Codice antimafia: approvarlo definitivamente in fretta!

“Dice bene don Ciotti e davvero non si capirebbe il contrario”. Così il deputato Pd Davide Mattiello, relatore del Codice Antimafia durante la prima lettura alla Camera e in attesa dell’approvazione definitiva, dopo che don Luigi Ciotti ha affermato oggi che “bisogna che il Codice antimafia passi in fretta”.
“Già la famosa 109 del ’96 doveva prevedere l’utilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi e ai corrotti, ma così non passò. Dopo 20 anni – spiega Mattiello – siamo ad un passo dal risultato attraverso la riforma del Codice Antimafia, che nel nuovo articolo 1 prevede questa estensione, in una maniera seria, che nulla cambia rispetto al criterio della ‘abitualità’, perché fotografa un’altra situazione, purtroppo sintomatica di una certa evoluzione del crimine organizzato: quella di chi si associa per adoperare la corruzione come pass per penetrare nella Pubblica amministrazione, dirottandone le decisioni”.

La latitanza di Matacena compie 4 anni (vergognosi)

(ANSA) – ROMA, 28 AGO – “Quattro anni fa cominciava la latitanza di Amedeo Matacena a Dubai. Quattro anni vergognosi: Presidente Gentiloni, bisogna risolvere questa situazione ingiusta e grottesca”. Lo chiede in una nota il parlamentare Pd e componente delle commissioni Antimafia e Giustizia Davide Mattiello. “Condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa a causa della sua alleanza con la ‘ndrangheta reggina – ricorda Mattiello – scampato grazie alla prescrizione a una probabile ulteriore condanna per corruzione in atti giudiziari, imputato insieme al già ministro dell’Interno Scajola e a Chiara Rizzo nel processo ‘Breakfast’, oggetto di recenti sequestri di prevenzione, sverna serenamente in barba alla giustizia italiana, come quell’altro suo sodale, Vincenzo Speziali jr, che invece dovrebbe stare ancora a Beirut. Negli Emirati Arabi, lo sappiamo, sta in pessima compagnia, perché sono parecchi i latitanti italiani ricercati dalla legge che soggiornano in quella ‘zona franca’, tanto preziosa – sottolinea il parlamentare dem – per gli scambi commerciali bilaterali, gli Emirati restano infatti il primo importatore al Mondo di armamenti italiani, quanto impermeabile alla cooperazione giudiziaria. E francamente la questione della ‘pena di morte’ non regge più, tanto più scoprendo che la annunciata, dal ministro degli Esteri Alfano, Commissione diplomatica bilaterale non si è mai riunita”. “Non starò a ricapitolare gli ormai innumerevoli atti parlamentari di sindacato e di indirizzo che sono stati prodotti in questi anni, mi limito Presidente – afferma ancora Mattiello – ad attirare la sua attenzione su un dato che emerge dalla recentissima Ordinanza di Custodia Cautelare ”ndrangheta stragista’ ottenuta dalla DDA di Reggio Calabria, che sta meritoriamente lavorando su quel passato tragico, che in verità non vuole proprio passare, che sta tra il 1989 e il 1994″. “Ebbene a pagina 312 si riporta un passaggio delle dichiarazioni del collaboratore Pasquale Nucera, legato alla cosca Iamonte di Reggio Calabria, nel quale viene descritta una riunione svoltasi al santuario della Madonna di Polsi il 28 Settembre 1991, presenti rappresentanti delle mafie e anche di altre organizzazioni, dove si discusse della necessità di azzerare la classe politica italiana che non dava più affidamento”.

Giovanni Aiello: cremazione singifica impedire accertamenti

Resto sconcertato dalla notizia data e non smentita della autorizzazione alla cremazione del corpo di Giovanni Aiello, oggi stesso a seguito del funerale previsto per le 17:30. Eppure proprio recentemente abbiamo avuto in Calabria il clamoroso caso di Denis Bergamini, calciatore del Cosenza, morto lungo la statale Jonica nel 1989, per il quale Il gip del tribunale di Castrovillari ha disposto la riesumazione della salma, visto che dopo molti anni ha preso corpo l’ipotesi che non si sia trattato di suicidio ma di omicidio premeditato. Cremare il corpo significa impedire qualunque eventuale altro approfondimento. C’è da trovare un equilibrio tra il rispetto sempre e comunque dovuto ad un uomo che muore e alla sua famiglia e il bisogno di verità dei famigliari delle vittime in qualche modo legate alla storia di Aiello, che poi è il bisogno medesimo che ha lo Stato. Di Aiello oggi noi sappiamo che è un ex poliziotto in pensione, punto. Forse domani scopriremo che i tanti collaboratori di giustizia che hanno parlato di lui, in relazione a Cassarà, alla Addaura, ad Agostino e Castelluccio, a Capaci e Via D’Amelio, erano stati “imboccati” per costruire una falsa pista sulla quale ci siamo attardati in tanti, inutilmente e con dosi diverse di buona fede. Scopriremo che le fotografie di cui ha parlato Lo Giudice non sono mai esistite, che “Antonella” era soltanto una amica di famiglia. O forse no. Forse emergeranno riscontri e qualche fondato sospetto su questa morte così tempestiva, visto che a Settembre Aiello sarebbe stato interrogato a Palermo e verosimilmente anche a Reggio Calabria. Intanto, prudenza vorrebbe, quanto meno sospendere la cremazione.

Morte di Giovanni Aiello: è necessaria l’autopsia

E’ necessario disporre autopsia su Giovanni Aiello.

Aiello morendo porta nella tomba tante domande che riguardano i tragici fatti della stagione stragista mafiosa e non soltanto. Dall’omicidio di Nino Agostino e Ida Castelluccio fino alla recentissima inchiesta ‘Ndrangheta stragista della DDA di Reggio Calabria, il suo ruolo di collegamento tra mafie e apparati dello Stato è stato tante volte evocato, mai provato però. Ora, qualora mai avesse voluto rispondere a qualcuna di queste domande, non potrà più farlo e questa per ora è l’unica certezza

Sostegno alla Presidente Boldrini: i social non sono uno spazio finto

Ancora una volta a sostegno della Presidente Boldrini: i social non sono uno “spazio finto” dove tutto è lecito, sono un altro spazio pubblico dove le regole devono essere fatte valere. Tra queste una delle più importanti è che in democrazia l’intimidazione è un delitto e quelle contro Laura Boldrini non sono semplici “ingiurie”, ma sono di fatto delle intimidazioni: un maniera violenta per indurla a sparire in più di un senso.

Quando abbiamo approvato la riforma del 338 cp, di cui sono stato relatore alla Camera, abbiamo inteso alzare gli scudi tanto davanti agli amministratori locali, tanto davanti ai magistrati, quanto davanti ai parlamentari: per ribadire che il dissenso in democrazia è sacrosanto a patto che inbocchi la strada del dialogo, quando invece la strada è quella della intimidazione, cioè della minaccia e della violenza, col fine evidente non soltanto di offendere ma di dirottare la libera determinazione di chi legittimamente interpreta una responsabilità istituzionale, allora tolleranza zero. Presidente non ci dovrebbe essere bisogno nemmeno della querela: è procedibile d’ufficio.

I fratelli Luciani e i nostri ‘eretici civili’

C’è chi vuole che questo resti il Paese del ‘fatti i cazzi tuoi che campi 100 anni’. Non mi tolgo dalla testa l’assassinio dei fratelli Luciani, perché pare legarsi con un filo maledetto alla storia di Giuseppe Letizia, ucciso a 12 anni nel 1948 dai mafiosi che avevano ammazzato Placido Rizzotto, a quella di Graziella Campagna, uccisa a Villa Franca a 17 anni nel 1985 perché poteva aver riconosciuto un latitante, a quella di Umberto Mormile, educatore nel carcere di Opera, ammazzato nel 1990 perché aveva capito dei contatti in carcere tra ‘ndranghetisti e uomini dei servizi, tanto da meritare la prima rivendicazione della Falange Armata. C’è chi ci ricorda che mafie e mafiosità sono il nostro terrorismo continuo, il nostro fallimento più grande, la guerra irrisolta tra branchi e cittadini, tra assoggettamento e sovranità. C’è anche ‘chi no’ come sempre e guai a dimenticarlo perché si farebbe un torto a chi prova a cambiare le cose e si aggiungerebbe disperazione al dolore dei famigliari delle vittime. Sono i Testimoni di Giustizia che fanno nomi e cognomi, non per convenienza, ma per convinzione. Sono pochi, certo e spesso vivono male. Ma sono i nostri ‘eretici civili’ e sono il posto da cui ripartire. Ancora

Migranti: bene Minniti per inchiesta su accoglienza

(ANSA) – ROMA, 2 AGO – “Il ministro Minniti bene ha fatto, dopo i gravissimi fatti di Isola Capo Rizzuto, a disporre una indagine a tappeto nei centri di accoglienza primaria: nessuno può lavarsi le mani con l’argomento che chi è accolto è libero di uscire dal centro e di lavorare. Nemmeno i Prefetti. Possibile che i protocolli tra Prefetture ed Enti gestori nulla prevedano su questi aspetti? Non credo”. Lo afferma in una nota il deputato Pd e componente della Commissione Antimafia, Davide Mattiello. “In attesa di conoscere gli esiti dell’indagine ordinata dal ministro Minniti, oltre a quelli delle inchieste giudiziarie, gli rammento – aggiunge Mattiello – che dal 2015 una norma votata all’unanimità prevede che al 30 di giugno di ogni anno il Ministero dell’Interno pubblichi una relazione puntuale sul sistema di accoglienza primario, tradotto: chi prende i soldi, quanti, per fare cosa. Le prime due relazioni sono state ampiamente insoddisfacenti, attendiamo quella del 2017, la prima dell’era Minniti”. La legalità, afferma ancora l’esponente dem, “costa e per ora a pagare il conto sono soprattutto i braccianti e gli imprenditori agricoli onesti. Abbiamo sostenuto l’impegno della comunità Sikh, di In Migrazione, del sindacato, e è amareggiante constatare che la soglia del conflitto si è spinta semplicemente più in basso, perché sulla scena sono comparsi soggetti ancora più vulnerabili da sfruttare, anche grazie alla negligenza, quando non alla connivenza complice di chi per conto dello Stato svolge la delicata funzione di accogliere”.