La mia scelta nel Partito Democratico

Sabato mattina intervenendo ad Albinea nell’ambito della prima festa di RETEDEM ho annunciato che avrei preso la tessera del Partito Democratico.
Ho vissuto questi tre anni da “ospite” nel PD, chiamato a suo tempo per contribuire al lavoro parlamentare portandovi le competenze e le sensibilità, che avevo maturato nella mia esperienza associativa.
Spero di aver onorato fin qui la fiducia che allora mi fu accordata, attraverso il lavoro fatto sui temi che mi sono propri in Commissione Giustizia e in Commissione Antimafia. Prendo la tessera perché voglio prima di tutto manifestare gratitudine e rispetto per quella che è davvero la più grande comunità politica d’Italia, nella quale ho trovato tante persone oneste, appassionate, competenti. Certo, ci ho trovato anche limiti e contraddizioni, ma soltanto chi non abbia mai vissuto una comunità umana organizzata, potrebbe stupirsene o scandalizzarsi: c’è semmai da dispiacersene e da rimboccarsi le maniche per fare meglio. Con pazienza, lungimiranza e rigore.
Prendo la tessera perché voglio maggiormente contribuire alla soluzione politica di due questioni centrali per il nostro futuro: mafie-corruzione, che sono da battere, gli Stati Uniti d’Europa, che sono da fare.
Mafie e corruzione sono uno dei principali fattori di diseguaglianza nel nostro Paese e la loro forza dipende soprattutto da un certo modo perverso di intendere l’esercizio del potere, un modo da cui non è immune il PD, ma rispetto al quale il PD ha radici culturali che sono senz’altro un antidoto efficace. Bisogna rafforzare chi nel PD trae linfa da quelle radici, anziché no. Penso al lascito morale di Reina, Mattarella e La Torre: di fronte a chi ha inteso il potere come supremazia del forte sul debole, c’è stato chi si è battuto strenuamente per fare del potere uno strumento di liberazione e di giustizia sociale.
Gli Stati Uniti d’Europa sono la posta storica della nostra generazione: o la globalizzazione del mercato è una maledizione o è una opportunità. Io la ritengo una opportunità, ma perché si traduca in più uguaglianza, più libertà, più giustizia, la democrazia deve sapersi riorganizzare su basi continentali, pena l’irrilevanza difronte alla potenza della finanza e delle multinazionali. Fare dell’Europa una comunità politica, istituzionale, economica è insomma il minimo sindacale per essere capaci di stare al Mondo. Questa mia convinzione è figlia di Srebrenica e di Seattle, delle Torri Gemelle e di Lampedusa. E’ figlia del terrore neo nazista di Utoya, come del terrore integralista di Nizza. L’Europa Unità è il più importante esperimento di gestione non violenta del conflitto della storia dell’umanità, guai a sprecarlo! Con chi stare per contribuire a questo sforzo giusto? Senza dubbio con il PD, che nel 2014 ha scelto di entrare nella grande famiglia del PSE, cioè di legare le proprie radici a quelle della social democrazia europea. Il Partito Democratico è l’arca delle migliori tradizioni popolari e riformiste prodotte dal ‘900, che tanto servono all’Italia di oggi, non meno che all’Europa, ed è una bella responsabilità quella di non fare di queste tradizioni museo, ma scuola

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