La mia intervista a “L’Eurispes” su La Repubblica d’Europa

 

L’Eurispes.it parla del progetto “La Repubblica d’Europa” contenuto nel libro edito da add editore.
Un’intervista per comprendere meglio le necessità di questo manifesto politico.
Buona lettura!

 

L’Europa? Mattiello: “Un condominio litigioso dove ci si fa concorrenza sleale”

Estradizione dagli Emirati? Sì, basta che non siano italiani

Finalmente funzionano le estradizioni dagli EMIRATI di ricercati in Italia… basta che NON siano ITALIANI!!
Grottesco se non fosse drammatico. Il mood salviniano conquista anche il tandem Bonafede-Ferraresi.

Ecco il categorico comunicato ministeriale:

Oggetto: COOPERAZIONE GIUDIZIARIA ITALIA – EMIRATI ARABI: FERRARESI, CONSEGNATI DUE LATITANTI RICERCATI DA ANNI

COOPERAZIONE GIUDIZIARIA ITALIA – EMIRATI ARABI: FERRARESI, CONSEGNATI DUE LATITANTI RICERCATI DA ANNI

Stanno per essere riportati in Italia i latitanti Abdallah Chakir – cittadino marocchino destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel 2015 dal gip di Cuneo per traffico illecito di sostanze stupefacenti – e Boujemaa Benchakour, condannato a 4 anni e 5 mesi di reclusione per associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina dalla Corte di Appello di Torino, entrambi latitanti da anni e riconsegnati oggi ad Abu Dhabi ai funzionari dell’Interpol che li stanno scortando in Italia.

Continuano quindi i significativi e tangibili progressi della cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi Uniti, resi possibili dalla ratifica dei trattati su estradizione e assistenza giudiziaria penale, finalizzati dal Senato lo scorso 3 ottobre su impulso di questo Governo e proseguiti con il recente incontro fra il ministro Alfonso Bonafede e l’Ambasciatore emiratino.

“Per anni – sottolinea il Sottosegretario Ferraresi – il vuoto legislativo dovuto all’assenza di un trattato bilaterale di estradizione fra Italia ed Emirati Arabi ha reso le procedure soggette alle leggi del Paese ricevente la richiesta di estradizione, permettendo ai latitanti di godere della totale impunità. Grazie all’impulso che questo governo ha dato al Parlamento per la ratifica del trattato adesso stanno arrivando risultati tangibili, che dimostrano come la musica sia cambiata: ora chi sbaglia nel nostro Paese paga. Nessuno escluso”.
.. NESSUNO ESCLUSO

Fascisti che si preparano alla guerra e politici che ci giocano

Quali sono i rapporti tra i “neri” che preparano la guerra in Italia e i politici italiani che giocano con la guerra?
A Gennaio del 2017 presentavo questa interrogazione parlamentare:

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-15137
presentato da
MATTIELLO Davide
testo di
Mercoledì 11 gennaio 2017, seduta n. 722

MATTIELLO, BOCCUZZI, D’OTTAVIO, FREGOLENT, PAOLA BRAGANTINI e ROSSOMANDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale . — Per sapere – premesso che:
il giorno 14 dicembre 2016 è stato inaugurato nella città di Torino il «Centro di rappresentanza della Repubblica Popolare di Donetsk in Italia», presso i locali della Fondazione Magellano sita in via Conte Rosso 3;
la cosiddetta «Repubblica Popolare di Donetsk» è un territorio occupato dell’Ucraina, che ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza e che non è riconosciuto, né dalle Nazioni Unite, né dall’Unione europea, né, tantomeno, dal nostro Paese;
i separatisti che occupano e controllano milita ente il territorio sono stati indicati dal JIT-Joint Investigation Team, nel rapporto presentato il 28 settembre 2016, come esecutori materiali dell’abbattimento del volo Malesyan Airline MH17, dove, ricordiamo, il 17 luglio 2014 persero la vita 298 civili nei cieli dell’Ucraina: il più grave atto terroristico degli ultimi anni in Europa per numero di vittime;
secondo quanto riportato dagli organi di informazione, il suddetto «Centro di rappresentanza della Repubblica Popolare di Donetsk in Italia» «mira al riconoscimento internazionale della neonata Repubblica, che si è staccata dall’Ucraina nel 2014, attraverso una rete di relazioni diplomatiche con le istituzioni italiane, collaborazioni con il mondo della cultura e partnership produttive e commerciali» (il Giornale, 15 dicembre 2016);
alla inaugurazione del suddetto centro ha o preso parte i consiglieri regionali del Piemonte Gianna Gancia, capogruppo della Lega Nord, Gilberto Pichetto, capogruppo di Forza Italia, e il coordinatore dell’iniziativa Maurizio Marrone, capogruppo di Fratelli d’Italia – Alleanza nazionale, che ha dichiarato: «La missione del Centro di rappresentanza è semplice: costruire il percorso per il definitivo riconoscimento internazionale della Repubblica Popolare di Donetsk, un percorso che passa dalle relazioni diplomatiche con le istituzioni italiane, dalle collaborazioni che siamo pronti a realizzare nel mondo della cultura e delle università, fino ai ponti che vogliamo costruire con l’imprenditoria italiana interessata a stringere partnership produttive e commerciali con la DNR. Parliamo di una regione storicamente molto ricca per le sue miniere di carbone e per il suo complesso industriale metallurgico. Sono tanti i settori produttivi in cui la rinascita economica del Donbass, può offrire valide opportunità d’investimento alle nostre imprese, a partire da quelle, e sono moltissime, ingiusta ente colpite nell’export dalle sanzioni economiche contro la Federazione Russa firmate dalla UE e sottoscritte dal governo italiano» (Sputnik Italia, 15 dicembre 2016) –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti suesposti;
se non si ritenga che l’apertura di un «Centro di rappresentanza della Repubblica di Donetsk in Italia» si ponga in contrasto con le scelte di politica estera dell’Italia e dell’Unione europea;
quali iniziative il Governo, per quanto di competenza intenda assumere rispetto a tale iniziativa. (4-15137)

Intanto Salvini e Savoini si avvolgono della “facoltà di non rispondere” uno al Parlamento e l’altro ai magistrati.

Intanto la guerra in Ucraina ha fatto oltre 10.000 morti di cui quasi nessuno parla.

Di Salvini bisogna chiedere le dimissioni con una mozione di sfiducia e chiedere ai 5 Stelle di votarla. Niente di meno.

Appello agli agenti della Gladio: la verità è già giustizia, parlate.

Il mio appello, presentato venerdì 12 luglio a Fidenza, nel corso della presentazione del libro “La Bestia” con l’autore Carlo Palermo e Margherita Asta.

Voglio partire da queste parole che un magistrato italiano ha pronunciato qualche giorno fa a conclusione di un processo di cui vi dirò:

(la sentenza di primo grado) non ha fatto giustizia, ne’ per e vittime, ne’ soprattutto ha fatto giustizia per l’ansia di libertà che invade quei popoli che pensavano di affacciarsi alla democrazia e sono stati, in ragione di questo progetto, annichiliti, cioè dire distrutti. In quegli anni la più grande repressione dei marxisti avvenne nell’America Latina e avvenne non per il dicktat di un gruppo limitato di persone, che comunque viene perseguito ancora oggi in Italia come in altri Paesi del Mondo, VENNE PERSEGUITO IN RAGIONE DI UN PROGETTO COMPLESSIVO che ha visto una intera area del pianeta coinvolta, il Cono del Sud. Quelle libertà e quella democrazia, che non era soltanto dei socialisti e dei Marxisti, ma era anche dei Sindacalisti, dei giovani, degli studenti, delle donne, che per LA PRIMA VOLTA in quelle aree rivendicavano diritti. Poi la libertà venne annientata e venne annientata IN RAGIONE DI UN PROGETTO CHE ERA NOTO COME TALE

Queste parole sono state pronunciate dal procuratore generale di Corte d’Appello, dott Mollace, nella requisitoria finale del processo celebratosi a Roma in Corte d’Assise d’Appello e che ha avuto ad oggetto un gruppo di alti dirigenti di diversi Paesi sud Americani, Brasile, Perù, Bolivia, Cile, Equador, Uruguay, considerati a vario titolo responsabili della attuazione del PLAN CONDOR.

Il processo si è concluso con una raffica di condanne all’ergastolo, non ancora definitive.

Gli storici non hanno dubbi ormai sul fatto che, tra gli anni ’70 e ’80 in Sud America, l’ordine caro ai liberali americani e per estensione occidentali sia stato mantenuto anche attraverso un sistematico ricorso alla violenza politica, il Plan Condor appunto, che in alcuni casi si è spinto ad appoggiare vere e proprie dittature militari.

Per nulla scontato che, avendo quell’ordine trionfato a livello planetario dopo il 1989, qualche tribunale si permetta di giudicare e condannare penalmente i responsabili di quella strategia. Normalmente sono i vinti che vengono messi sul banco degli imputati.

Questa vicenda credo ci aiuti a riflettere sulla storia di casa nostra.

Quanto deve essere stata “attenzionata” l’Italia in quegli stessi decenni? L’Italia non soltanto geograficamente cerniera tra i due blocchi e la sponda sud del Mediterraneo, ma sede del più potente Partito Comunista dell’Europa occidentale? La risposta è facile: assai.

È ragionevole pensare che l’ansia per le sorti del nostro Paese fosse tale da suggerire anche per il nostro Paese una “TERAPIA SUDAMERICANA”?

Sono certo di sì.

Basta tornare con la mente al 1964, primo Governo Moro, un Moro già allora impegnato a sdoganare una parte almeno dello schieramento politico a sinistra della DC, già allora tintinnarono le sciabole: quelle del generale De Lorenzo, che era niente meno che Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri e che immaginava di occupare il potere adoperando, appunto, SOLO i Carabinieri.

Passando per Piazza Fontana nel 1969, si arriva al minacciato colpo di Stato della Immacolata del 1970, capitanato da un improbabile Borghese, alias Principe Nero, che venne efficacemente riportato a più miti consigli (e probabilmente non ci fu nemmeno da insistere troppo).

Cosa risparmiò all’Italia la “TERAPIA SUDAMERICANA”?

Mi sono convinto che fu soprattutto, anche se non soltanto, il sistema culturale e politico che ha avuto nella DC il proprio baricentro a produrre il risultato, garantendo l’Alleanza Atlantica e assicurando che all’occorrenza si sarebbe anche potuto adoperare, in maniera mirata, direi chirurgica, la violenza.

Davvero non è un caso che dalla nascita della Repubblica fino al 1994, ininterrottamente il Ministero dell’Interno sia stato esclusivo appannaggio di uomini della DC, accuditi e consigliati da agenti USA. Carlo Palermo a questo proposito nel suo libro parla diffusamente del così detto “Agente pagatore”.

Durante quei decenni e fino al 1990 il sistema ha tenuto, capillarmente, coinvolgendo uomini e donne nelle Istituzioni e fuori, consapevoli e convinti di fare la cosa giusta.

Questo sistema in Italia abbiamo imparato a chiamarlo con una formula più rassicurante di “Plan Condor” che già nel nome evocando un rapace mette paura e cioè Stay Behind.

Questo sistema, prevedendo anche l’utilizzo chirurgico della violenza, ha sviluppato rapporti ed alleanze con vari ambienti criminali, mafiosi, terroristici e “comuni” ritenuti evidentemente assai preziosi per la disinvoltura con la quale normalmente i criminali sono disposti ad applicarla, la violenza, nelle dosi richieste.

Non posso entrare ora nei dettagli ma per questo sono convinto che in particolare ciò che è accaduto tra il 1978, col sequestro e l’esecuzione di Aldo Moro ed il 24 Gennaio del 1994, fallito (o sospeso) attentato all’Olimpico, vada letto in questa prospettiva.

Caddero le persone ritenute pericolose per la tenuta del sistema: come Aldo Moro.

Caddero le persone che per rigore professionale non si vollero piegare alle esigenze del sistema. Pochi giorni fa abbiamo ricordato l’assassinio dell’Avvocato Giorgio Ambrosoli, 11 Luglio 1979 e a tanti è tornato in mente il giudizio, spietato, espresso da Giulio Andreotti: “Ambrosoli era uno che se l’andava a cercare”.

Tutt’altro che una frase volgare ed irriconoscente, piuttosto una frase drammaticamente pertinente.

Come l’avvocato Ambrosoli, cioè persone cadute perché per rigore professionale non vollero piegarsi alle esigenze del sistema e quindi toccarono fili che non dovevano essere toccati, c’è stato anche il dott. Carlo Palermo, che mise il naso in uno dei gangli linfatici con i quali si reggeva il sistema stesso: il traffico internazionale di morfina base e il conseguente riciclaggio di denaro sporco.

Una parola sulla funzione della morfina base: oggi noi siamo più o meno consapevoli di cosa siano i bit coin e più generalmente cosa siano le così dette cripto valute: monete non ufficiali, ma funzionanti e circolanti, con le quali si saldano anche i contratti indicibili.

Ebbene, io sono convinto che tra gli anni ’70 ed ’80 l’equivalente del bit coin fosse la morfina base: una moneta corrente universalmente riconosciuta che poteva trasformarsi in denaro normale, in armi, in rifiuti tossici, in compiacenze.

Fatemi ricordare almeno un altro magistrato assassinato io credo per gli stessi motivi per i quali doveva morire il giudice Carlo Palermo: Bruno Caccia, Procuratore della Repubblica di Torino ucciso il 26 Giugno 1983, che guarda caso stava indagando sul riciclaggio di denaro sporco attraverso i casinò della valle d’Aosta, dove soltanto qualche mese prima qualcuno aveva cercato di far saltare in aria il Pretore di Aosta, Selis.

All’interno di questo sistema complesso stava una organizzazione particolare: GLADIO.

Oggi possiamo affermare, di nuovo senza entrare troppo nei particolari, che GLADIO sia stata una organizzazione clandestina, paramilitare, voluta e gestita dai nostri Servizi in collaborazione con i Servizi americani. I Gladiatori erano uomini… ma anche donne… militarmente addestrati, che sapevano come sparare, come sabotare, come far esplodere. Persone che avevano a disposizione denaro, nascondigli, documenti, armi. Persone abituate a trattare anche con i criminali, fossero criminali di guerra (come in Somalia) o criminali mafiosi.

Io mi sono convinto che all’interno di questa organizzazione particolare ci fossero almeno tre tipi di persone diverse: c’erano dei patrioti convinti che la Repubblica Italiana, fragile e minacciata, andasse difesa anche così, considerato il contesto mondiale.

C’erano dei fascisti in agguato che speravano in questo modo di togliersi qualche soddisfazione e che cullavano il sogno di tornare a prendere il potere, lasciandosi alle spalle questa idea eccessiva di libertà chiamata democrazia parlamentare.

C’erano infine dei delinquenti veri e propri, persone cioè a cui la disponibilità di armi e denaro, la sostanziale impunità e l’accesso a relazioni potenti, aveva dato alla testa.

Sono convinto che il mazzo di carte all’interno di questa organizzazione, si mescolò pericolosamente dopo un fatto specifico capitato nell’estate del 1990: Giulio Andreotti, intervenendo alla Commissione Stragi ammette per la prima volta l’esistenza di Gladio. Apriti cielo!

Da lì a poco oltre 600 gladiatori vennero dallo stesso Andreotti pubblicamente rivelati.

Era il segnale della fine di un’epoca.
I tre colpi di fischietto e poi tutti negli spogliatoi.
Era l’inizio della riorganizzazione.

Sono convinto che quello che accadde tra il 1992 e il 1994, in quella terribile e confusa convergenza di interessi, sia spiegabile anche applicando la categoria della “trattativa” si ma “sindacale”: non me ne vogliano se abuso di questo concetto ma è solo per spiegarmi. Molti soggetti protagonisti del sistema, che fossero di Gladio, che fossero mafiosi, negoziarono, a loro modo, il TFR e qualcuno pretese di non essere messo in panchina, ma di continuare in altro modo a mantenere le stesse mansioni di prima. Qualcuno poi forse semplicemente volle vendicarsi di chi ad un tratto aveva così spudoratamente girato le spalle. E qualcuno, ne sono certo, ci rimase molto male, si sentì tradito e qualcuno venne eliminato perché non raccontasse la verità.

Io sono certo che venerdì 12 luglio a Fidenza, all’incontro per presentare il libro di Carlo Palermo “La Bestia”,  abbiano partecipato ex gladiatori o ex gladiatrici, che ancora soffrono per come sono andate le cose tra il 1990 e il 1994. Sono certo che ci siano ex gladiatori che si sentono ancora oggi salire l’amaro in bocca per come sia stata pervertita quella missione patriottica, che hanno sentito di servire con onore e disciplina, anzi, per citare il motto di Gladio: Silendo Libertatem Servo.

Sono certo che alcuni ex gladiatori pretendano la verità come forma di giustizia non meno delle famiglie di quanti caddero durante questa guerra tutt’altro che “fredda” piuttosto a “bassa intensità”.

Sì: la verità è una forma di giustizia.

Con noi, in questa serata, Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella di Giuseppe e Salvatore Asta, che ci ha aiutato a comprendere col suo esempio l’importanza di questa forma di giustizia.

Il 5 Agosto a Palermo, più precisamente a Villa Grazia di Carini, celebreremo i 30 anni dal duplice omicidio di Nino Agostino, agente di polizia e di sua moglie Ida Castelluccio. Lo faremo per la prima volta, senza Augusta, la mamma di Nino che per 30 anni insieme alla sua famiglia si è battuta per la verità. Avremo quindi un’altra tomba da visitare. Io ci sono stato un mese fa, insieme a Vincenzo suo marito e a Flora sua figlia e ho letto queste parole sulla sua lapide:

QUI GIACE SCHIERA AUGUSTA, MAMMA DELL’AGENTE ANTONINO AGOSTINO, DONNA IN ATTESA DI GIUSTIZIA ANCHE DOPO LA MORTE

Con le sue parole mi rivolgo a quanti sanno e non sono più disposti a tacere: la verità è già giustizia, parlate.

Grazie