del suo lavoro a Montecitorio.

Il tema dell’edilizia scolastica ha interessato con alterne vicende i diversi governi che si sono succeduti alla guida del nostro Paese nell’arco dell’ultimo decennio. Soprattutto negli ultimi anni, però, principalmente a seguito alla tragedia del Darwin di Rivoli, sono state attivate misure più precise e sono stati previsti stanziamenti di fondi ad hoc per il monitoraggio e la messa in sicurezza delle scuole sul suolo italiano.

Nel 2010 la neonata Fondazione Benvenuti in Italia lancia la proposta di destinare l’8×1000 all’edilizia scolastica, attraverso la campagna “8*1000, Mandalo a Scuola” (Quaderno n.1 della Fondazione). La proposta prevedeva di inserire nella formulazione dell’8×1000 la possibilità di indicare esplicitamente la “scuola pubblica” come destinataria della percentuale fiscale destinabile, grazie alla legge 222 del 1985, allo Stato.

Dopo l’avanzamento della proposta e alcuni passaggi parlamentari, nel dicembre 2013, grazie ad un emendamento inserito nella Legge di Stabilità 2014, è stato modificato l’art. 48 della legge 222/1985 introducendo il sostegno all’edilizia scolastica tra le destinazioni dell’8 per mille. L’emendamento riprende e rende effettive le proposte precedentemente presentate, frutto del lavoro fatto a partire dal 22 novembre 2008. La legge diventa operativa dall’autunno 2014.

Un ultimo passo in avanti è stato fatto con l’emendamento al decreto Sblocca Italia, che consente alle Provincie e alle Città Metropolitane di sforare il Patto di Stabilità per interventi di sicurezza scolastica. Il Patto infatti rischiava di bloccare l’uso dei fondi da parte degli Enti preposti, creando il paradosso di essere destinatari di contributi non utilizzabili. L’emendamento è stato proposto su sollecitazione della Fondazione Benvenuti in Italia e dell’Unione delle Province Italiane.

Ecco il testo del comma che ha innovato la legge 222 “Le risorse della quota a gestione statale dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui all’articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni, relative all’edilizia scolastica sono destinate agli interventi di edilizia scolastica che si rendono necessari a seguito di eventi eccezionali e imprevedibili individuati annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, anche sulla base dei dati contenuti nell’Anagrafe dell’edilizia scolastica”.

In scia con il lavoro fin qui rappresentato, il 28 novembre 2014 viene presentato un disegno di legge per l’istituzione del 22 novembre come Giornata Nazionale per la sicurezza nelle scuole. Primi firmatari Umberto d’Ottavio e Davide Mattiello. Proposta, quest’ultima, divenuta realtà nel 2015, all’interno della legge di riforma cd ‘Buona scuola’, n.107, legge 13 luglio 2015.