Testimoni di Giustizia: finalmente un segnale concreto e credibile

(ANSA) – ROMA, 21 LUG – I testimoni di giustizia assunti dalla Regione Siciliana rappresentano “un segnale concreto e credibile che da speranza a chi intenda scegliere la denuncia. Per molti e’ la fine di un incubo”. Lo afferma Davide Mattiello (Pd), componente della commissione Antimafia e coordinatore del gruppo di lavoro su testimoni collaboratori e vittime di mafia. “La strada imboccata dalla Regione siciliana e’ la piu’ lineare: ci pensi – esorta Mattiello – il ministero dell’Interno. La Regione Siciliana ha infatti affrontato il delicatissimo tema dell’inserimento lavorativo di chi ha perso tutto in ragione della scelta di denunciare i mafiosi, nella maniera piu’ efficace: prevedendo l’assunzione diretta nella Pubblica Amministrazione. Una misura onerosa, certo, ma sono soldi ben spesi e riguardano comunque poche decine di persone: tante sono quelle che in ragione delle denunce fatte sono state considerate in cosi’ grave e attuale pericolo da essere sottoposte alle speciali misure di protezione. La normativa nazionale, che pure prevede la possibilita’ di accedere a ‘programmi di assunzione nella PA’ non considera invece l’assunzione diretta, rimandando al reperimento di posti disponibili. Una modalita’ che certo contiene i costi, ma che rischia di tradursi in un nulla di fatto”. Secondo il deputato Pd “la copertura finanziaria per correggere la legge nazionale, potrebbe essere trovata nel tesoro dei sequestri, avrebbe un grande valore simbolico: il maltolto dei mafiosi, usato anche per stipendiare i Testimoni di Giustizia, che non possano ritrovare altrimenti la piena autonomia di una vita libera e dignitosa, come prevede la legge”.

Crocetta chiarisca quel pesante silenzio..

Crocetta chiarisca quel silenzio così pesante. Quando Tutino al telefono dice che Lucia va fatta fuori come il padre, Crocetta tace. Quel silenzio al telefono può avere molti significati: conosco Crocetta da quando era Sindaco di Gela e voglio credere che non sia stato un silenzio compiacente. Voglio credere che in quel silenzio ci fosse già di fatto una presa di distanze. Ma è importante che Crocetta lo spieghi. Tanti italiani avvertono un grande debito di riconoscenza verso la famiglia Borsellino, penso a Rita, che prima di Lucia aveva scelto l’impegno politico per onorare concretamente la memoria di Paolo e di chi perse la vita con lui. Tante volte Rita ha ammonito: l’indifferenza uccide più del tritolo mafioso. L’Italia ha senz’altro bisogno di riforme legislative, ma ha ancora più profondamente bisogno di riformare la cultura politica, ha bisogno di fare i conti con un passato che non è passato mai, ha bisogno di politici che scelgano prima di tutto con chi ci si accompagna e con chi non ci si accompagna

Corpo forestale: accorpare sì, ma non per liquidare

(ANSA) – ROMA, 15 LUG – “D’accordo con il generale Patrone, Capo del Corpo Forestale: accorpare, per valorizzare non per liquidare. Altrimenti faremmo un grande regalo alle mafie. Ieri sera abbiamo ascoltato il generale Patrone in Commissione Antimafia, il quale ha detto che se proprio bisogna semplificare l’organizzazione dei corpi di polizia, allora l’approdo piu’ coerente per il Corpo Forestale e’ l’Arma dei Carabinieri”. Lo sottolinea in una nota il deputato Pd e membro della Commissione Antimafia, Davide Mattiello. Le affermazioni secondo il parlamentare dem sarebbero sostenute da due argomenti: “la sintonia tra le funzioni gia’ attualmente svolte da Forestale e Arma, pensando al Noe, e la presenza capillare in tutto il territorio nazionale delle caserme dell’Arma. Condivido e apprezzo il ragionamento del generale Patrone – prosegue Mattiello – ma, come ha sottolineato il generale Patrone, dobbiamo vigilare tutti affinche’ effettivamente questa strada sia una occasione per fare tesoro della straordinaria capacita’ di intervento della Forestale in uno dei settori maggiormente appetibile per le mafie e per le organizzazioni criminali internazionali, che va dal traffico illegale dei rifiuti, fino al traffico internazionale di prodotti alimentari falsificati, un business che vale miliardi di euro e per il quale si combatte una vera e propria guerra, senza esclusione di colpi. In questa prospettiva – conclude Amttiello – e’ di conforto che proprio in questi giorni a capo del Noe dell’Arma sia arrivato il generale Sergio Pascali, gia’ direttore del Servizio Centrale di Protezione, dove ha dato ulteriore e chiara prova di sensibilita’ nel gestire un corpo interforze, sapendo valorizzare le caratteristiche di ciascuna componente”

Anche Matacena ha un nome in codice?

(ANSA) – ROMA, 14 LUG – “Anche Matacena ha un nome in codice?”: lo chiede il deputato Pd Davide Mattiello. “Mentre a Palermo, 26 anni dopo l’omicidio Agostino, si cerca ancora di capire se l’allora Capo della Squadra Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, prestato ai Servizi, nome in codice Rutilius, avesse o meno rapporti con mafiosi del calibro di Madonia e mentre a Roma il Copasir cerca di capire se i Servizi – dichiara Mattiello – tennero o meno un comportamento ‘morbido’ nei confronti di Carminati, Amedeo Matacena ha cominciato la sue terza estate a Dubai, senza che il Governo italiano abbia ottenuto la sua estradizione. E per quel che ne so, pure Vincenzo Speziali, continua a restarsene a Beirut nonostante in questo caso la cattura dovrebbe essere ancora piu’ facile, dal momento che, come ha ricordato lo stesso ministro Orlando nell’ultima audizione in Commissione Antimafia, con il Libano il trattato per l’estradizione esiste dal 1975”. Allora – prosegue il deputato Pd – “la domanda e’ legittima: dovremo scoprire tra qualche anno che anche Matacena aveva un nome in codice e che per questo motivo se ne e’ tutelata la latitanza all’estero? In gergo tecnico, si chiamerebbe ‘esfiltrazione’. Nella gia’ citata ultima audizione in Commissione Antimafia, il Ministro Orlando ha detto che l’Italia in questi mesi ha fatto tutto cio’ che doveva fare per perfezionare il negoziato con gli Emirati Arabi per la firma del trattato: si proceda allora senz’altro e si fughino con cio’ dubbi sempre piu’ ingombranti”

Fare luce sull’omicidio di Nino e Ida Agostino

(ANSA) – ROMA, 13 LUG – “Fare luce sull’omicidio di Nino e Ida Agostino serve a chiarire l’intero periodo delle stragi. Non entro nel merito della dialettica tutta interna alla magistratura palermitana su chi debba fare cosa. Mi limito a constare che e’ un fatto positivo che ci sia ancora tempo per sei mesi di indagini, come ordinato dal Gip di Palermo. Auspico che questi sei mesi servano a fare le cose indicate nell’ordinanza del Gip, ma anche altre”. Lo afferma in una nota il deputato Pd e componente della Commissione Antimafia, DavideMattiello, relativamente alla decisione della Procura generale di Palermo di avocare l’inchiesta sulla morte dell’agente di polizia Nino Agostino e di sua moglie, Ida Castellucci, uccisi nell’agosto del 1989 a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo. “Ai tempi della prima richiesta di archiviazione, titolare dell’inchiesta – afferma Mattiello – era proprio il dott. Gozzo, che potrebbe riprendere ora in mano la materia su mandato del Pg Scarpinato: spero che sia l’occasione per rifare in maniera circostanziata la richiesta ai Servizi di Informazione italiani su chi lavorasse allora sul territorio di Palermo. Infatti i Servizi ancora recentemente hanno ribadito che non vi fu mai opposizione del Segreto di Stato, piuttosto la pretesa verso la magistratura, di una piu’ precisa formulazione dell’oggetto richiesto. Auspico che questi mesi – prosegue il parlamentare dem – servano a realizzare finalmente il confronto diretto tra Vincenzo Agostino e Giovanni Aiello. E che pertanto siano prese tutte le cautele possibili per evitare che il signor Aiello si dilegui. Auspico che venga sentito l’attuale Questore di Palermo, dott. Guido Longo, all’epoca dei fatti collaboratore di Arnaldo La Barbera. Auspico che la collaborazione di Vito Galatolo, fatto relativamente nuovo, possa contribuire al riscontro delle affermazioni di Lo Forte. Infine resta una questione: puo’ darsi che sul piano giudiziario anche questo tentativo fallisca. Nessuno dubita infatti della dedizione umana e professionale di un magistrato come Di Matteo: piuttosto – conclude Mattiello – bisogna considerare che il Pubblico Ministero nel chiedere un rinvio a giudizio non puo’ basarsi soltanto o prevalentemente sui propri convincimenti, deve basarsi soprattutto sulla robustezza dell’apparato probatorio”.