Lettera a Paolo Furia, candidato alle primarie del PD Piemonte

 

Caro Paolo,

abbiamo auspicato una candidatura che segnasse una discontinuità con il passato.
Un candidato giovane, ma non giovane e basta (ché abbiamo toccato con mano quanto essere giovani non sia garanzia di niente: né di onestà, né di competenza): un giovane con radici forti nel partito e nella società, tanto nella militanza politica quanto in quella sociale.
Un candidato che rappresentasse adeguatamente il “Piemonte 2” troppo spesso marginalizzato
nelle dinamiche politiche piemontesi.
Un candidato disposto a farsi carico della gestione del partito dedicandovi l’attenzione che merita e della quale c’è bisogno: non serve un segretario intermittente.
Un candidato in sintonia con l’istanza nazionale che vuole un partito capace di girare pagina rispetto all’ultima stagione: un partito capace di vincere unendo e non spaccando, che si faccia forte delle differenze, invece che liquidarle con fastidio (per quello c’è la destra!)
Tu sei quel candidato.
Ti chiediamo una attenzione speciale su tre aspetti.
Corruzione e Mafia sono due facce della stessa medaglia e sono ancora oggi uno dei fattori più importanti di disuguaglianza sociale, di violenza e di offesa alla dignità delle persone. La fuga dall’Italia di tanti giovani in gamba è anche dovuta ad un “ecosistema” zavorrato da questi fenomeni insopportabili. Non è una questione soltanto del sud! Il solo fatto che a Torino nel 1983 sia stato ucciso dalla ‘ndrangheta il capo della Procura di Torino Bruno Caccia, dovrebbe tagliare la discussione una volta per tutte. Con l’operazione Minotauro del 2011, che ha generato una dozzina di altre operazioni, fino a quella denominata “Barbarossa” di qualche mese fa, il Piemonte ha dovuto aprire gli occhi su una realtà strisciante e pervasiva. La vicenda gravissima della villa confiscata agli Assisi a San Giusto Canavese e devastata da un attentato intimidatorio nel mese di giugno è soltanto un sintomo evidente di questa realtà che non può essere relegata a problema di “guardie e ladri”: è una questione più profonda che attiene ad una certa cultura della legalità e del rispetto della uguale dignità di ogni persona. Ma a tradire questa cultura non sono soltanto i mafiosi e i loro sodali in giacca e cravatta, sono anche quelli che fanno del clientelismo la forma normale e spietata di corruzione della cosa pubblico: le inchieste aperte a Torino che riguardano la sanità e lo stesso Palazzo di Giustizia, stanno lì a dimostrarlo. Non ci possono essere arretramenti su questo punto, il che significa anche (!) investire nella formazione specifica di coloro che il partito candida come amministratori negli Enti Locali e di coloro che il partito chiama a ruoli di gestione interna. Non arretrare su questo punto significa anche scommettere sulla trasparenza interna , a cominciare dalla gestione delle tessere: basterebbe applicare le regole già fissate per impedire che le tessere diventino sinonimo di manovre improprie di accumulazione di potere, funzionali a “scalate” che nulla hanno a che fare con la dialettica democratica di un partito che ancora si definisce “comunità”. Non arretrare su questo punto significa anche stimolare una continua rigenerazione del personale politico promosso dal partito nelle competizioni elettorali, perché ossigenare i locali serve sempre a tonificare l’azione: il tetto ai mandati già previsto dal regolamento, va in questa direzione, le deroghe non possono diventare la regola!
Il 22 Novembre abbiamo celebrato i 10 anni dalla morte di Vito Scafidi per il crollo del controsoffitto della sua aula al Liceo Darwin di Rivoli. Già 10 anni! Ma non sono passati in vano: molta strada è stata fatta per rimettere al centro della agenda politica la scuola. Una scuola sicura e bella, una scuola che sappia custodire la vita e promuoverne la realizzazione attraverso la cultura. Il 22 Novembre è diventato per legge “Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole” a partire dalla​ proposta che Davide Mattiello e Umberto D’Ottavio hanno sostenuto nella passata Legislatura. Interventi per oltre 500 milioni di euro sono stati realizzati in Piemonte in questi ultimi cinque anni grazie all’impegno della Giunta guidata da Chiamparino. La scuola (dagli asili all’Università) è la infrastruttura più importante del Paese: dobbiamo continuare a lavorare perché questa affermazione sia sempre più tradotta nella realtà. Scuole sicure ed adeguate sono altrettanti presidi di tenuta sociale e di rigenerazione economica: si, perché con la cultura si mangia eccome!
L’Europa! 5Stelle e destra tirano su consenso alimentando il rigurgito pericoloso del nazionalismo, noi sappiamo che il futuro migliore passa soltanto attraverso una Europa unita e democratica che abbia la capacità di trasformare il più effervescente mercato del Mondo in una altrettanto effervescente res-pubblica in grado di rinegoziare le regole del capitalismo globale, rimettendo al centro la dignità del lavoro. Chiuderci in casa ci farà soltanto morire malamente. Il Piemonte ha una vocazione speciale quando si parla di Europa: è il cuore euro-mediterraneo per eccellenza. Il Piemonte è al tempo stesso terra di confini e quindi di passaggi e terra che alimenta capacità culturali ed imprenditoriali che si riverberano in tutta Europa: vale tanto per la tradizione manifatturiera, quanto per la qualità delle Università e delle produzioni alimentari. Facciamo del Piemonte una leva che aiuti l’Italia a tornare ad essere protagonista di questo futuro di pace e di integrazione, protagonista dell’Europa !
Si racconta che attorno alla metà dell’800 i mastri cioccolatieri piemontesi fossero a corto di cacao a causa dell’embargo imposto dai francesi alle navi inglesi. Epperò ai piemontesi il cioccolato piaceva assai e non erano disposti ad arrendersi. Dovendo fare di necessità virtù ad alcuni di quei maestri venne una idea geniale: mescolare il cacao con la pasta ricavata dalla nocciola dolce del Piemonte. Nacque così la pasta di Gianduja e da quella i Giandujotti: una straordinaria manifestazione di resilienza!
Di fronte alle sfide che abbiamo davanti abbiamo bisogno di quella stessa capacità di resilienza
creativa che non si arrocca impaurita ma inventa l’inaudito.
Avanti, caro Paolo!

Scarica la lettera in PDF

Davide Mattiello
Diego Sarno
Riccardo Brezza
Andrea Sacco
Elena Lumetta
Claudio Bethaz
Fabio Piazza
Leonardo idili
Marina Formento
Mimmo Vitale
Luigi Bertolotti
Antonio Pontari
Tony Damouni
Roberto Camandona
Alda Bellato
Lina Lotesto
Lionel Lingua
Daniele Volpatto
Natascia Molino
Alice De Ambrogi
Emanuele Vitale
Donato Migliori
Claudio Melis
Lucia Ferrante
Leo Di Crescenzo
Tommaso Rettegno
Enzo Cascini
Simone Marchiori
Marco Stranisci

Domandare è lecito alla presidenza della Commissione Antimafia. Rispondere, un dovere morale e politico.

La morra cinese

Si è composta la presidenza della Commissione parlamentare Antimafia, vorrei dire “finalmente”, ma non me la sento, perché l’esito è inquietante e non basta riempire un vuoto istituzionale purchessia per cantare vittoria. Anzi.
Il presidente è il Senatore 5Stelle Morra che nella scorsa Legislatura, pur essendo già Senatore, non faceva parte della Commissione Antimafia. Vice presidenti: Jole Santelli, coordinatrice di Forza Italia in Calabria, fedelissima, come lei stessa ha recentemente e fieramente ribadito, di Silvio Berlusconi e Christian Solinas, del Partito Sardo d’Azione, molto legato a Salvini, che infatti lo sponsorizza alla Presidenza della Sardegna, noto alle cronache per aver vantato una Laurea patacca, in stile Trota.
Segretari di Commissione: Wanda Ferro, calabrese, legata a Berlusconi anche se recentemente passata a Fratelli d’Italia e Gianni Tonelli, leader del SAP (Sindacato di destra della Polizia) eletto grazie a Salvini, noto per le sue posizioni, diciamo “crude”, su Cucchi e altri drammi simili.
Quindi: Movimento 5 Stelle 1, Destra 4. Di cui 2 chiaramente legati a Berlusconi e due a Salvini (che è a sua volta legato a Berlusconi per diverse faccende). Centro Sinistra: non pervenuto.
Tralascio ogni considerazione di natura politica su un esito che pare molto simile a quello che ha portato alla elezione dei presidenti di Camera e Senato e che rende plastica la sopravvissuta centralità di Berlusconi nella scena politica italiana, ovvero: nessuna di soluzione di continuità tra il sistema di potere che si è imposto in Italia nella stagione ’92-’94 e quello che la governa oggi, con buona pace dei 5Stelle.
L’elezione di Salvini nel collegio di Reggio Calabria grazie soprattutto all’impegno di Scopelliti, resta per me il segno più evidente di questa continuità infausta.

 

Mi soffermo invece su alcune domande che rivolgo al Presidente Morra.
L’attuale maggioranza ha approvato una modifica al Codice Antimafia, che prevede la possibilità di vendere all’asta ai privati i beni confiscati alla mafia. Mai prima d’ora in questo modo. Questa possibilità, formalmente presentata come estrema ratio, diventerà molto probabilmente la norma nella prassi applicativa: sarà molto più comodo infatti lasciar spirare i termini di 90-180 giorni entro i quali devono manifestarsi le disponibilità di soggetti istituzionali o sociali a gestire il bene confiscato, prendere atto dell’assenza di proposte e mettere all’asta. La modalità con la quale si realizzerà il meccanismo di vendita nulla potrà contro i prestanome dei mafiosi, che avranno buon gioco a riprendersi i beni immobili ed aziendali, mantenendo saldo il potere e il prestigio sul territorio.
Cosa Pensa il Presidente di questa norma?

 

Il Parlamento ha finalmente ratificato il Trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione con gli Emirati Arabi, un lavoro lungo e complicato cominciato su sollecitazione nostra nel 2014, portato avanti dal Ministro Orlando e perfezionato in finale di XVII Legislatura. Un Trattato fondamentale per evitare che gli Emirati Arabi continuino ad essere il paradiso dei latitanti italiani e tra questi di uno in particolare: Amedeo Matacena. Già deputato di Forza Italia, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, protagonista della prima stagione di Forza Italia in Calabria, della cui latitanza i magistrati reggini si occupano traendo spunto dalle carte di una delle più importanti inchieste della DDA di Reggio Calabria, Breakfast, che riguarda l’intreccio di interessi e relazioni tra estrema destra (alludo a Guaglianone già tesoriere dei NAR), ‘ndranghetapersonaggi della Lega Nord, ai vertici del sistema fino a pochi anni fa (alludo a Mafrici e Belsito) e lambisce personalità di spicco come Scajola (già Ministro dell’Interno, attualmente Sindaco di Imperia).
Cosa intende fare il Presidente Morra per sollecitare l’applicazione del Trattato ed in particolare l’estradizione di Amedeo Matacena?

 

Il Parlamento ha finalmente a disposizione alcune sentenze di fondamentale importanza per fare luce sul quello che è il nodo irrisolto del rapporto Stato mafia in Italia: la stagione 1989-1994. A cominciare da quella ormai definitiva (2014), che ha condannato Marcello Dell’Utri come concorrente esterno di Cosa Nostra, fino a quelle di primo grado dei processi “Trattativa” e “Borsellino quater”, le cui motivazioni ormai depositate servono eccome a comporre il puzzle delle relazioni politiche, economiche e criminali che hanno fatto la storia di quegli anni e che in gran parte continuano a farla anche oggi. La responsabilità penale pretende il terzo grado di giudizio, quella politica un po’ di coraggio.
Cosa intende fare il Presidente Morra su questo punto?

 

Sta per iniziare uno dei processi più dolorosi, legato a quello che è stato definito dalla magistratura giudicante “il più grave depistaggio della storia repubblicana”: il processo che vede imputati tre funzionari di polizia (Bo, Mattei e Ribaudo) per la vicenda Scarantino. Sarebbe di fondamentale importanza, come più volte chiesto anche da Fiammetta Borsellino, che i tre dicessero tutto quello che sanno una volta per tutte (come potrebbe ancora fare Contrada). Rompendo una subdola forma di omertà che pare essere più resistente ancora di quella interna alla mafia: quella determinata dall’appartenenza agli apparati di sicurezza. Come ha recentemente deciso di fare Francesco Tedesco, il carabiniere testimone del pestaggio subito da Stefano Cucchi. Noi crediamo che sia da incoraggiare questo sforzo, perché “eroe” è chi punta il dito e fa i nomi, non chi sta zitto per paura e convenienza.
Il Presidente intende prendere una posizione su questo punto, sostenendo scelte di questo tipo?

Torino, 22/11/18
Davide Mattiello
Presidente della Fondazione Benvenuti in Italia
Deputato nella XVII Legislatura

 

#22novembre2018: un giardino per Vito

Torino avrà un Giardino dedicato a Vito Scafidi!

Appuntamento il 22 novembre alle 9,30 davanti al Primo Liceo Artistico. Marceremo fino in piazza Chiaves dove inaugureremo un giardino per Vito

Il 22 novembre di dieci anni fa al liceo Darwin di Rivoli crollava un controsoffitto. Sotto le macerie, calcinacci e tubi di ghisa abbandonati per anni là sopra restava Vito Scafidi, un giovane di appena 17 anni.

Da allora Vito è diventato il simbolo della cultura della sicurezza. Un percorso che abbiamo accompagnato per anni, insieme alla sua famiglia. Il 22 di novembre è diventata “Giornata Nazionale per la sicurezza nelle scuole”, un giorno per ricordare, ragionare e agire affinchè le scuole siano luoghi sicuri.

Dalla polvere sollevata da quel crollo, quindi, è nata una nuova consapevolezza. Una consapevolezza che abbiamo seminato e fatto crescere negli scorsi anni.

Il 22 novembre 2018 a Torino celebreremo la Giornata Nazionale per la sicurezza nelle scuole con l’intitolazione di un giardino che porterà il nome di Vito Scafidi. Un giardino, un luogo bello e di vita, come  vogliamo sia la scuola: bella e sicura, dove costruire il proprio futuro.

Ti aspettiamo alle 9,30 davanti al Primo Liceo Artistico in via Giulio Carcano 31, a Torino. Marceremo insieme fino in Piazza Chiaves, dove sarà inaugurato un giardino per Vito.

#lascuolasicura