Investimenti tagliati o sprecati: la storia dei “mafiosi scarcerati” per il Corona-virus è soltanto l’ultima spia

Magistrati di Sorveglianza e Agenti della Penitenziaria come i Medici ed gli Infermieri, carceri e ospedali pagano lo stesso male: investimenti tagliati o sprecati. Così si rischia di correre ai ripari malamente e la storia dei “mafiosi scarcerati” per il Corona-virus è soltanto l’ultima spia. Mi spiego.

Abbiamo imparato a chiamare i medici “eroi”, soltanto per carità di patria, per non alimentare polemiche in un momento drammatico, ma è sempre più chiaro che si scrive “eroe” e si legge: condizioni insostenibili dovute alla inadeguatezza colpevole del sistema sanitario. Ora infuria la polemica sulle decisioni della Magistratura di Sorveglianza che manda ai domiciliari detenuti per reati di mafia che rischiano la vita in carcere perchè esposti al contagio, perchè vecchi, perchè malati (*). La pressione sulla Penitenziaria da un lato così come sulla Magistratura di sorveglianza dall’altro è altissima eppure non dovrebbe essere così e non dovrebbe venire meno mai l’equilibrio tra rigore della pena e dignità della persona (quando si sfonda questo equilibrio si chiama tortura alias trattamento inumano e degradante).

Che fare? Come non farsi schiacciare da questo dilemma che viene strumentalmente calavancato da personaggi come Salvini? Pretendendo investimenti pubblici adeguati per garantire un’altra funzione essenziale dello Stato: la Giustizia. Il confine tra condizioni sopportabili e condizioni non sopportabili del detenuto e del personale penitenziario non è una variabile indipendente, al contrario dipende molto dalle strutture, dalle risorse materiali e personali e questo è vero in particolare per l’alta sicurezza e il “41 bis“. La montagna di denaro mobilitata per far fronte all’emergenza servirà anche a risolvere questi problemi? Vedremo. Intanto fa bene il Ministro Bonafede ad annunciare un maggior coinvolgimento della DNA, delle DDA e della Commissione Antimafia nelle valutazioni riguardanti detenuti per mafia: è un modo per condividere il peso della responsabilità ed evitare che qualche servitore dello Stato si trovi sovra esposto.


(* questa questione non ha nulla a che fare con la concessione di premialità a mafiosi detenuti che non collaborano con la magistratura… )

Davide Mattiello
Consulente della Commissione parlamentare antimafia

Covid-19 – Mafie: ormai il “Re” è nudo

Tra furbastri e distratti vince la mafia, ma ormai il “Re” è nudo e chi non coglie l’occasione rischia di essere complice. Mi spiego. La situazione vede da un lato schierate le mafie pronte a fare affari sfruttando l’emergenza COVID-19, dall’altro schierati gli imprenditori che per ripartire hanno bisogno degli aiuti di Stato e ne hanno bisogno al più presto, diversamente la tentazione di cedere alle lusinghe del denaro criminale sarà per molti irresistibile. Di fronte a questo tema il dibattito pare polarizzato tra chi, come Forza Italia (!), dice (tenetevi forte!): sostituiamo le procedure antimafia e antiriciclaggio con autocertificazioni e chi dice: sarebbe una follia rinunciare a questi presidi di legalità proprio ora che il rischio è maggiore. Che fare?

Abbiamo letto sui giornali che la “app” che dovrà tracciare in tempo reale i movimenti ed i contatti di milioni di individui per tutelare la salute pubblica dai contagi è stata individuata in una (1) settimana: ecco il “Re” nudo. L’epidemia, ci piaccia o no, ci dimostra la potenza del digitale, la tecnologia informatica è in grado di farci vivere in una “second life” permanente (google in 0,39 secondi mi trova oltre 4 miliardi e 600 milioni di risultati se digito “second life”, chiaro?) e noi stiamo ancora a discutere di certificati contro autocertificazioni?! Stiamo ancora ad auspicare l’unificazione delle banche dati a fini investigativi, la razionalizzazione delle stazioni appaltanti, una maggiore trasparenza amministrativa…Al magistrato Gian Carlo Caselli sono debitore di tante lezioni, ma tra tutte una mi torna utile ora, quella sulla “inefficienza efficiente” cioè sulla perversa capacità di chi, avendo il potere di risolvere situazioni complesse, le lascia sapientemente ingarbugliate perché proprio nel mantenimento della inefficienza del sistema sta la possibilità di lucrare e accumulare rendite di posizione: potere. Contro mafie e corruzione lo Stato è come un congegno dal quale spuntano fili che dovrebbero collegarsi ed invece si sfiorano soltanto facendo scintille: penso alla UIF, al Comitato per la sicurezza economica del MEF, alla Guardia di Finanza, agli ispettori, alla DIA, alla DNA, al DIS, alla cabina di regia presso il Viminale, al DAP, ai Tribunali per le misure di prevenzione, a quanto previsto dal d.Lgs 231 del 2007 (che per altro recepiva normativa europea!) eccetera, eccetera. Chi potrebbe con pazienza ed intelligenza collegare questi fili per riformare una volta per tutte la capacità digitale del nostro Paese nel contrasto a mafie e corruzione? La Commissione parlamentare antimafia.

Perché? Perché è il naturale luogo di ascolto e sintesi tra i vari “pezzi” dello Stato, perché è l’Istituzione più autorevole in materia che, non dovendo gestire l’emergenza, potrebbe occuparsi del futuro. Un futuro migliore, più libero e giusto, dove mafiosi e corrotti non abbiano ossigeno per trafficare. Non sarebbe bella una politica così?

Davide Mattiello
Consulente della Commissione parlamentare antimafia

Vittime di mafia, racket e usura: lo Stato non perda questa occasione, potrebbe essere l’ultima

La convergenza di interessi tra mafie, delinquenti ed emergenza Covid-19 è stata messa in evidenza ripetutamente in queste settimane. Bene!
L’urgenza di intervenire perché si eviti la saldatura tra imprenditori, famiglie in crisi e criminalità è stata riconosciuta. Bene!
Domani l’Italia comincerà a riaprire con prudenza e il Governo è impegnato a stabilire le priorità di intervento, quale migliore occasione per trasformare analisi allarmate e buoni propositi in fatti concreti?
Forse non è inutile ricordare ai cittadini italiani che già esistono leggi e strumenti per intervenire a sostegno delle vittime di usura, di racket, di mafia e dei reati intenzionali violenti. Questi strumenti fanno capo al Ministero dell’Interno e più precisamente a due Commissari che presiedono ciascuno un Comitato di Solidarietà: il Prefetto Anna Paola Porzio a capo di quello che interviene per le vittime di usura e racket, il Prefetto Raffaele Cannizzaro a capo di quello che interviene per le vittime di mafia e di reati violenti.
Bisogna aggiungere che non di rado le vittime in questione, avendo denunciato e avendo contribuito a indagini e processi, si sono esposte ad un rischio tale di vendetta da parte dei delinquenti da essere state inseriti in speciali programmi di protezione, molto rigorosi e spesso traumatici per l’intero nucleo famigliare, che producono ulteriori danni. Anche per questo “sotto insieme” di persone, che purtroppo verrebbe da chiamare di “eroi” come è abitudine chiamare medici ed infermieri di questi tempi, esistono già leggi e strumenti dedicati (il Prefetto Porzio ha per altro fatto parte proprio della Commissione Centrale che si occupa dei destini di queste famiglie).
Naturalmente tutti questi strumenti di sostegno hanno un costo: per questo dal 2011 esiste un Fondo Unificato di solidarietà al quale i due Commissari attingono, mentre altri sono i canali attraverso cui il Ministero e la Commissione Centrale fanno fronte alle esigenze dei Testimoni di Giustizia inseriti nei programmi di protezione.
Chi gestisce concretamente i soldi del Fondo? CONSAP, la concessionaria pubblica di servizi assicurati che è presieduta dal prof. Mauro Masi, che dal 2011 ne è amministratore delegato e dal 2014 anche presidente. CONSAP ha moltissime incombenze e sicuramente in questa fase dovrà gestire per conto dello Stato (a cui appartiene al 100%) molte urgenze scaturite dalla pandemia.
Ma è proprio qui che interviene la cultura politica di chi, sapendo di non poter fare tutto contemporaneamente, decide cosa fare prima e cosa fare dopo: cosa c’è di più politico?
Il Presidente del Consiglio Conte pare essersi dotato di un “Governo ad acta” per la gestione della così detta “FASE 2”, capitanato dal dott. Colao che starebbe elaborando il piano di ricostruzione dell’Italia confrontandosi, rigorosamente on line, con una quindicina di super esperti di stanza in mezzo Mondo.
Io non so in che rapporto stia questo “Governo ad acta” con il Governo votato dal Parlamento, io non so quindi se Colao si Confronterà anche con la Ministra Lamorgese. Io non so cosa il dott. Colao sappia di mafia, usura, racket e non so quanto conosca quelle leggi e quegli strumenti. Non sapendo, può ben darsi che la mia raccomandazione sia inutile e tuttavia: mi raccomando dott. Colao, l’Italia riapre se spezza concretamente la catena criminale che lega delinquenti e vittime. Noi italiani sappiamo come si fa (!) con buona pace di quello che scrivono sui giornali certi tedeschi, però bisogna che chi governa, in un modo o in un altro, si assuma la responsabilità di dettare le priorità. Nessun algoritmo potrà sottrarre la politica a questo compito e meno male.
Auguri sinceri di buon lavoro

Davide Mattiello
Consulente della Commissione parlamentare antimafia
Già deputato della XVII Legislatura, membro della Commissione parlamentare antimafia e presidente del Comitato vittime di mafia