Corruzione: inchiesta ‘amalgama’ ennesimo campanello d’allarme

inchiesta ‘amalgama’ ennesimo campanello d’allarme, dopo Dama Nera e Labirinto, sul mare marcio della corruzione. Lo Stato ha una risorsa straordinaria per prevenire e comprendere questo crimine, non la mortifichi. Penso a quei cittadini che con professionalità diverse hanno negli anni denunciato il malaffare corruttivo e mafioso che riguarda il mondo del calcestruzzo, degli appalti e delle grandi opere. Cittadini diventati testimoni in processi delicati e per questo sottoposti a protezione o comunque seriamente provati dalla situazione che si è creata: penso a Gennaro Ciliberto e Luigi Gallo che con le loro denunce hanno contribuito ad arginare il malaffare che gira attorno ad ANAS, oppure a Gaetano Saffioti che si è opposto alla ‘ndrangheta, ma che non riesce più a lavorare in Italia, benché il suo calcestruzzo sia apprezzato in tutto il Mondo. Questi cittadini sono un tesoro repubblicano e il fatto che siano pochi di numero non deve essere un argomento per non mettere a loro servizio i migliori strumenti a disposizione dello Stato. Anche per questo è fondamentale che venga approvata al più presto la PDL 3500 in discussione in Com Giustizia alla Camera’

Approvata la risoluzione che impegna il Governo sull’estradizione dagli Emirati

Mattiello: Sul trattato di estradizione e di
mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e gli Emirati arabi uniti, sottoscritto il 16 settembre 2016.

 

TESTO APPROVATO

La II Commissione,

premesso
che:

è
passato poco più di un anno dall’accordo siglato dal Ministro Orlando con le
autorità degli Emirati Arabi in materia di cooperazione giudiziaria e di
estradizione, consistente in un trattato di estradizione e di mutua assistenza
giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il
Governo degli Emirati Arabi Uniti, ed un accordo di cooperazione giudiziaria in
materia penale fra i due Paesi, con l’intento di migliorare e intensificare la
collaborazione fra Italia ed Emirati Arabi Uniti in materia di giustizia, alla
luce, da un lato, della crescita dei rapporti economici, finanziari e
commerciali e dell’aumento esponenziale del numero di connazionali residenti
negli EAU e, dall’altro, dell’aumento delle richieste di estradizione e di
assistenza giudiziaria formulate da parte italiana;

in
particolare, con il Trattato di estradizione i due Pesi si sono impegnati
reciprocamente a consegnare persone ricercate che si trovano sul proprio
territorio, per dare corso ad un procedimento penale o consentire l’esecuzione
di una condanna definitiva, mentre l’Accordo di mutua assistenza giudiziaria
impegna invece Italia ed Emirati Arabi Uniti a collaborare in materia di
ricerca e identificazione di persone, notificazione di atti e documenti,
citazione di soggetti coinvolti a vario titolo in procedimenti penali,
acquisizione e trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova,
informazioni relative a conti presso istituti bancari e finanziari, assunzione
di testimonianze o di dichiarazioni (ivi inclusi gli interrogatori di indagati
ed imputati), espletamento e trasmissione di perizie, esecuzione di attività di
indagine, effettuazione di perquisizioni e sequestri, nonché sequestro,
pignoramento e confisca dei proventi del reato e delle cose pertinenti al
reato. L’accordo prevede inoltre che l’assistenza possa essere accordata anche
in relazione a reati tributari e fiscali;

ad
oggi l’Italia non ha ancora concluso questo percorso, ratificando il trattato,
percorso così positivamente intrapreso dal Governo al fine di sanare una
negativa smagliatura nei rapporti tra i due Paesi, che sono per altro ottimi partner
commerciali soprattutto nei settori dell’energia e della difesa. Gli Emirati,
per esempio, sono i primi importatori al mondo di sistema di difesa e armamenti
italiani;

il
3 marzo 2016 la ratifica dell’accordo è stata presentata in Consiglio dei
ministri per ottenerne l’approvazione, passaggio che sembrava una pura
formalità, essendo stato preceduto dal placet dei Ministeri interessati,
interno, giustizia, economia e finanze, ma punto all’ordine del giorno venne
rinviato e il trattato rimandato per ulteriori approfondimenti. Pare che il
nodo fosse legato alla pena di morte, presente nell’ordinamento emiratino, che
farebbe sorgere riserve circa la possibilità di ratificare un accordo di questo
tipo;

in
merito al ritardo nella ratifica dell’accordo è stata presentata
un’interrogazione a risposta in Commissione, la n. 5-09675;

il
Ministro Orlando, sin da subito, aveva reso noto l’interesse del Governo
italiano in merito ad una pronta operatività dei due accordi;

va
considerata in questo quadro, inoltre, positivamente la grande quantità di
trattati che, opportunamente, il Parlamento sta approvando in questo periodo su
materie analoghe. Per fare soltanto qualche esempio tra i più recenti votati
alla Camera ci sono quelli con Austria, Vietnam, Andorra, Stati Uniti
Messicani, Armeni, Iraq, Filippine;

la
presenza di latitanti in quei territori, purtroppo ad oggi, non è affatto
diminuita, e gli ultimi clamorosi fatti di cronaca accrescono la necessità e
l’urgenza di una piena e completa operatività dell’accordo: il riferimento è,
in ordine di tempo, prima all’individuazione negli Emirati di Cetti Serbelloni,
che deve scontare una condanna definitiva per aver evaso tasse in Italia per
circa un miliardo di euro, poi al ritrovamento di due opere di Van Gogh rubate
ad Amsterdam nel 2002, riconducibili ad attività di riciclaggio del
narcotrafficante Imperiale, lui pure individuato negli Emirati: si tratta di
fatti che si aggiungono all’ormai da tempo noto caso dell’ex-parlamentare
Matacena, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per concorso
esterno in associazione mafiosa nella fattispecie di ’ndrangheta e delinquenti
dediti al riciclaggio internazionale come messo recentemente in evidenza dalle
inchieste napoletane contro la camorra;

le
autorità giudiziarie italiane, che si occupano di casi legati alle richieste di
estradizione da quel Paese, hanno più volte segnalato come gli Emirati rischino
di diventare una sorta di porto franco per latitanti italiani e riciclatori
internazionali: diverse associazioni e personalità che si battono per la
legalità e gli organi di informazione più volte si sono occupati della vicenda,
con prese di posizione, servizi, inchieste, reportage e campagne, come
per esempio quella del giornale online Ytali,

impegna il Governo:

a
presentare con urgenza, il disegno di legge per l’autorizzazione alla ratifica
dei trattati di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e
gli Emirati Arabi Uniti, sottoscritti dalle parti il 16 settembre 2015,  ricercando le soluzione maggiormente
compatibili con la tutela dei principi costituzionali;

nelle
more della ratifica del trattato, a agire in via diplomatica al fine di
ottenere l’estradizione di Amedeo Matacena.

«Mattiello, Verini».

Matacena: il Governo conferma l’impegno per l’estradizione

Il Governo conferma impegno per tempestiva estradizione di Amedeo Matacena. Un segnale dovuto a magistrati, investigatori e italiani per bene. In Commissione Giustizia Camera stiamo discutendo due risoluzioni, una presentata da me insieme all’on Verini e una dal collega Ferraresi del M5S, che impegnano il Governo sia sulla definitiva ratifica dei trattati di cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi Uniti, sia sul tempestivo perfezionamento della estradizione di Amedeo Matacena, tra l’altro condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Governo nell’esprimere i propri pareri sui due testi ha comunque annunciato di avere ribadito la richiesta di estradizione del Matacena sulla base dei Trattati già storicamente sottoscritti dai due Paesi, a cominciare dalla Convenzione contro il crimine transazionale del 2000. Sono soddisfatto anche perché questa strada è quella che io stesso avevo auspicato e suggerito fin dal 2014. Le risoluzioni saranno comunque votare nei prossimi giorni’

Ustica: il Capitano Ciancarella ha diritto ad essere reintegrato (e premiato)

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Il capitano Ciancarella ha diritto ad essere reintegrato e anche premiato. Mi rivolgo alla Ministra Pinotti e al Presidente della Repubblica Mattarella perché vogliano dare senz’altro corso alla richiesta già avanzata dai legali di Mario Ciancarella affinché gli vengano restituiti grado e onore militare. Ciancarella è stato un capitano dell’areonautica scomodo sia per la cultura democratica che cercava di presidiare e diffondere nelle Forze Armate a cavallo tra gli anni ‘70 e ’80, sia per il suo conseguente impegno concreto sulla vicenda di Ustica. Ciancarella nel suo lungo calvario ha subito il colpo più duro quando con decreto del Presidente della Repubblica venne radiato con disonore dall’esercito, era il 1983. Oggi sappiamo che la firma dell’allora Presidente della Repubblica venne falsificata: un atto grave ed eversivo. Molte domande restano ancora senza risposta: riguardano quegli anni di stragi, quelle persone, come Ciancarella, che opposero una strenua resistenza alle derive antidemocratiche e quelli che invece operarono per mettere a tacere i disturbatori. Domande alle quali si dovrebbe dare risposta anche attraverso una Commissione d’inchiesta parlamentare. Ma intanto Mario Ciancarella deve essere reintegrato nel grado: per le Forze Armate è un onore avere ufficiali così e per noi tutti cittadini una garanzia’

Testimoni di giustizia: la scorta a Cutrò non sarà tagliata

Sono destituite di ogni fondamento le notizie che trattano il taglio della scorta ad Ignazio Cutrò: ce lo ha confermato il vice ministro Bubbico, da me sollecitato su questo punto nell’ambito della audizione che si è appena conclusa in V Comitato della Commissione Antimafia. Anzi, è stata ribadita l’importanza del ruolo pubblico assunto negli anni da Ignazio Cutró: ne’ lui, ne’ la sua famiglia sono o saranno abbandonati dallo Stato. Col vice ministro abbiamo fatto il punto sullo stato di attuazione delle norme che riguardano l’assunzione nella PA dei Testimoni di Giustizia: per ora sono una decina quelli assunti con le norme nazionali e una trentina quelli assunti con le norme siciliane. Abbiamo condiviso la necessità di alcune modifiche che risolvano il problema della assunzione anche in sovrannumero, oggi possibile soltanto per la normativa siciliana, e il problema della trasferibilità del diritto in capo a qualche famigliare: le modifiche si potranno fare o intervenendo al Senato sul Codice Atimafia, o alla Camera sulla 3500, che riforma tutto il sistema tutorio dei Testimoni di Giustizia. È un lavoro complesso e delicato ma mi pare ci siano tutte le condizioni per fare bene e con la più ampia condivisione tra forse politiche sia di maggioranza che di opposizione’

Io voto Sì (però).

Saremo chiamati ad esprimerci
attraverso il referendum sulla riforma della seconda parte della Costituzione,
già approvata dal Parlamento, ma inevitabilmente il giudizio porta con se’
anche la valutazione sulla nuova legge elettorale, sottoposta per altro al
sindacato della Corte Costituzionale. So che la prudenza argomentativa invita a
tenere distinti i due temi, ma io non ho più tempo per le prudenze e quindi li
terrò uniti, perché è indubbio che questi due testi traccino insieme un orizzonte
omogeneo. Ed è questo orizzonte che va messo a fuoco ed è su questo orizzonte
che bisogna decidere.

Mi piacciono questi testi?

No. La riforma della seconda
parte della Costituzione appare meno coraggiosa di come l’avrei voluta e quindi
a tratti confusa. Io avrei abolito il Senato, rafforzando la Conferenza
Stato-Regioni, con ciò evitando il delirio degli articoli 70 e seguenti,
relativi al procedimento legislativo, che feriscono uno dei principi del
costituzionalismo: almeno la Carta, che è il patto di convivenza fondamentale
di ciascuno con tutti, deve essere accessibile alla lettura da parte di
chiunque, perché nessuno si senta escluso. D’altra parte la nuova legge
elettorale l’avrei preferita con i collegi uninominali, anziché con queste mini
liste troppo condizionate dai segretari di partito.

Mi preoccupano questi testi?

Certo che si. Il partito che
vince le elezioni si ritrova con un potere sostanziale, decisivo. Se questo
partito fosse intriso dalla volontà della grande finanza danarosa o delle lobby
masso-mafiose o delle falangi neo fasciste, sarebbe senz’altro più diretta la
manifestazione in atti legislativi e di governo di questa volontà, con tutte le
conseguenze del caso. I così detti “contrappesi” rappresentati anche da un
rafforzamento degli istituti di democrazia diretta ci sono, ma per funzionare
abbisognano di leggi successive, che potrebbero essere ritardate ad arte, così
come quelle che imporrebbero maggiore trasparenza nella gestione delle lobby,
dei partiti medesimi, delle primarie. Una delle conseguenze prevedibili è la
polarizzazione “Piazza-Palazzo”: chi vince governa, ma trovandosi addosso un dissenso
sociale meno mediato, impaziente, potenzialmente violento (e viceversa).

“Però” numero 1

In questa Italia marcia di
corruzione endemica, dove proliferano gli “schettino”, i furbetti e i trasformisti,
che grandi sofferenze causano al popolo tutto perché poi le navi si schiantano
sugli scogli e le case sotto il terremoto; in questa Italia che ha spesso
risolto i conflitti di potere non attraverso le meraviglie della Costituzione
del ’48, ma più prosaicamente attraverso Portella della Ginestra, Piazza Fontana,
Piazza della Loggia, Bologna, Capaci e Via D’Amelio (…), una riforma che metta
al centro il principio di responsabilità
nel processo decisionale mi pare igienica, benedetta, necessaria. Chi vince,
governa e indirizza l’attività legislativa. Chi perde si oppone e cerca di
vincere al giro successivo. Senza che questo significhi che “il vincente fa ciò
che vuole” (ovvero la dittatura della minoranza divenuta maggioranza): perché
la nostra Costituzione resta rigida, il 138 Cost. intatto e le maglie del
diritto europeo stringenti. Per questo a me della legge elettorale piacciono
proprio il ballottaggio e il premio dato alla lista e non alla coalizione. “Eh,
ma così vincono i 5 stelle!!” E allora? Almeno chiariscono quel che valgono. E
se dovessero fare bene, meglio per il Paese. Chi ha paura di perdere (in
politica), è bene che perda. All’Italicus, preferisco l’Italicum.

“Però” numero 2

In questa fase storica segnata
dalla globalizzazione dell’economia di mercato, gli Stati nazionali non hanno
più una capacità adeguata per governare. Non è questa riforma che rischia di
consegnarci alle multinazionali, tipo JP Morgan: le nostre democrazie nazionali
piccole ed inefficienti sono già perfettamente funzionali alla forza
supernazionale di questi poteri reali. Chi pensa che la globalizzazione sia un’opportunità
da vivere senza abbandonare la democrazia non può quindi che lavorare affinché da
una parte nascano Repubbliche
continentali
capaci di stare al Mondo con una forza negoziale in grado di
trattare tanto con la Cina, quanto con la Apple e dall’altra vengano
semplificati l’organizzazione e i processi decisionali nazionali. Insomma: noi
abbiamo bisogno degli Stati Uniti d’Europa. La forza politica che in Italia più
sta lavorando per compiere la riforma di cui trattiamo, il Partito Democratico,
in questo momento è la principale forza social democratica d’Europa, insieme
alla SPD tedesca ed è la comunità politica che più promette di impegnarsi per
questo duplice obiettivo: io ci scommetto. UK e “brexit”, Ungheria, Polonia,
Austria, la Spagna ancora senza un Governo… Jo Cox e i giovani massacrati ad
Utoya: tutto quello che vedo attorno a me mi fa pensare che soltanto investendo
sulle migliori forze socialdemocratiche europeiste noi riusciremo a farcela (e
a chi teme il “partito della nazione” con Verdini&C. mi permetto di dire:
prendi la tessera del PD e vieni ad abitare il conflitto, contendo cm su cm).

Insomma: voto si, per poter
continuare a cambiare, camminando verso questo orizzonte. Sapendo che dovremo correggere
quel che non va ancora nella seconda parte della Costituzione e nella legge
elettorale. Che dovremo realizzare al più presto quel che serve per far
funzionale la riforma (gli istituti di democrazia diretta, le leggi elettorali
regionali…). Che dovremo batterci duramente per fare un’Europa migliore.

Davide Mattiello

Deputato, PD

Roma, 8 Settembre 2016

 

Qui il link all’articolo di Nuova Società —> http://www.nuovasocieta.it/dal-mensile/io-voto-si-pero/

‘Ndrangheta: rimanga altissima l’attenzione

(ANSA) – ROMA, 13 OTT – “Quattro ore di audizione del Procuratore De Raho, e dei sostituti Lombardo e Musolino della DDA di Reggio Calabria: abbiamo ripercorso il lavoro scaturito nelle ultime operazioni, Sistema, Fata Morgana, Reghion, Mammasantissima. Un lavoro impressionante, delicato e complesso, che ipotizza un sistema di relazioni segrete volto a dirottare il buon funzionamento delle Istituzioni, locali e nazionali”. A spiegarlo è il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle commissioni Giustizia e Antimafia, dopo l’audizione che si è svolta oggi in Commissione parlamentare Antimafia. “A fronte di questo impegno abbiamo il dovere di tenere alta l’attenzione e garantire il massimo livello di sicurezza, perché il rischio è sempre concreto. Anche per questo ho preso la parola per manifestare solidarietà alla dott.ssa Manzini, pm del processo Black Money recentemente aggredita verbalmente da Mancuso durante l’udienza2”, conclude il deputato.

Sei mesi son passati..

(ANSA) – ROMA, 11 OTT – “Sono passati sei mesi dalla morte del colonnello Omar Pace, ancora nessuna notizia dalle indagini aperte”. A sottolinearlo è il deputato del Pd Davide Mattiello, componente delle commissioni Giustizia e Antimafia, che si chiede: “Cosa sappiamo? Il finanziere, in forza alla DIA, lavorava per la DDA di Reggio Calabria ed era uno dei massimi esperti di informatica; aveva seguito il sequestro dei pc di Scajola ed era teste per il Pubblico Ministero; doveva testimoniare a Reggio Calabria nell’ambito del processo che vede imputati, tra gli altri, Scajola, Rizzo, Speziali, ma si è tolto la vita; aveva una moglie e due figli piccoli; aveva una crociera prenotata e la cresima del figlio di li a poco; aveva perso il padre, ma diversi anni prima e la sorella dopo una lunga malattia; era preoccupato perché temeva di essere pedinato; era amareggiato perché lo avevano cambiato di ruolo; era frustrato perché non lo avevano autorizzato più ad intervenire in pubblico come docente”. “Cosa non sappiamo: se la storia di Omar Pace sia la storia di un uomo cui ad un certo punto si è rotto qualcosa dentro o se sia la storia di un uomo cui abbiano rotto qualcosa dentro, per evitare che si rompesse qualcos’altro fuori. Non sappiamo a che punto siano le indagini in corso. Di certo non smetteremo di fare attenzione su tutto ciò che sta succedendo tra Reggio Calabria, Roma, Milano, Genova e Dubai”, conclude il deputato