ANSA in sciopero: senza informazione non c’è democrazia

I giornalisti di ANSA sono in sciopero da ieri e bisogna che questa novità faccia notizia. Si annunciano tagli ed ulteriore precarizzazione. Quando a raccontare la realtà saranno rimasti soltanto alcuni grandi gruppi industriali multinazionali che ne sarà della verità? Quindi della democrazia, perché è inutile girarci attorno: libertà e sovranità popolare dipendono dall’accesso ad informazioni di qualità. Non ho ancora ‘smaltito’ il modo indegno col quale è stato cacciato da Repubblica Verdelli, che arriva questa scelta drammatica della redazione di ANSA. Eppure nel Governo la sensibilità sull’argomento non dovrebbe mancare. Forza! La stampa libera é un bene pubblico!

Il comunicato di ANSA:
L’assemblea dei giornalisti dell’ANSA ritiene irricevibile il piano prospettato dall’azienda per recuperare gli ipotizzati minori ricavi legati all’emergenza sanitaria Covid-19. Le misure avanzate comprometterebbero gravemente la capacità dell’ANSA di assicurare un notiziario qualitativamente e quantitativamente adeguato alle esigenze del Paese in un momento in cui il ruolo dell’informazione è quanto mai essenziale. Un indebolimento, quello prospettato, che pare ancora più inconcepibile alla luce del riconoscimento della funzione che la politica tutta e le istituzioni hanno tributato all’Ansa in questa fase drammatica del Paese, nella quale il lavoro della redazione, che ha operato in smart working in assenza di dotazioni tecnologiche adeguate, è stato unanimemente ritenuto indispensabile nella lotta alle fake news. Per l’ennesima volta l’azienda intende raggiungere il pareggio dei conti scaricando i costi sui redattori e ancor peggio sui collaboratori e sui precari dell’agenzia privati, non solo di prospettive, ma anche di una retribuzione dignitosa, con la pretesa, inoltre, di raggiungere l’obiettivo entro il 2020. Con queste premesse si ritiene impossibile qualsiasi confronto con l’azienda, confronto che sarebbe ipotizzabile solo sulla base di una prospettiva di rilancio con una conseguente riorganizzazione del lavoro.

La redazione negli ultimi 15 anni ha subito progressivi tagli di organico e sacrifici economici che hanno compromesso il futuro dell’agenzia, rendendo così palese che l’assetto proprietario, immaginato 75 anni fa per garantire al Paese una fonte di notizie imparziale e indipendente, è ormai del tutto inadeguato ai tempi. I giornalisti dell’Ansa chiedono all’azienda un piano industriale e rivolgono un appello al Governo, al Parlamento, alla società civile e a tutte le forze democratiche, con cui proseguiranno un serrato confronto, perché facciano sentire la loro voce affinché si impediscano scelte che metterebbero a rischio uno dei principali pilastri del sistema informativo nazionale.

L’assemblea dei redattori dell’Ansa indice uno sciopero di 48 ore a partire dalle 7 di venerdì 15 maggio, proclama lo stato di agitazione e invita le redazioni a riunirsi subito dopo l’assemblea per definire possibili iniziative a sostegno dell’attività sindacale.

L’assemblea affida al Cdr un pacchetto di ulteriori 10 giorni di sciopero e lo sollecita ad avviare una azione che porti all’esterno la vertenza dell’ANSA attraverso una campagna di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei nostri lettori.

Il DL Rilancio non penalizzi il Terzo Settore

Dalla penalizzazione del Terzo settore danni sociali enormi: il Governo ci pensi bene. È fondamentale che in conversione del DL Liquidità il Parlamento modifichi l’art.1 includendo anche gli Enti non commerciali che svolgono attività di interesse generale non in regime di impresa, analogamente a quanto accaduto per la sospensione dei versamenti prevista dall’art. 18 dello stesso Dl. Chi si impegna quotidianamente a servizio della coesione sociale, cioè per fare in modo che nessuno rimanga indietro, non svolge soltanto una attività eticamente meritoria, svolge anche una attività economicamente rilevante prevenendo e attenuando tutte quelle circostanze umane che diversamente possono trasformarsi in sofferenza, solitudine, malattia, conflittualità, delinquenza. Cioè costi, costi e ancora costi!.

Basta guardare cosa succede quando in certe periferie urbane saltano i progetti di accompagnamento sociale, di inclusione lavorativa, di mediazione dei conflitti: bisogna mandare l’esercito e riempire lo spazio di telecamere. Oppure pensare che Save the Children stima in Italia un milione di minori in più a rischio povertà assoluta. La filantropia non basta! Pieno sostegno quindi alle posizioni recentemente espresse dal Sottosegretario Baretta.