In memoria di Guerino Capolicchio, morto ieri.

Dovrei essere soddisfatto ed invece sono preoccupato.
Con la Legge 6 del 2018 il Parlamento approvava all’unanimità la riforma del sistema di protezione dei Testimoni di Giustizia alla quale avevo lavorato per quattro anni, insieme alla Commissione Antimafia. Il 21 Dicembre 2020 in Gazzetta arriva la pubblicazione di uno dei regolamenti attuativi più attesi, quello relativo alla possibilità di essere assunti nella PA. La misura è alternativa alla capitalizzazione ma è bene ribadire che entrambe le misure devono sempre essere ispirate al principio di fondo: servono a mettere il Testimone e gli altri protetti con lui nelle condizioni concrete più idonee a riprendere una vita libera e dignitosa.
La capitalizzazione è dunque una ragionevole alternativa se raggiunge questo obiettivo in concreto e non a prescinderne (perché calcolata secondo valori standard). E viceversa: l’assunzione nella PA è una alternativa ragionevole se in concreto rappresenta una opportunità non soltanto coerente alle competenze e alla sicurezza, ma anche alle aspettative di vita del testimone, aspettative di natura economica e non solo.
La burocrazia è prevedibilità ma non disumanità. Ma la preoccupazione cresce in assenza nel regolamento di una previsione ritenuta necessaria da tutti coloro che ci lavorarono fino al 2018: i Testimoni usciti dal programma PRIMA della riforma, che quindi non hanno potuto scegliere, devono essere ‘rivisitati’ dallo Stato che deve verificare se abbiano ritrovato autonomia e serenità attraverso la capitalizzazione oppure no e nel caso se sia opportuno farli rientrare nel programma di assunzione nella PA. Sono poche persone, ma persone che hanno scritto una pagina di storia in questo Paese. Un Paese dove non mancano le parole di denuncia contro le mafie, non mancano gli appelli al senso civico dei cittadini, invitati a denunciare, ma dove rischia di difettare il dovere della riconoscenza verso chi poi abbia preso sul serio lo Stato, oltre che la propria indomita coscienza.
Mi piace ricordarlo con questa immagine don Pino Puglisi assassinato da Cosa Nostra il 15 Settembre del 1993. In questa foto c’è il “perchè” più immediato della sua esecuzione: era pericoloso per la mafia perchè rappresentava una alternativa credibile, concreta, al modo mafioso di stare al Mondo per i ragazzi di Palermo. Se le mafie non fossero anche “cultura” sarebbero soltanto bande di criminali da anni sconfitte, invece no, perchè “mafia” in Italia è ancora un certo modo, spesso di moda, di vivere le relazioni di potere: dentro la propria famiglia (Maria Paola), tra bande, contro i “diversi” ed i più deboli (Willy), in politica, in economia. Ecco perchè la mafia teme la scuola, quando è libera e funziona, quando è più attrattiva della strada. Ecco perchè la mafia teme la politica quando non è fatta da persone che inseguono la pancia della maggioranza, ma si sforzano di battersi per ciò che credono giusto, costi quello che costi. Ecco perchè ha temuto la Chiesa, che nella Valle dei templi di Agrigento, per bocca di Papa Giovanni Paolo II aveva denunciato la radicale incompatibilità tra mafia e Vangelo e credo tema quella di Papa Francesco che arriva a definire “saccheggio” il modo di accumulazione capitalistico del Nord contro il Sud del Mondo. Oggi non è il 1993, quando la violenza abbondava spudorata nel convulso sforzo di ri-organizzare il Mondo anche dentro i nostri confini. Oggi sono più sofisticati i metodi per neutralizzare chi si oppone al modo mafioso di stare al Mondo, anche se hanno almeno una radice in comune: l’isolamento.
Ho partecipato alla redazione dell’appello a votare No al prossimo referendum del 20/21 settembre sul taglio dei parlamentari, aperto dalla Presidente Rosy Bindi e sottoscritto da oltre 100 firme in tutta Italia. Uno schieramento ampio e plurale, espressione delle diverse culture politiche progressiste, che si mobilita in difesa della democrazia parlamentare.
Il taglio dei parlamentari non inciderà sulla mancanza di efficienza ed efficacia del Parlamento, che richiede piuttosto una riforma seria del bicameralismo perfetto e dei regolamenti parlamentari. L’anomalia di un Parlamento di nominati verrà superata solamente da una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scelta, al contrario la riduzione numerica di deputati e senatori rafforzerà il potere delle segreterie di partito, rischiando di accentuare il profilo oligarchico delle Camere.
Un Parlamento rimpicciolito sarà inevitabilmente più debole di fronte ai veri poteri forti del Paese e meno rappresentativo. Saranno penalizzate le donne, che ancora non hanno ottenuto una effettiva parità di genere; le regioni più piccole e i territori meno popolosi, con gravi disparità. Inoltre, rischiano di non avere voce le formazioni più piccole, le minoranze, le diverse culture politiche del Paese.
La riduzione dei costi della politica non passa dal risparmio irrisorio che si otterrebbe con una rappresentanza dimezzata, ma dalla riduzione dei privilegi e dalla capacità di incidere sui costi dei poteri economico finanziari.
Il documento, aperto a tutti coloro che lo vorranno sottoscrivere, vuole essere anche un contributo rivolto a tutta l’area democratica e riformista, cattolica e laica, affinché abbia un sussulto di dignità politica e culturale di fronte ad un voto che non ammette silenzi, inerzie o semplice indifferenza. È possibile aderire sul sito noiperilno.it oppure con una email a noiperilno@gmail.com
Torino non è un rendering. Lo dico agli ‘alchimisti’ delle candidature, non basterà trovare qualcuno in grado di fare di Torino un aeroplano, se non sarà in grado di farci salire tutti i torinesi, che non ne vogliono sapere di stare a bordo pista con le bandierine colorate. Basta ascoltare quello che si dice in strada, c’è esasperazione, stanchezza, paura e non è soltanto questione di periferie. Tanti Torinesi non sanno come ripartire a Settembre, non sanno se dovranno scegliere tra lavoro e figli. La misura della delusione fa un arco nel cielo di Torino più grande di quello Olimpico e mentre la Città lancia la propria candidatura per le Universiadi, al villaggio Olimpico ex MOI bisogna ancora finire di portare via le macerie, intanto gli unici che in quel contesto hanno resistito per anni, facendo accoglienza e generando lavoro vengono lasciati soli a leccarsi le ferite. A Torino ci sono ancora tante persone pronte ad incoccare i propri sogni in questo arco di Città ma altrettanti sentono di non essere buoni più per alcun reclutamento.
Questa Torino non è la Milano astronave che ha eletto Sala e nemmeno la Torino orgogliosa che ha eletto Castellani, sembra più la Torino che elesse Novelli: una Torino dove sospetto e inquietudine rischiarono di soffocare solidarietà e diritti. Nell’ultimo libro di Fabio Geda ed Enaiat Akbari ad un certo punto si cita una frase di Danilo Dolci alla quale siamo molto legati: ‘Si cresce solo se sognati’: certo che la ‘visione’ è importante, ma deve sapersi mischiare di persone, le deve ri-guardare. Danilo Dolci aveva una visione chiara e lungimirante di come dovesse trasformarsi il Paese, ma non ne fece un dossier in carta patinata da presentare nel foyer di un teatro, si sdraiò sul pagliericcio dove nei bassi di Trappeto era morto di stenti un ragazzino a cui lo Stato aveva garantito soltanto pulci e paura e cominciò lo sciopero della fame perché quello Stato si convincesse a portare almeno le fogne a Trappeto. Le fogne a Trappeto si fecero e anche gli ultimi della fila sentirono di poter valer di nuovo qualcosa.
Abbiamo perso un’altra occasione buona e non è colpa di Alfredo. Ma del MEF che tanto ha fatto e tanto ha detto che l’emendamento fortemente voluto per dare ristoro alle vittime di racket che denunciano alla fine è stato stravolto (*).
Negli ultimi giorni abbiamo assistito al più grande sequestro mai effettuato al Mondo di tonnellate di anfetamine (un miliardo di € il valore sul mercato illegale), all’omicidio nelle campagne di Vittoria di Orazio Sciortino ex collaboratore di giustizia, all’inchiesta su una nuova Locale di ‘ndrangheta nel sud del Piemonte, guidata dai fratelli Luppino, che sarebbe riuscita anche a corrompere alcuni pubblici funzionari, agli arresti a raffica dei nuovi-vecchissimi affiliati di Cosa Nostra a Palermo, agli allarmi di Avviso Pubblico per le troppe intimidazioni ai Sindaci in Italia… ma niente, questo Governo NON ha in agenda una efficace strategia contro le mafie. Eppure liberare le persone che vivono nella paura dovrebbe essere una priorità e tra le priorità ci dovrebbe essere quella di sostenere gli imprenditori onesti che anzichè assecondare le mafie, si ribellano. Volevamo una norma che legasse l’obbligo di ricominciare a pagare le tasse allo Stato all’effettivo ristoro che lo Stato deve ai denuncianti e che in molti casi si attende per anni (!). Obiettivo fallito: il MEF ha sostenuto reiteratamente che così si sarebbe creato un danno erariale insostenibile (non commento più questo argomento, è vergognoso). Bisogna cambiare passo.
(* voglio ringraziare ancora una volta l’on. Verini che ha fatto il possibile per difendere insieme ad altri parlamentari, come l’on. Aiello, l’emendamento nella sua formulazione originaria. La riformulazione, approvata dal Governo aumenta di 2 milioni di € il Fondo per le vittime di racket… ma non era questo il problema)